Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 18 settembre – 24 ottobre 2013, n. 24110
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“Un evento come il gay pride, unitamente al costume sessuale che esso
rappresenta, è in sé del tutto lecito e privo di qualsivoglia profilo di
intrinseca negatività, come invece sembra adombrare il ricorrente, sia pure tra
le righe dell’odierna impugnazione, laddove evoca l’onore ed il decoro della
persona.”
Svolgimento del
processo
1. Con sentenza del 28
gennaio 2004 il Tribunale di Roma, condannava la RAI - Radiotelevisione
italiana s.p.a. a pagare all’attore C. la somma di euro 20.658,28 oltre le
spese, a titolo di risarcimento danni per la divulgazione non
autorizzata della sua immagine - ripresa durante la partenza dalla Stazione
centrale di Milano di numerosi partecipanti alla manifestazione del gay pride,
tenutasi a Roma nel giugno 2000 - messa in onda nella trasmissione
televisiva Sciuscià sempre nello stesso anno 2000.
2. La Rai proponeva appello
avverso la sentenza di primo grado e la Corte d’appello di Roma, con sentenza
del 30 luglio 2007 (in riforma di quella del Tribunale), accoglieva l’appello
principale, e rigettava le domande risarcitorie e contestualmente
condannava il C. alla restituzione della somma di euro 29.126,32, e compensava
integralmente le spese del doppio grado di giudizio.
La Corte d'appello
rilevava che il gay pride costituiva un evento pubblico di sicura risonanza
mediatica, e che il diritto di cronaca della RAI era stato legittimamente
esercitato ed ammesso che il C. fosse stato tra le persone oggetto della
ripresa televisiva, egli non era facilmente individuabile «tra la folla
anonima dei passeggeri della stazione», i quali facevano «solo da sfondo
generico al servizio televisivo di cui trattasi».
Altra considerazione della Corte: non c’era alcuna prova che il C., una volta accortosi della ripresa filmata, avesse immediatamente espresso il suo dissenso alla divulgazione.
Altra considerazione della Corte: non c’era alcuna prova che il C., una volta accortosi della ripresa filmata, avesse immediatamente espresso il suo dissenso alla divulgazione.
3. Contro la sentenza della
Corte d’appello di Roma, il C. propone ricorso per cassazione, con atto
contenente quattro motivi; resiste la RAI - Radiotelevisione italiana s.p.a.
con controricorso.
Motivi della
decisione.
Col secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 97, primo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633, oltre ad omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Col secondo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 97, primo comma, della legge 22 aprile 1941, n. 633, oltre ad omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il ricorrente rileva che la
sentenza impugnata ha affermato la natura di evento di rilevanza mediatica del
gay pride, così giustificando la mancanza del consenso del C. alla
divulgazione della propria immagine. L'affermazione non sarebbe stato motivata
a sufficienza: la Corte di merito avrebbe dovuto specificare le ragioni per
le quali, anche ammettendo la natura di evento pubblico del gay pride, tale
connotato potesse essere esteso alle riprese avvenute alla stazione di Milano,
luogo estraneo alla manifestazione.
Col terzo motivo di ricorso
si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 96 della legge n. 633
del 1941. La Corte d’appello avrebbe errato nell’affermare che il soggetto ripreso da una troupe televisiva debba provare in giudizio di
aver manifestato il proprio dissenso alla ripresa medesima. La ripresa
televisiva, infatti, a differenza di quella prevista dal citato art. 96, può
avvenire anche senza che l’interessato ne abbia alcuna consapevolezza.
Per i giudici di
Cassazione entrambi i motivi sono privi di fondamento, in quanto la sentenza
impugnata si basa su: la mancata
identificazione del C., la cui presenza nella stazione di Milano - ammesso che
di lui si trattasse - non era facilmente individuabile «tra la folla anonima
dei passeggeri della stazione»; il carattere pubblico della manifestazione del
gay pride, la cui rilevanza mediatica ne giustificava la divulgazione attraverso
la televisione, eventualmente anche in
violazione del diritto alla riproduzione dell’immagine tutelato dall’art.
97, primo comma, della legge n. 633 del 1941.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha più volte affermato e ribadito che "l’esposizione
o la pubblicazione dell’immagine altrui non può considerarsi abusiva quando si
ricolleghi a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in
pubblico", in conformità a quanto disposto dal menzionato art. 97,
primo comma, della legge n. 633 del 1941 (sentenza 29 settembre 2006, n. 21172,
e 11 maggio 2010, n. 11393).
La Corte quindi valuta se - senza sostanziali contestazioni da parte del ricorrente - la natura di evento di rilevanza pubblica del gay pride tenutasi a Roma nel giugno 2000 - possa essere riconosciuta anche al momento
precedente del raduno dei partecipanti alla stazione di Milano per prendere il
treno per Roma e partecipare alla manifestazione stessa.
Per il Collegio il concetto
di avvenimento o cerimonia di interesse pubblico non va inteso in senso così
restrittivo da escludere tutto ciò che non attiene in via immediata e diretta
all’evento stesso; in altre parole, la cerimonia o l’avvenimento non sono
soltanto l’evento assunto nella sua limitata dimensione spazio-temporale, vanno
ricompresi nella previsione legislativa anche quegli episodi che, pur non
integrando in sé l’evento, ad esso si ricolleghino in modo inequivocabile.
Pur
svolgendosi la manifestazione a Roma, il radunarsi nella stazione centrale di
Milano di una folla di persone pronte a partire allo scopo di partecipare
all’evento stesso, data l’evidenza e l’immediatezza del collegamento, è un
fatto di rilevanza mediatica che integra gli estremi di cui all’art. 97, primo
comma, della legge n. 633 del 1941, legittimando la riproduzione dell’immagine
anche in assenza del consenso della persona interessata.
Respinta pertanto dalla Corte la censura
di violazione di legge di cui al secondo motivo di ricorso in quanto il riconoscimento
della natura di evento di rilevanza pubblica del raduno alla stazione di Milano
toglie ogni fondamento alla censura; la sentenza impugnata, con motivazione in fatto
correttamente argomentata e, perciò, insindacabile in Cassazione, ha
riconosciuto che la ripresa televisiva riguardava una folla «anonima ».
Il rigetto del secondo motivo
conduce al conseguente rigetto anche del terzo, in quanto non ha fondamento la censura centrata sul problema della mancanza del consenso alla
diffusione della propria immagine o della impossibilità per il C. di
manifestare il proprio dissenso.
Riconosciuta la valenza di
evento mediatico al raduno della folla all’interno della stazione di Milano
cade ogni presunta lesione dell’art. 96 della legge n. 633 del 1941, dovendosi
ricomprendere l’episodio nell’ambito del successivo art. 97, primo comma,
per cui non riveste alcun interesse il profilo della mancanza del
consenso.
Col quarto motivo di ricorso
si lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc.
civ., violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 97 della legge n. 633 del 1941 ed
omessa ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della
controversia.
Il ricorrente richiama l’art. 97, secondo comma, della legge n.
633 del 1941, per il quale
l’immagine della persona non può essere esposta o messa in commercio quando da
tale evento derivi pregiudizio all’onore o al decoro della medesima.
Il C.
dichiara di aver chiesto alla Corte d’appello di pronunciarsi
sull’illegittimità della diffusione della sua immagine, in quanto inserita in
un contesto che gli è estraneo. Anche considerando il gay pride un evento di
rilevanza pubblica, è noto che in manifestazioni del genere i partecipanti sono
soliti esibire i loro costumi sessuali in modo plateale e volutamente
esagerato; la ripresa televisiva oggetto
di causa, pertanto, avrebbe collocato abusivamente l’immagine del ricorrente in
un contesto che esprime un costume ed un’identità che a lui non appartengono;
su tale aspetto della vicenda il giudice di merito avrebbe completamente omesso
di pronunciarsi.
Per gli ermellini il motivo
non è fondato, la Corte d’appello non è
affatto incorsa in un’omissione, avendo nella sostanza affrontato il problema
posto dal ricorrente.
Un interesse pubblico alla
divulgazione dell’immagine (art. 97, primo comma, cit.) non esclude che tale
diffusione possa essere ugualmente lesiva dell’onore e del decoro della persona
(art. 97, secondo comma) e dare luogo ad una pretesa risarcitoria. Nel caso esaminato, la sentenza
motiva, con un accertamento di fatto non più sindacabile in sede di Cassazione, che al limite il C. sarebbe stato ripreso
per brevissimo tempo in mezzo ad una folla anonima di passeggeri, la quale
faceva solo da «generico sfondo» del contestato servizio televisivo.
“È rimasto del tutto indimostrato ... che la ripresa televisiva ove pure abbia avuto per destinatario anche
il ricorrente - sia avvenuta con modalità lesive della sua dignità e/o sia
stata associata ad un evento e ad un costume sessuale a lui estraneo”.
“Un evento come il gay pride, unitamente al costume sessuale che esso
rappresenta, è in sé del tutto lecito e privo di qualsivoglia profilo di
intrinseca negatività, come invece sembra adombrare il ricorrente, sia pure tra
le righe dell’odierna impugnazione, laddove evoca l’onore ed il decoro della
persona.”
Fa osservare la Corte che se il C. avesse preso parte
attivamente alla manifestazione - nel senso che anch’egli era fra coloro i
quali stavano partendo per Roma - non potrebbe comunque dolersi della ripresa
televisiva. Se, invece, egli si trovava casualmente all’interno della stazione
di Milano, senza alcun contatto con i manifestanti, l’eventuale ripresa
televisiva non potrebbe danneggiarlo, non essendo inequivocabilmente collegabile
la sua presenza fisica con la partecipazione al gay pride.
“Il concetto di riservatezza - inteso come tutela del diritto a non
vedere indebitamente diffusa la propria immagine - non può porsi nell’ambito di
una stazione ferroviaria negli stessi termini in cui si pone in un contesto
privato. Chi si reca in una stazione, anche solo di passaggio, o per prendere
un treno o per svolgere proprie incombenze private deve accettare il rischio di
poter essere astrattamente individuato nella folla dei passeggeri”.
Per la Corte non sussistono quindi gli
estremi idonei a giustificare, ai sensi dell’art. 97, secondo comma, della
legge n. 633 del 1941, una pretesa risarcitoria.
L’esame del primo motivo di
ricorso: rileva la parte ricorrente che l’art. 2712 cod. civ. dispone che le
riproduzioni fotografiche e cinematografiche fanno piena prova di quanto
rappresentato se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la
conformità ai fatti o alle cose medesime. La RAI, nel costituirsi in primo
grado, non ha disconosciuto la conformità all’originale di quanto rappresentanto
in foto, per cui, in assenza di specifiche contestazioni dirette a censurare la
non conformità al vero delle prove documentali e fotografiche, sia la
fotografia che la ripresa video farebbero, secondo il ricorrente, piena prova
di quanto in esse rappresentato.
Per la Corte il motivo riassunto può ritenersi assorbito dal rigetto
dei precedenti: ogni discussione circa
l’interpretazione dell’art. 2712 cod. civ. e le modalità del disconoscimento
delle fotografie è superato dal riconoscimento della piena legittimità della
diffusione dell’immagine.
Il ricorso è stato così rigettato,
con condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di
legittimità; disponendo, in relazione alla pubblicazione della sentenza,
l’oscuramento dei dati sensibili, a tutela della riservatezza del
ricorrente.
Fonte: Sentenze
Cassazione http://www.sentenze-cassazione.com/sentenze-cassazione-2013/sentenze-la-cassazione-il-gaypride-evento-lecito-privo-negativita/#ixzz2jYuXTpXQ
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