lunedì 18 settembre 2017

"CONIGLIO" NAZIONALE FORENSE: IL MIO COMMENTO ALL'ARTICOLO DI PAOLO ROSA

IL MIO COMMENTO ALL'ARTICOLO DI PAOLO ROSA: TRILOGIA


Immagine: via Wikimedia

Settembre 2017 | Avvocato Gabriella Filippone | Rassegna e commenti notizie on line






IL MIO COMMENTO ALL'ARTICOLO  

Se la Cassazione assume che "il limite delle risorse disponibili, vincola il legislatore a scelte preordinate a bilanciare molteplici valori di rango costituzionale, tra i quali spiccano il diritto a una retribuzione proporzionata (viene fatto il caso degli impiegati statali, tra cui posso includere i giudici di Cassazione) e  alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e a un’adeguata tutela previdenziale, ma anche la solidarietà tra le diverse generazioni che interagiscono nel mercato del lavoro, in una prospettiva volta a garantire un equo ed effettivo accesso alle opportunità di occupazione che si presentano", posso dunque io sostenere che la solidarietà ed il suo principio vale anche nei confronti dei cd. anziani  verso le altre generazioni "meno fortunate. Con inversione di obblighi solidali a loro carico. L'attuale politica di Cassa Forense & Company non tiene conto di ciò, limitandosi a vessare chi ritengono di voler vessare, malgrado l'età dei vessati (vecchi, giovani e di mezza età, poco importa nel calderone professionale avvocati nazionali).

Altra questione: che ne è di quei lavoratori (avvocati) che non possono interagire col mercato del lavoro per svariati motivi? Tra i quali motivi è preponderante quello del  bilanciamento in loro danno della politica forense previdenziale? A vantaggio di altri: i cd. meritevoli. Compresi i membri di CF e di altre "diavolerie di sigle come CNF (Consiglio Nazionale Forense o forse anche  CONIGLIO Nazionale Forense o come cavolo si dice e si chiama) ed altre sigle popolari.  Meritevoli di cosa? Non certo di medaglia. I famigerati "meritevoli". Sono quelli che fanno danno con merito. Nella concezione comune lo fanno con giustezza, con classe, e per i meno dotati di garbo colloquiale, con bastardaggine 
Che scrivere ora (o meglio, digitare ora)? 
Beati loro che possono interagire con la classe forense e la società tutta tenendosi stretto il loro pseudo merito, come i francesi si tengono stretta sotto le ascelle la loro baguetteQuestione di  puzze diverse, a volte asfissianti 






«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza» (Lev Tolstoj)

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sabato 16 settembre 2017


TRILOGIA DI PAOLO ROSA

Ricevo dall' Avvocato Paolo Rosa un suo recente articolo. Ne pubblico una sintesi.



TRILOGIA


pubblicato in

Diritto e Giustizia
previdenza | Settembre 2017


In previdenza i diritti quesiti non esistono, esistono solo aspettative di diritto più o meno legittime
di Paolo Rosa - Avvocato

Ci attende un autunno caldissimo anche sul versante previdenziale. È bene sgombrare il campo da troppi equivoci che si diffondono sul tema dei diritti quesiti. In mancanza di una definizione normativa di “diritto quesito”, appare necessario fare ricorso ai principi generali dell’ordinamento e all’elaborazione giurisprudenziale in materia. 


Irretroattività delle leggi. Sotto il primo profilo, rileva  il principio dell’irretroattività delle leggi, sancito dall’art. 11 delle pre-leggi: «la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo».
Tale principio, ispirato all’esigenza superiore della certezza del diritto, esclude (in linea generale) che una norma giuridica possa applicarsi ad atti, fatti, eventi o situazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore, per i quali si suole parlare di “diritti quesiti”.
Poiché il principio dell’irretroattività delle leggi, pur costituendo un valore di civiltà e principio generale dell’ordinamento, non è stato elevato a dignità costituzionale (se si accentua la previsione dell’art. 25 Cost. limitatamente all’irretroattività della legge penale incriminatrice), può in teoria essere derogato.
Il legislatore, fermo restando il predetto limite dell’irretroattività della legge penale, può emanare norme con efficacia retroattiva «a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente prodotti» (Corte Costituzionale, sentenza n. 263/02; 136/01; 374/00 e 229/99).

La teoria del “fatto compiuto”. In pratica, è problematico individuare diritti effettivamente quesiti per via delle numerose eccezioni previste da legislazioni più o meno transitorie.
A causa dell’indeterminatezza della nozione, ha trovato affermazione la diversa teoria del “fatto compiuto” (facta praeterita), in virtù della quale le nuove norme non estendono la loro efficacia ai fatti compiuti sotto il vigore della legge precedente, benché dei fatti stessi siano pendenti gli effetti.
Una nuova disposizione non può trovare applicazione nei riguardi di rapporti giuridici che hanno esaurito i propri effetti, altrettanto non può dirsi con riferimento ai rapporti di durata (Cassazione, sez. lavoro, sentenza n. 19351/07 laddove si afferma che «l’unico limite in materia è dato dall’intangibilità di quei diritti che siano già entrati a far parte del patrimonio del lavoratore, quale corrispettivo di una prestazione già resa o di una fase del rapporto già esaurita. Ne consegue – aggiunge la Suprema Corte – che la tematica dei diritti quesiti attiene unicamente a queste ultime posizioni»).

Il diritto pensionistico. E’ consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il diritto pensionistico diventa “quesito”, solo nel momento in cui l’interessato perfeziona il diritto alla pensione , maturando i requisiti necessari per essere collocato a riposo. Ciò determina il nascere di un vero e proprio diritto soggettivo con applicazione del conseguente trattamento di quiescenza secondo le norme in vigore in detto momento. Precedentemente l’interessato può vantare solo un’aspettativa ad un determinato trattamento di quiescenza e non può dolersi di eventuali modifichein peius delle disposizioni previdenziali incidenti anche sul proprio trattamento, ma solo il rispetto del principio del pro rata temporis!
Il problema è capire fino a che punto la legge possa disporre per il passato, specie laddove venga a impattare sull’erogazione di prestazioni per le quali vengano in rilievo «altri valori e interessi costituzionalmente protetti», come nel caso della corresponsione della retribuzione o, per quanto qui rileva, delle prestazioni previdenziali (I limiti costituzionali alla revisione delle pensioni: le prospettive per il futuro, di Antonella Valeriani).
Dire che il trattamento pensionistico è ormai maturato e che nessuno lo può più toccare è un non senso a livello sistematico.
Le argomentazioni utilizzate dalla giurisprudenza costituzionale a favore dei diritti acquisiti si basano principalmente sull’art. 36 Cost. e sull’art. 38 Cost. che enuncia il principio di adeguatezza dei mezzi di sostentamento in caso di vecchiaia.
Le pensioni vengono dalla giurisprudenza equiparate a un reddito differito dove lo Stato non potrebbe, tendenzialmente, ridurre successivamente l’entità delle pensioni senza violare il principio di ragionevolezza, di affidamento e di adeguatezza del trattamento.
Bisogna fare una distinzione assolutamente fondamentale tra le prestazioni pensionistiche che sono state finanziate dal montante contributivo versato e quelle che sono risultate più generose rispetto alla contribuzione versata.
Le prime sono le uniche intangibili mentre le altre, per la parte non finanziata dalla contribuzione versata possono essere ridotte a equità di fronte all’insostenibilità finanziaria del sistema previdenziale e in un contesto di risorse limitate.
La recente sentenza n. 124/17 della Corte Costituzionale ha ribadito la correttezza di questa impostazione.
La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondante le questioni di legittimità costituzionale in relazione a diversi parametri costituzionali sottolineando che la disciplina del tetto massimo di € 240.000,00 annui si iscrive in un contesto di risorse limitate, che devono essere ripartite in maniera congrua e trasparente.
Il limite delle risorse disponibili, scrive la Corte, vincola il legislatore a scelte preordinate a bilanciare molteplici valori di rango costituzionale, tra i quali spiccano il diritto dei funzionari a una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto e a un’adeguata tutela previdenziale, ma anche la solidarietà tra le diverse generazioni che interagiscono nel mercato del lavoro, in una prospettiva volta a garantire un equo ed effettivo accesso alle opportunità di occupazione che si presentano.
In questo contesto il legislatore gode di un’ampia discrezionalità nel bilanciare i diversi valori coinvolti, purché la disciplina non sia manifestamente irragionevole.
Criteri per determinare se una disciplina sia o meno manifestamente irragionevole. Anzitutto occorre valutare quali siano le finalità perseguite.
Non è irragionevole che, in presenza di risorse limitate, il legislatore ponga misure di contenimento e di razionalizzazione della spesa pubblica.
L’intervento del legislatore non può essere discriminatorio nel senso che gli interventi debbono avere una valenza generale, per esempio, per l’intero comparto pubblico.
La lezione che si ricava dalla sentenza n. 124/17 della Corte Costituzionale è che i trattamenti retributivi e quelli previdenziali, cosi come qualsiasi altra prestazione attribuita nell’ambito di un rapporto di durata, com’è tipicamente quello previdenziale, ben possono essere oggetto di una rivalutazione ponderata degli effetti di lungo periodo che prevalgono su altri interessi generali.
In un quadro di politiche economiche e sociali in evoluzione, spetta al legislatore elaborare soluzioni e modulare le posizioni di vantaggio in rapporto alle mutevoli esigenze di riassetto della spesa e di riqualificazione delle risorse in favore delle nuove generazioni.
Unico limite all’intervento riduttivo del legislatore è dato dalle sole prestazioni pensionistiche interamente finanziate dal montante contributivo versato.

previdenza forense | 08 Settembre 2017
Le aspettative di diritto e la solidarietà intergenerazionale quale strumento di giustizia redistributiva
di Paolo Rosa - Avvocato
Nel precedente intervento ho trattato dei diritti quesiti in previdenza.
La Suprema Corte di Cassazione in tema di rapporti di durata (come quello previdenziale) e di successione di leggi: "Il principio della irretroattività della legge costituisce un principio generale del nostro ordinamento,  comporta che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, se in tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e future dello stesso; lo stesso principio comporta che la legge nuova possa essere applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché conseguenti a un fatto passato, quando essi, ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in considerazione in sé stessi, prescindendosi totalmente dal collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore" (Cass. S.U. n. 2926 del 1967, Cass. 3231 del 1987, Cass. 4462 del 1999, Cass. 2433 del 2000, Cass. 14073 del 2002 e Cass. 20680 del 2016).
Il rapporto previdenziale è un tipico rapporto di durata. Ha origine nel momento in cui vengono ad esistenza le condizioni previste dalla legge  e si protrae nel tempo, fino a quando si verifichino altre condizioni di fatto fissate dal legislatore per la sua estinzione.
Nel caso in cui nel corso del rapporto si verifichi una successione di legge, secondo i principi richiamati, la nuova legge, mentre non può incidere negativamente sul diritto alla prestazione previdenziale, le cui condizioni di esistenza restano definitivamente regolate dalla legge abrogata, può legittimamente disciplinare gli effetti giuridici che derivano dal predetto diritto, in quanto danno luogo a situazioni che si protraggono nel tempo successivo alla sua entrata in vigore.
La nuova legge non può escludere il diritto alla prestazione previdenziale sorto sotto il vigore della legge abrogata, può regolare diversamente, a partire dalla data della sua entrata in vigore, le modalità di erogazione della prestazione. (Cass. 20680/2016).

Tutela della pensione minima Nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, risulta  la distinzione tra la tutela della pensione minima e l’intangibile discrezionalità del legislatore nella determinazione dell’ammontare delle prestazioni previdenziali e nella variazione dei trattamenti.
Mentre il conseguimento della pensione al minimo è un bene costituzionalmente protetto, altrettanto non può dirsi per il raggiungimento di trattamenti pensionistici e benefici ulteriori (ex plurimis sentenza n. 227 del 1997 e sentenza n. 33 del 2013).
Nell’odierno scenario di endemica crisi economica (che siamo fuori dal tunnel lo ha detto di seguito Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e, da ultimo a Cernobbio, anche Gentiloni) assumono centrale rilievo tra i i doveri di solidarietà economica e sociale.

Solidarietà intergenerazionale. Ai doveri inderogabili di solidarietà l’ordinamento attribuisce il compito di mitigare l’esercizio dei diritti, specie quelli previdenziali finanziariamente condizionati, al precipuo scopo di preservare le condizioni di un loro godimento futuro da parte di altre generazioni.
In periodi di persistente crisi economica si richiedono quindi al legislatore interventi eccezionali di giustizia redistributiva.
Nella sentenza n. 173/2016 la Corte Costituzionale ha affermato in ambito pensionistico il principio della mutualità intergenerazionale.
Il tema della responsabilità tra generazioni e un tema noto e di più ampio respiro.
Un principio di responsabilità fra le generazioni: la Corte Costituzionale implicitamente afferma la dimensione intertemporale dei diritti e dei doveri, gli uni inscindibilmente connessi e dipendenti dagli altri, anche se riconducibili a diverse generazioni.
In questa prospettiva è facile cogliere l’obiettivo di giustizia sostanziale che un prelievo forzoso sulle pensioni di importo più elevato realizza attraverso il reimpiego delle somme all’interno del circuito previdenziali.
In tal modo, il futuro godimento di uno o più diritti sociali per alcuni è necessariamente correlato all’attuale imposizione su altri di uno o più doveri di solidarietà economica.
Doveri che il legislatore può introdurre nel rispetto dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità.
La questione della solidarietà intergenerazionale si presenta quale questione redistributiva di giustizia sociale.
Il rapporto intergenerazionale va considerato un rapporto giuridico regolato dai principi di responsabilità, equità e solidarietà.
La prospettiva del futuro deve essere necessariamente inclusa nell’orizzonte della tutela giuridica (La solidarietà intergenerazionale quale strumento di giustizia redistributiva dell’avv. Gabriele Pepe, in www.lavocedeldiritto.it).
Applicando questi principi ormai acquisiti nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione, alla previdenza forense abbiamo che tutti gli iscritti  hanno, come diritto costituzionale, il diritto al conseguimento della pensione minima.
Una ragione per una modifica strutturale dell’assetto previdenza forense così da introdurre la pensione sociale forense al fine di evitare il default quando gli iscritti a basso reddito chiederanno al Giudice, in luogo della pensione contributiva, la pensione minima retributiva.
Il tutto con uno sforzo di solidarietà da parte dei più fortunati.

previdenza forense | 15 Settembre 2017
Drop in Cassa Forense
di Paolo Rosa - Avvocato
Che cosa è il drop? Si tratta di una delle situazioni classiche nelle quali ci si trova quando ci capita di dover comprare una giacca o un nuovo abito. Sul cartellino troviamo la scritta “taglia 48, drop 6”, ma non sappiamo in alcun modo cosa significhi.
Cerchiamo allora di comprendere insieme che cosa è il drop nell'ambito della sartoria e a cosa serve.
La definizione tecnica è semplice. Il drop è la differenza tra la semimisura del torace e quella della vita e serve a rendere più equilibrata la scelta di un abito, personalizzandone il taglio e migliorando in maniera esponenziale la vestibilità complessiva del vestito, sia per quanto riguarda la giacca che per i pantaloni.
Per assicurarsi un abito che calzi a pennello è fondamentale conoscere il proprio numero di drop: possibilità che abbiamo per garantirci giacche e pantaloni che possano essere indossati in maniera armoniosa e compatta.
Gli abiti di confezione industriale, quindi non su misura ma pronti per essere indossati, vengono realizzati a partire da rilevazioni antropometriche che individuano le proporzioni del corpo umano, al fine di sviluppare tagli sartoriali che si adeguino in maniera quasi perfetta a gran parte delle tipologie fisiche.
I drop ci permettono di scegliere con serenità un abito perfetto per la nostra struttura corporea, assicurando un equilibrio complessivo tra torace, vita e altezza.

Il drop degli avvocati. Attualmente in Cassa Forense ci sono soltanto due misure: la pensione retributiva e, residuale, la pensione contributiva.
240 mila avvocati sono costretti a misurarsi con due soli drop.
Come ha detto recentemente Mario Draghi: «Bisogna avere occhi liberi, non gravati dalla difesa di paradigmi precedentemente detenuti che hanno perso ogni potere esplicativo».
Di fronte ad una realtà composita la offerta previdenziale e assistenziale deve conformarsi alle varie esigenze per non fungere da camicia di forza come oggi sta avvenendo.

La proposta. Con gli altri amministratori del gruppo FB Previdenza forense, Daniela Nazzaro, Lucia Iannone, Carmen Picariello e Francesca Scudiero, abbiamo lanciato questa proposta:
MANIFESTO PROGRAMMATICO DI RIFORMA DELLA PREVIDENZA FORENSE

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