Cassa forense tenta di sminuire e delimitare la protesta
"La protesta dei giovani e degli inconsapevoli"
Il CONTRIBUTO MINIMO OBBLIGATORIO AVVOCATI è un "DAZIO VAMPIRIZZATO": l'Interpello presentato dalla Senatrice Gambaro ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali.
" Si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo non intendano porre rimedio, con una pronta disposizione legislativa, a quella che l'interpellante ritiene una vera "barbarie dei diritti", perpetuata a danno proprio di una fondamentale categoria del diritto, intervenendo in maniera decisa e urgentemente, onde evitare spiacevoli situazioni di morosità, a tutela delle sue fasce professionali più giovani e deboli, esonerando chi non produce redditi da attività forense, o chi ne produce pochi, dal "pedaggio" estorsivo richiesto dalla cassa forense" (vedi: www.senato.it)
"La questione è arrivata anche in Parlamento. La senatrice Adele Gambaro (entrata col Movimento 5 Stelle, poi espulsa) ha presentato una interpellanza con la quale chiede ai ministri della Giustizia e delle Politiche sociali di porre rimedio ad una vera e propria ‘barbarie dei diritti‘, ipotizzando o l’esonero per i più giovani e deboli o forme di contribuzione proporzionali al reddito percepito nello svolgimento dell’attività forense."
Fonte: LINDRO | Cronache di Avvocati poveri | Autore: Paola Alunni Articolista Politica
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Torniamo ora ad oggi, agli avvocati del 2017.
I "guai" e i paletti preconfezionati dai vertici forensi, in cui la categoria è costretta conseguenzialmente ad arrabbattarsi e destreggiarsi, purtroppo sono ancora in corso. GUAI IN CORSO.
Per esprimersi alla napoletana maniera:
INGUACCHIO IN CORSO
Per esprimersi alla napoletana maniera:
INGUACCHIO IN CORSO
in·guàc·chio/
napoletano
sostantivo maschile
Situazione intricata, pastrocchio.
La protesta degli avvocati partita da Catania, "petizione per “la riduzione drastica e immediata dei costi della cassa forense” ha raccolto oltre 20mila adesioni ed è destinata a dilagare in ogni angolo dei tribunali italiani: la #cassa forense sembra non aver compreso la portata del malcontento.
Da gennaio 2017 presso il tribunale di Catania si sottoscrive la raccolta firme per “la riduzione drastica e immediata dei costi della cassa forense”, promossa da alcuni avvocati del foro di Catania, che divengono così intestatari di una battaglia nazionale, si sono affiancati alla protesta avvocati dei fori di Agrigento e di Napoli.
NAPOLI
L’associazione Nuova Avvocatura Democratica (NAD) ha comunicato che è in corso a Napoli un’iniziativa associativa, denominata “digiunare per sensibilizzare”. Precisano che non si tratta di una protesta bensì di una proposta. Nuova Avvocatura Democratica è composta da soci che partecipano all’iniziativa, fatta non solo di digiuno e presidio, ma di sostegno corale e convinto di decine e decine di colleghi, anche non appartenenti a NAD.
I dati diffusi da Cassa Forense delineano uno scenario decadente: i redditi scesi e le diseguaglianze spaccano una categoria nella quale il 56,20% guadagna solo l’11,5% del reddito complessivo prodotto dagli avvocati in Italia.
I costi richiesti a tutti per continuare ad esercitare la libera professione, però, non tengono conto di tutto ciò. Gli organismi rappresentativi dell’avvocatura non sembrano prendere contromisure per fermare il declino della propria categoria.
Il Consiglio Nazionale Forense, l’organismo di rappresentanza istituzionale dell’avvocatura italiana, ha approvato un regolamento che introduce da gennaio 2016 un “gettone di presenza” per i componenti dell’ufficio di presidenza, i quali rendono la politica forense una vera e propria attività politica professionale, archiviando la previsione dei soli rimborsi spese.
I gettoni ammontano a 90.000 euro per il presidente avv. Andrea Mascherin, 70.000 per il consigliere segretario, 50.000 per il vicepresidente e il tesoriere nonché un gettone di presenza di 650 euro per gli altri 28 consiglieri per ogni seduta, i quali ultimi possono ammontare fino a quasi 700.000 euro all’anno, pagati anche da quel 56,20% di avvocati che guadagnano meno di 20.000 annui e che, grazie a questo, si stanno cancellando dall’albo scegliendo altri mestieri nonostante un lungo e tortuoso percorso di studi e pratica professionale per giungere ad esercitare la libera professione nel settore del diritto.
Avvocati in sciopero della fame contro la "casta" forense
"Da due giorni presidiano anche di notte l'ingresso del palazzo di giustizia di Napoli e hanno cominciato un sciopero della fame per protesta contro le strutture della loro categoria. Non sono disoccupati organizzati né operai che hanno perso il posto di lavoro. Sono avvocati che cercano di invertire la rotta di una professione che non solo a Napoli ha vissuto un'epoca d'oro ma che ora è in declino. Nell'ultimo anno 700 gli avvocati napoletani che hanno cancellato la loro iscrizione all'albo della professione perchè non in grado più di versare le quote necessarie per l'iscrizione alla Cassa forense. C'è una casta nella professione, denunciano gli avvocati, che si ingrassa con indennità e privilegi derivanti da incarichi troppo retribuiti negli organismi di rappresentanza della categoria mentre tanti giovani avvocati lasciano la professione perchè non più in grado di supportare le spese. Insieme al digiuno, gli animatori della protesta hanno organizzato anche una petizione per intervenire sul ribasso delle quote d'iscrizione della cassa forense che ha raccolto per ora 20mile firme in tutta italia" (intervista Ciro Sasso, avvocato)
La petizione ribadisce che dallo scorso anno chiunque risulti iscritto all’albo degli avvocati, indipendente dal fatturato, è tenuto a versare un minimo alla cassa previdenziale, tale minimo è intorno a euro 3.800 annui.
Gli avvocati possono attivare sul sito ufficiale di CF una simulazione pensionistica: pagando 3.800 euro l’anno, dopo circa 35 anni di lavoro, avranno diritto ad una base pensionistica di euro 370.
CATANIA
Immagine: Catania panorama | via Wikipedia |
La Petizione è stata lanciata da avvocati non aderenti ad associazione o sindacato,
L'avvocato Goffredo D’Antona è il primo firmatario.
L'avvocato Goffredo D’Antona è il primo firmatario.
La sottoscrizione è altresì possibile tramite i social network, visitando la pagina evento dedicata, apponendo la firma ed indicando il foro di appartenenza.
“In questo momento storico la crisi dell’Avvocatura è evidente a tutti – si legge nella petizione – tanti Avvocati fanno sacrifici enormi ogni due mesi per pagare quanto dovuto, togliendo risorse economiche all’aggiornamento professionale, alla retribuzione dei collaboratori.”
In riferimento ai costi di gestione degli organi si dice “sono palesemente inopportuni e ci consentirete indecorosi”.
Su facebook il gruppo TribunaleCatania promuove la raccolta firme e dirama informazioni.
AGRIGENTO
"Gli avvocati agrigentini si mobilitano aderendo all’iniziativa nazionale promossa dai colleghi di Catania per la riduzione immediata dei costi della Cassa Forense. Dopo il successo ottenuto con la protesta contro la riforma della Legge Professionale Forense che avrebbe imposto la cancellazione dall’albo a seguito del mancato pagamento dei contributi previdenziali, adesso gli avvocati ritengono necessario, con la stessa determinazione, insistere nel richiedere una profonda revisione dei costi imposti dalla Cassa Forense. L’avvocato agrigentino, Barbara Garascia, tra i promotori dell’iniziativa, afferma : “Siamo entrati subito in sintonia con i colleghi di Catania, con cui stiamo collaborando attivamente, poiché, come loro, riteniamo che non sussistano le condizioni per mantenere e continuare ad accettare l’imposizione di balzelli assolutamente non rapportabili ad una pensione minima che ci troveremo a percepire dopo aver versato per una intera vita cifre considerevoli. Gli avvocati iscritti all’albo, indipendentemente dal reddito prodotto, sono tenuti a versare un minimo di cassa previdenziale che si attesta intorno a 3.800 euro l’anno, maturando dopo circa 35 anni di lavoro il diritto ad una base pensionistica inferiore a 400 euro. Di contro, riteniamo non giustificati e, pertanto, inaccettabili i costi legati all’amministrazione della Cassa Forense, che si aggirano intorno a 3 milioni di euro, derivanti da gettoni di presenza ed emolumenti sproporzionati per le cariche. Tanti colleghi sono già stati costretti a cancellarsi dall’albo non riuscendo a sostenere gli elevati costi, rinunciando alle aspirazioni professionali, mortificando i sacrifici delle famiglie per mantenere i figli agli studi, e privando la società dell’apporto della validità di tante intelligenze" - conclude l' avvocato Garascia. Gli avvocati della provincia di Agrigento, al Tribunale di Agrigento, potranno firmare la petizione proposta dagli avvocati di Catania per la riduzione immediata dei costi della Cassa Forense."
Immagine di repertorio | via Vimeo |
Contributi o vessazioni?
se i Ministri in indirizzo non intendano porre rimedio, con una pronta disposizione legislativa, a quella che l'interpellante ritiene una vera "barbarie dei diritti", perpetuata a danno proprio di una fondamentale categoria del diritto, intervenendo in maniera decisa e urgentemente, onde evitare spiacevoli situazioni di morosità, a tutela delle sue fasce professionali più giovani e deboli, esonerando chi non produce redditi da attività forense, o chi ne produce pochi, dal "pedaggio" estorsivo richiesto dalla cassa forense;
Fonti:
La situazione è insostenibile. Dalla testata del CNF “Il Dubbio" giunge una disdetta da parte del presidente della Cassa Forense.
In un’intervista il presidente Luciano Nunzio sminuisce la protesta in atto : “Non metto in discussione la buonafede di questi colleghi, spesso giovani e alle prese con difficoltà oggettive, ma devono conoscere meglio l'attività che svolge la Cassa. Chi paga il minimo riceve più di quanto versa. Diamo aiuti per famiglia e salute".
La Cassa cerca di difende in modo "creativo" le spese di gestione, attraverso un paragone con gli amministratori degli enti pubblici: “Negli enti pubblici e nelle altre casse gli amministratori continuano a percepire emolumenti di gran lunga superiori”.
Sul sistema contributivo il presidente replica: “Il nostro è un sistema solidaristico e va difeso. È di 2.800 euro il contributo soggettivo minimo, a cui si aggiunge il contributo integrativo pagato dai clienti, che costa molto di più agli avvocati con un reddito più elevato. La pensione minima sarà molto più di quanto si versa”. Il ragionamento elude il fatto che l’aspettativa di vita media è di circa 80 anni e che dopo 35 anni di professione, quindi all’ età di circa 70 anni, ogni avvocato si trova ad aver versato contributi obbligatori per un totale di € 3.568,00 annui.
Ogni avvocato deve versa durante la carriera professionale circa 124.880 euro ai quali si aggiunge il contributo integrativo pagato dai clienti (il 4% sugli onorari). Considerando l’aspettativa di vita media che è di circa 80 anni (dati ufficiali) ogni avvocato dovrebbe aspettarsi almeno di recuperare quanto versato, ossia 1.040 euro al mese (12.488 euro l’anno). Invece ciò che spetterà a ciascun avvocato sarà una pensione di circa 400 euro mensili (calcolo eseguito tramite il simulatore presente sullo stesso sito della Cassa Forense.
Le risposte degli avvocati
L’avv. Goffredo D'Antona, primo formatario la petizione, ha considerato offensiva la dichiarazione resa dal Presidente che invece di dare risposte alla protesta degli avvocati ha preferito farsi intervistare da un giornalista con “autocelebrative dichiarazioni”. Critica all’atteggiamento irrispettoso del presidente nei confronti dei giovani avvocati “accusati di ignoranza sulle questioni riguardanti la cassa”.
L'Avvocato D’Antona ha replicato all'avvocato Nunzio Luciano che il problema è sentito e la protesta è sostenuta anche da avvocati meno giovani e con redditi più alti, che considerano i compensi prospettati poco decorosi.
Lo scontro di posizioni è evidente, l'ente di previdenza dovrà necessariamente prenderne atto, visto che molti avvocati paventano la possibilità di non versare alcun contributo a partire dalla prima rata (delle 4) che cade il 28 febbraio 2017.
Lo scontro di posizioni è evidente, l'ente di previdenza dovrà necessariamente prenderne atto, visto che molti avvocati paventano la possibilità di non versare alcun contributo a partire dalla prima rata (delle 4) che cade il 28 febbraio 2017.
Il CONTRIBUTO MINIMO OBBLIGATORIO AVVOCATI è un "DAZIO VAMPIRIZZATO": l'Interpello presentato dalla Senatrice Gambaro ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali
In foto: Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica italiana, a Roma | via Wikipedia |
Sul sito del Senato della Repubblica è consultabile un Interpello /Atto di Sindacato Ispettivo, pubblicato il 15 gennaio 2015, nella seduta n. 377, rivolto ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, presentato dalla Senatrice Adele Gambaro come primo firmatario.
La Senatrice ha dimostrato attenzione alle criticità della riforma della "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense", statuente l'obbligo, al comma 8 dell'art. 21, per gli iscritti agli albi forensi di contestuale iscrizione alla cassa nazionale di previdenza forense.
L'interpello in oggetto è una puntuale e curata descrizione di quanto sta accadendo, in modo "vampiresco" in danno di una determinata fascia di avvocati.
Vi copio/incollo di seguito il testo dell'Interpello presentato dalla Senatrice Adele Gambaro, ho evidenziato in neretto alcuni punti trattati che ritengo particolarmente significativi. L'atto politico è stato altresì condiviso sulla pagina facebook del Presidente Nunzio Luciano.
"GAMBARO - Ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali. -
Premesso che:
la riforma della "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense" approvata con la legge del 31 dicembre 2012, n. 247, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 gennaio 2013, entrata
in vigore il 2 febbraio 2013, statuiva, al comma 8 dell'art. 21, che l'iscrizione agli albi forensi avrebbe comportato la contestuale iscrizione alla cassa nazionale di previdenza forense;
il comma 9 stabiliva che la cassa, entro un anno dall'entrata in vigore, avrebbe dovuto provvedere ad emanare un apposito regolamento attuativo;
in attesa del regolamento attuativo che doveva disciplinare la "vita professionale", e non solo, di migliaia di avvocati italiani, il clima di profonda, e a giudizio dell'interpellante non scusabile, vacatio legis ha provocato malessere, scoramento e sfiducia in larghissima parte di una categoria storicamente importante ma ormai relegata ai margini oltre che del "processo" così come disposto codicisticamente, anche della vita sociale e civile del Paese;
sempre nelle more dell'emanazione dello stesso, la condizione di incertezza che aleggiava su vasta parte della categoria ha prodotto un frenetico dibattito interno alle associazioni rappresentative sulle posizioni di tutela da assumere nei confronti degli iscritti all'albo con bassi redditi da attività forense, finendo col generare conflitti, incomprensioni e spaccature, con grave danno alla credibilità degli organismi dell'avvocatura preposti a fornire risposte adeguate e tutelare i diritti delle fasce professionali più esposte;
considerato che, per quanto risulta all'interpellante:
l'auspicato regolamento è stato licenziato dal comitato dei delegati della cassa forense il 31 gennaio 2014 ed è entrato in vigore il 21 agosto 2014 con approvazione ministeriale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2014;
in base ai dati forniti dagli ordini di appartenenza (già riccamente sovvenzionati dagli iscritti ogni anno), a partire dal novembre 2014 circa 50.000 avvocati italiani, non ancora iscritti alla cassa per legittimi motivi di reddito, sono stati iscritti d'ufficio e d'imperio alla stessa a decorrere dall'anno 2014 ex art. 1 del regolamento d'attuazione dell'art 21, commi 8 e 9, della legge n. 247 del 2012, eludendo i più elementari e basici diritti della libertà della persona e del professionista;
in base all'art. 12, comma 1, del regolamento, è fatta salva la possibilità di essere esonerati dall'iscrizione alla cassa e dal pagamento dei contributi minimi 2014 e 2015, laddove il professionista si cancelli in via definitiva dagli albi professionali, entro un termine di 90 giorni dalla ricezione della comunicazione postale;
in sostanza, la mancata iscrizione alla cassa e del relativo dazio impositivo "vampirizzato" comporta la cancellazione punitivo-sanzionatoria di un diritto acquisito con un duro esame di Stato svolto per l'abilitazione all'esercizio alla professione legale, superato il quale si conferisce il titolo di avvocato che si ha il diritto, costituzionalmente garantito, di possedere per tutto il tempo che si desidera;
nell'anno 2014 l'importo della contribuzione minima richiesto dalla cassa agli iscritti in maniera forzata sarà di 846 euro (di cui 151 per contributo maternità, anche per i maschi, oltrepassando il comune senso del ridicolo) quindi una ben considerevole cifra, che è dovuta addirittura da chi incassa e dichiara 0 euro da attività forense;
in pratica, all'avvocato che decide di non svolgere la professione forense ma di fare altro e contribuire previdenzialmente in altro modo, gli viene a giudizio dell'interpellante brutalmente, arbitrariamente, da un ente a cui non deve nulla in quanto non sussiste corresponsione di servizi, sottratto il titolo di professionista legittimamente acquisito, violando la Costituzione fin nei suoi più profondi principi;
atteso che, a giudizio dell'interpellante:
si è davanti a una vera e propria discriminazione contributiva, in quanto chi ha un reddito basso deve pagare un importo fisso, slegato dal proprio reddito;
l'art. 21 del regolamento è palesemente iniquo, sotto diversi profili poiché i contributi minimi obbligatori svincolati completamente da qualsiasi parametro reddituale sono palesemente in contrasto con l'art. 53 della Costituzione, che sancisce il principio della progressività contributiva;
i contributi minimi obbligatori violano l'art. 3 della Costituzione, perché creano discriminazione tra coloro i quali hanno un reddito superiore ai 10.000 euro e coloro che hanno un reddito inferiore a tale soglia; i primi, infatti, pagano in base al reddito, con il pieno riconoscimento dei contributi previdenziali annuali, i secondi, invece, non solo pagano in misura fissa, ma essendo pure costretti a usufruire delle agevolazioni previste dal regolamento, hanno il riconoscimento pari alla metà dei contributi annuali versati;
inoltre, gli stessi contributi minimi obbligatori costringono gli avvocati, con un reddito sotto la soglia prevista, alla cancellazione dall'albo e dunque inibiscono l'esercizio libero della professione forense, sia nell'immediato, e cioè nel caso in cui si decida di non usufruire delle agevolazioni previste dal regolamento e si opti per l'immediata cancellazione, e sia nel lungo periodo, ovvero, quando, alla fine delle agevolazioni, chi non ha raggiunto una soglia di reddito sufficiente sarà comunque costretto a pagare i pieni contributi previdenziali, che in alcuni casi potrebbero persino superare la soglia di reddito dichiarata, costringendo così l'avvocato a cancellarsi comunque, rendendo dunque del tutto inutili i contributi faticosamente versati fino a quel momento;
l'intera normativa, inoltre, viola il principio costituzionale della libertà delle professioni intellettuali (art. 33 della Costituzione), che subordina l'esercizio delle stesse al superamento dell'esame di Stato, senza alcun altro vincolo o parametro, tanto meno reddituale,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo non intendano porre rimedio, con una pronta disposizione legislativa, a quella che l'interpellante ritiene una vera "barbarie dei diritti", perpetuata a danno proprio di una fondamentale categoria del diritto, intervenendo in maniera decisa e urgentemente, onde evitare spiacevoli situazioni di morosità, a tutela delle sue fasce professionali più giovani e deboli, esonerando chi non produce redditi da attività forense, o chi ne produce pochi, dal "pedaggio" estorsivo richiesto dalla cassa forense;
se non vogliano ipotizzare, laddove non si dovesse realizzare la prima ipotesi, forme di contribuzione alla cassa proporzionali al reddito percepito nello svolgimento dell'attività forense, impedendo che la stessa possa operare la cancellazione di un titolo e diritto precedentemente acquisito che ha già il suo fondamento giuridico sinallagmatico nella tassa che si versa ogni anno all'ordine degli avvocati per l'iscrizione nel relativo albo di appartenenza."
Fonte: www.senato.it
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Sull'argomento vedi:
- Circola on line in questi giorni su fb una comunicazione inviata da un avvocato a Cassa forense. Che ne pensate? | L'oggetto: rinuncia alle prestazioni di Cassa Forense e richiesta di ripetizione dei contributi erogati | #avvocati
Giuridica News | Rassegna news giuridiche Avv. Gabriella Filippone
Si declina ogni responsabilità per errori od omissioni, nonché per un utilizzo improprio o non aggiornato delle notizie e delle informazioni.
Da "inconsapevole" provo a fare delle ipotesi. Sono tante ma tutte riconducono, per me, ad un'unica direzione:l'inutilità della contribuzione alla cassa. Ci propinano le loro verità dogmatiche. Dietro vedo solo privilegi odiosi
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