Settembre 2017 | Avvocato Gabriella Filippone | Rassegna notizie on line
Lorenzo Motta, Mario Piredda e Lorenzo zucchetti a RadioIn 102 intervistati da Filippa Dolce. Radiointervista a http://www.radioin102.it nel 2016
Soldati danneggiati dallo Stato: militari vittime di Uranio impoverito e Vaccini senza controllo | video
E la chiamavano missione di pace. Figuriamoci se era di guerra.
L'uranio impoverito è lo scarto del procedimento di arricchimento dell'uranio.
L'uranio arricchito è utilizzato come combustibile nelle centrali nucleari e come principale elemento detonante nelle armi nucleari.
Utilizzi militari
Oltre che in applicazioni civili, l'uranio impoverito viene usato nelle munizioni anticarro e nelle corazzature di alcuni sistemi d'arma. Se adeguatamente legato e trattato ad alte temperature l'uranio impoverito diviene duro e resistente come l'acciaio temperato. In combinazione con la sua elevata densità, se usato come componente di munizioni anticarro esso risulta molto efficace contro le corazzature.
Essendo estremamente denso e piroforico (capace di accendersi spontaneamente), negli anni sessanta le forze armate statunitensi iniziarono ad interessarsi all'uso dell'uranio impoverito. La tipica munizione all'uranio impoverito è costituita da un rivestimento (sabot) che viene perduto in volo per effetto aerodinamico e da un proiettile penetrante, chiamato "penetratore", che è la parte che effettivamente penetra nella corazzatura, per effetto dell'alta densità unita alla grande energia cinetica dovuta all'alta velocità. Il processo di penetrazione polverizza la maggior parte dell'uranio che esplode in frammenti incandescenti (fino a 3 000 °C) quando colpisce l'aria dall'altra parte della corazzatura perforata, aumentandone l'effetto distruttivo.
Le munizioni di questo tipo chiamate nella terminologia militare API, Armor Piercing Incendiary, ovvero munizioni perforanti incendiarie. Circa 300 tonnellate di uranio impoverito sono state esplose durante la prima guerra del Golfo, principalmente dai cannoni GAU-8 Avenger da 30 mm degli Aerei da attacco al suolo A-10 Thunderbolt, ogni proiettile dei quali conteneva 272 grammi di uranio impoverito. L'uranio impoverito è stato usato anche nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, nella guerra del Kosovo e, in misura minore, nella seconda guerra del Golfo.
Liceità dell'uso di uranio impoverito come arma
Nel 2001 Carla del Ponte, allora a capo del Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia affermò che l'uso di armi all'uranio impoverito da parte della NATO avrebbe potuto essere considerato un crimine di guerra.[6] Punto di vista non è però generalmente accettato, dato che non esiste un trattato ufficiale sul bando delle armi all'uranio impoverito, né leggi internazionali che le vietino espressamente.
Militari vittime di Uranio impoverito e somministrazione di Vaccini senza controllo
Vaccinazioni sbagliate e fatte male dietro i tumori dei soldati italiani
Fonte: Inchieste LA REPUBBLICA (vedi articolo)
"L'avvocato Giorgio Carta è il legale di tante famiglie di militari ammalati o scomparsi per tumori o leucemie. E' stato il primo a puntare sulla somministrazione dei vaccini a distanza ravvicinata come causa della formazione di tumori tra i militari italiani. "La sentenza del Tar del Friuli chiede al tribunale militare di pronunziarsi in maniera precisa sulla somministrazione dei vaccini" spiega nel video Giorgio Carta. La verità ora sembra più vicina, "fino a qualche mese fa chi parlava dei vaccini e non dell'uranio impoverito come causa dei tumori veniva preso per mitomane, con queste sentenze facciamo un passo in avanti" commenta l'avvocato"
«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza» (Lev Tolstoj)
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Effetti sull'uomo e sull'ambiente
Quando un penetratore all'uranio impatta su un obiettivo, o quando un carro armato con corazzatura all'uranio prende fuoco, parte dell'uranio impoverito brucia e si frammenta in piccole particelle. I penetratori all'uranio impoverito che non colpiscono l'obiettivo possono rimanere sul suolo, essere sepolti o rimanere sommersi nell'acqua, ossidandosi, disgregandosi e decadendo naturalmente nel corso del tempo. La dimensione delle particelle di uranio create, la facilità con cui esse possono essere inalate o ingerite e la loro capacità di muoversi attraverso l'aria, la terra, l'acqua o nel corpo di una persona dipendono dalla maniera in cui si è polverizzato l'uranio impoverito metallico.
I test dell'esercito statunitense hanno dimostrato che quando un penetratore all'uranio impoverito colpisce un obiettivo, dal 20 al 70% del penetratore brucia e si frammenta in piccole particelle. Ciò significa che a seguito dell'impatto di un penetratore all'uranio impoverito da 120 mm contro un bersaglio corazzato si liberano da 1 a 3 kg di polvere di uranio radioattiva ed altamente tossica. Un carro armato colpito da tre di queste munizioni e l'area attorno ad esso potrebbero essere contaminati da 3 a 9 kg di particolato di uranio. Naturalmente la polvere prodotta da un impatto iniziale potrebbe essere rimessa in sospensione da impatti successivi e dal vento.
Esplosioni di test e studi sul campo hanno mostrato che la maggior parte della polvere prodotta dagli impatti finisce per depositarsi entro un raggio di 50 metri dal bersaglio. Tuttavia, considerando le particelle più fini - o nanoparticelle - (tra il miliardesimo ed il milionesimo di metro), pur costituendo una parte relativamente ridotta della massa totale, queste saranno disperse in atmosfera ricadendo comunque nelle vicinanze data la loro alta densità.
Un contatto diretto e prolungato con munizioni o corazzature all'uranio impoverito può causare effetti clinici nefasti solo se l'uranio è esposto e direttamente in contatto con la cute; basta infatti un solo foglio di carta (o lo strato cheratinizzato dell'epidermide) per fermare le pesanti particelle alfa, dotate di alto LET, o Linear energy transfer.
Resta quindi pericoloso solo se direttamente inalato, ingerito, o posto a contatto di ferite. La tossicità "chimica" dell'uranio impoverito (analoga a quella di piombo e tungsteno) rappresenta viceversa la fonte di rischio più alta a breve termine (intossicazione acuta), mentre non è provato che anche la sua radioattività possa causare problemi clinici nel lungo periodo (anni o decenni dopo l'esposizione, specialmente se protratta nel tempo), in quanto l'emivita biologica di tale elemento è relativamente breve, pari a) ca. 12-24 ore per le forme idrosolubili come il catione uranile dell'U(VI) o UO22+, che viene normalmente escreto per via renale-urinaria, sotto forma di idrossido e carbonato complessi; b) di alcuni giorni per le forme poco solubili, come una numerosa serie di ossidi e composti intermetallici tipici di questo elemento, che vengono comunque escreti per via gastrointensinale e fecale.
Il pericolo principale di contaminazione è quindi l'inalazione ed il raggiungimento dei siti più profondi del sistema bronco-polmonare (alveoli), seguito dal contatto e la diffusione nei capillari sanguigni e dall'assorbimento mediante il ciclo alimentare o attraverso l'acqua. L'uranio è un metallo ubiquitario nella crosta terrestre e negli acquiferi (in particolare salati, i.e. 3 ton/km3 nel Mare Adriatico) e che quindi l'ingestione da parte di cibi e bevande nella dieta è continua e protratta per l'intero ciclo vitale dell'individuo. Le quantità ingerite variano da alcuni microgrammi ad alcune decine di microgrammi al giorno, in dipendenza dai tipi di dieta adottati e dalla collocazione ambientale delle popolazioni. Un pericolo particolare deriva verosimilmente dall'incorporazione di particelle di uranio impoverito attraverso le ferite (o schegge permanenti in loco dopo l'avvenuto ferimento), che le porta direttamente a contatto con i tessuti vitali.
Radioattività
La radioattività dell'uranio impoverito (DU) viene considerata "di basso livello" (comparabile al livello naturale di radiazione di fondo) confrontata con quella ad "alto livello" dell'uranio arricchito in uranio-235 (o di altri materiali), perché l'uranio impoverito è costituito in maniera predominante dall'isotopo uranio-238 (T1/2 = 4,5 Ga) dotato di emivita più lunga - e quindi di attività specifica più bassa - di quella dell'isotopo uranio-235 (T1/2 = 0,7038 Ga), nonostante entrambi siano prevalentemente emettitori di particelle alfa. Infine, in questo contesto, il terzo isotopo uranio-234 (T1/2 = 0,2455 Ma), presente in percentuale molto bassa nell'uranio naturale (0,0055%, s.s.s. all'equilibrio secolare con l'U-238), si trova a sua volta maggiormente concentrato nell'uranio-235 arricchito (LEU o HEU), aumentandone ulteriormente l'attività specifica e quindi la radiotossicità.
La serie di decadimento radioattivo. L'energia di una particella alfa è estremamente alta: essa, tuttavia, agisce solo a breve distanza e non oltrepassa la pelle, e per questo motivo diventa il tipo più pericoloso di contaminazione se la sorgente è contenuta nel corpo, e praticamente innocuo se questa si trova all'esterno. Un foglio di alluminio o carta spesso o la stessa epidermide umana, può infatti fermare questo tipo di radiazione.
Tossicità
Le caratteristiche chimiche di un elemento, e quindi anche dell'uranio, non dipendono dalla concentrazione relativa dei suoi isotopi. Uno studio effettuato da Diane Stearns, biochimico presso la Northern Arizona University, ha stabilito che cellule animali esposte al sale di uranio solubile in acqua (acetato di uranile, UO2(CH3COO)2) vanno soggette a mutazioni genetiche determinando tumori e altre patologie, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive.[8]
L'esposizione sia a composti chimici di uranio impoverito sia di uranio naturale può, in generale, indipendentemente dalle sue proprietà radioattive:
- causare danni ai reni, pancreas, stomaco/intestino
- mostrare effetti citotossici e carcinogeni in animali[9]
- causare effetti teratogeni in roditori e rane (in contatto con sali di uranio disciolti in acqua) e in umani in contatto con polveri di uranio naturale ed impoverito[10]
Sindrome dei Balcani
Per "sindrome dei Balcani" si intende quella lunga serie di malattie - per lo più linfomi di Hodgkin e altre forme di cancro - che hanno colpito i soldati italiani al ritorno dalle missioni internazionali. I primi casi segnalati in Italia risalgono al 1999 quando un soldato cagliaritano (Salvatore Vacca) morì di leucemia al ritorno della missione militare in Bosnia-Erzegovina. Da allora le vittime sono state 45 e circa 500 i soldati malati. Un rapporto di causa effetto tra l'esposizione all'uranio impoverito e queste malattie non è ancora stato dimostrato. Con sentenza pronunciata nel 2008 il Tribunale di Firenze, accogliendo la domanda di parte attrice, ha ritenuto la responsabilità del Ministero della Difesa per patologie contratte da militare in servizio in conseguenza di esposizione all'uranio impoverito. Nel caso in questione il militare aveva partecipato alla missione Ibis in Somalia[11].
Allo scopo di identificare eventuali responsabilità dei vertici militari italiani e della NATO il Governo italiano ha istituito una commissione d'inchiesta al Senato per far luce sulla vicenda, i cui lavori si sono conclusi nel marzo del 2006.[12] Fra le varie e numerose ipotesi per spiegare la sindrome dei Balcani e la sindrome della guerra del Golfovi sono studi che indicano nanopolveri inorganiche (non necessariamente contenenti uranio), indipendentemente dalla loro tossicità, come possibili cause delle patologie. Il caso più recente di tumore, probabilmente dipendente dall'uranio impoverito e da nanopolveri è quello dell'archeologo Fabio Maniscalco, che ha lavorato nei Balcani come ufficiale tra gli anni 1995 e 1998, e si è ammalato di una forma rara ed anomala di tumore del pancreas.
Italia
Il 1º marzo 2010 il Consiglio dei ministri ha dato il consenso agli indennizzi ai soldati impiegati nelle missioni di pace, nei poligoni, nei siti di stoccaggio; quelli, in poche parole, che abbiano contratto malattie prestando servizio militare.[senza fonte][17] Tra i casi di morti di militari italiani che sono al vaglio degli inquirenti per possibili collegamenti con intossicazione da uranio impoverito, si veda ad esempio il caso di Paolo Mucelli, il marinaio ogliastrino di Baunei deceduto a Cagliari il 28 marzo 2011 con diagnosi di leucemia fulminante.[18]
Fonte: Wikipedia
Vedi articolo:
IL FILM DOCUMENTARIO CON LA REGIA DI MARIO PIREDDA
Il viaggio di Giovanni Asara, Enrico Sotgiu, dalla Sardegna al Kosovo, è il percorso di un giovane disoccupato che per 3 milioni al mese si arruola e abbandona ciò che ama e che conosce. Attraverso la storia di Giovanni, il corto racconta la tragedia dei soldati italiani morti a causa delle bombe all’uranio impoverito durante i combattimenti nei Balcani.
In “Io sono qui” ha affrontato con grande sensibilità e delicatezza una realtà difficile e un tema spinoso.
"La sceneggiatura di IO SONO QUI è stata scritta insieme a Carola Maspes. Abbiamo deciso di partecipare al concorso “Storie di emigrati sardi”, un bando promosso nel 2009 dalla Regione Sardegna, dalla FASI e dalla Società Umanitaria – Cineteca Sarda. La sceneggiatura ha vinto il terzo premio.
Il tema del concorso era appunto l’emigrazione. Ho trovato nell’arruolamento volontario un tipo di emigrazione riguardante la mia generazione. Dagli anni novanta ad oggi, purtroppo, vi sono state fra le più svariate guerre (Iraq, Somalia, Ex Jugoslavia, Afghanistan).
L’abolizione della leva obbligatoria e l’introduzione dello stipendio militare ha portato soprattutto nel sud Italia ad un numero elevato di domande per arruolarsi. Le guerre si sa portano dei profitti economici e qui si intuisce la necessità di intervento dei contingenti italiani.
Io non metto in dubbio che per alcuni l’arruolamento nasca da un patriottismo sfrenato e un profondo senso della difesa, ma sinceramente credo che per molti sia l’alternativa più prossima alla disoccupazione e all’alienazione sociale. Ne ho sentiti molti come il protagonista Giovanni dire: “Almeno li 3 milioni al mese me li danno”. Così è nato il progetto Io Sono Qui cercando appunto di raccontare questo tipo di emigrazione temporanea e contemporanea.
L’altro tema importante è quello delle contaminazioni da materiale radioattivo. L’uranio impoverito ricavato dallo scarto delle centrali nucleari e utilizzato come materiale bellico, purtroppo ha causato centinaia di morti e migliaia di malati che però non fanno notizia. Già in sceneggiatura l’intento era di raccontare questa vicenda con leggerezza, evitando un discorso politico o di denuncia, più adatto su un documentario di inchiesta, concentrandoci sugli aspetti umani e provando a raccontare per immagini l’amicizia e la mancanza, veri temi del cortometraggio."
Fonte: Tuttus in pari
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