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Lo straining è una forma attenuata di mobbing | Risarcimento del danno da straining



to strain 



Risarcimento del danno da "straining"


Immagine: via Wikimedia 
Con la sentenza n. 7844, depositata nel mese di marzo 2018, la Corte di cassazione ha precisato che lo straining non è altro che una forma attenuata di mobbing nella quale manca il carattere della continuità delle azioni vessatorie



Lo straining può giustificare il risarcimento del danno ove l'azione vessatoria abbia provocato frustrazione personale e professionale.



Nel caso esaminato  dai giudici del Palazzaccio il danno da 'stress forzato' è stato riconosciuto in capo a un dipendente costretto 'a lavorare in un ambiente di lavoro ostile, per incuria e disinteresse nei confronti del suo benessere lavorativo'



La Corte ha censurato il comportamento del datore di lavoro che sarebbe venuto meno all'obbligo di evitare situazioni 'stressogene' capaci di minare l'integrità psico-fisica del lavoratore.





Titolo:  Lavoro, ok al danno da 'straining'
Autore:  Valerio Vallefuoco
Fonte:  Il Sole 24 Ore  









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Straining e Mobbing quali sono le differenze? che cosa è lo Straining? Le spiegazione dell' Avv. Cristiano Cominotto









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MOBBING PERSECUTORIO: dal verbo inglese “to mob”, attaccare, assaltare






MOBBING E ABUSI: la pratica dell’insana persecuzione (dal verbo inglese “to mob”: attaccare, assaltare) 



Sociologi e medici specializzati nello studio dei complessi e vari problemi del mondo del lavoro studiano uno strano e sconcertante fenomeno: il Mobbing, la pratica dell’insana persecuzione, ai danni di inconsapevoli lavoratori.

Il termine inglese potrebbe far pensare ad una nuova moda o ad uno sport estremo. Nulla di tutto ciò.

Il Mobbing (dal verbo inglese “to mob”: attaccare, assaltare) designa in etologia il comportamento di alcune specie animali, solite circondare un membro del gruppo per allontanarlo.



Marzo  2018 | Avvocato Gabriella Filippone |
Rassegna e commenti notizie on line
Articolo datato rivisitato a cura di Gabriella Filippone  


Il termine designa nell’ambito del lavoro, all’interno delle aziende, quei ripetuti soprusi da parte di superiori, dirette in particolare ad isolare il dipendente e nei casi più gravi ad espellerlo; pratiche il cui effetto è quello di intaccare gravemente l’equilibrio psichico del prestatore, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in sé stesso e provocando catastrofe emotiva, depressione e talora suicidio.

Il Mobbing può distinguersi in “orizzontale” e “verticale”, a seconda che i comportamenti ostili siano posti in essere dai colleghi o dai superiori.

La figura del Mobber viene impersonata all’interno delle aziende e dei luoghi di lavoro in genere, da un capo, da un collega o da un altro personaggio di per sé insignificante, i quali, in modo subdolo e nascosto, agiscono, senza una ragione apparente, all’interno della comunità dei lavoratori, per sottoporre a continua persecuzione, un lavoratore ignaro inconsapevole delle manovre perpetrate ai suoi danni.

L’accertamento diagnostico si rende ancor più difficile e incerto quando la pratica del Mobbing viene perpetuata da soggetti insospettabili, apparentemente amici e compagni di lavoro delle stesse vittime, come il vicino di scrivania, altrimenti da un personaggio insignificante e distante.

Caratteristica comune alle tipologie di Mobber sarebbe l’apparente indifferenza di tali soggetti nei confronti di quanto accade nel posto di lavoro, mentre intensa e continua, permane la loro propensione alla maldicenza, al gusto di creare situazioni paradossali tra compagni di lavoro, annientando la personalità di qualcuno di essi: questo “qualcuno” è appunto, la vittima.


I lavoratori mobbizzati sono veramente malati o sono malati, al contrario, i loro persecutori? Sorge il sospetto che il vero malato sia proprio il Mobber; tale personaggio però sfugge, mentre la vittima si ammala, perde giorni di lavoro, soffre di patologie mai prima accusate.


In un intervento di Luigi Orsini, pubblicato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescara, sulla rivista quadrimestrale di giurisprudenza PQM n.II/99, si è fatto il punto sull’indagine svolta da medici e sociologi del lavoro e sull’orientamento giurisprudenziale e legislativo; sono stati quindi illustrati i punti sostanziali di uno studio esposto nell’Università di Teramo, per la Scuola di specializzazione in diritto del lavoro, dal Prof. Michele La Rosa in cui si evidenziano i risultati statistici di indagini condotte in vari Stati dell’Unione Europea: nel 1998, oltre 12 milioni di lavoratori –cioè oltre l’8,1% dei lavoratori dell’Unione– certamente sono stati individuati come vittime del Mobbing; in tale quadro, in Italia, vanno compresi circa 1 milione di lavoratori tra i soggetti sottoposti a Mobbing, cioè il 5% della forza lavoro.

Le considerazioni svolte consentono di ritenere gli effetti del Mobbing come un aspetto socialmente rilevante nel mondo del lavoro e nell’intero quadro della vita economica e produttiva del nostro Paese. Invero ogni giorno, non si sa perché, molti lavoratori si ammalano, molti altri non sono in grado di produrre, altri cercano la via delle dimissioni, così risolvendo unilateralmente un rapporto di lavoro che è diventato assurdo, faticoso, ossessivo.

Gli studiosi ci avvertono che il Mobbing entra nelle varie realtà del mondo del lavoro, come un virus sconosciuto, che danneggia l’attività produttiva nei suoi due aspetti essenziali della quantità dei beni prodotti o dei servizi e della qualità dei medesimi: ciò perché esso attacca la sanità fisica e mentale dei lavoratori, i quali, quando sono fortunati si accorgono molto presto dell’origine dei loro mali e reagiscono ad essi per tempo, magari cercando un altro lavoro prima che sia troppo tardi, quando sono meno fortunati giungono all’abbandono del lavoro, mediante dimissioni incondizionate o addirittura tentano il suicidio.

Sociologi e medici del lavoro, gli specialisti impegnati in tale campo nuovo e cosparso di insidie, meditano sui risultati accertati, per poter giungere a schemi di diagnosi precoci, essendo certi che il male, se lasciato alla sua voracità distruttiva, conduce a patologie irreversibili.

In questo quadro, si evidenziano taluni risultati della ricerca medico- sociologica che riconducono alla pratica del Mobbing.

La diagnosi dei sintomi dei mali procurati al lavoratore è difficile ed incerta, spesso i disturbi attengono a mali comuni (come frequenti mal di testa, ulcere, dermatosi, tachicardia o malesseri vari accusati dal paziente quali mal di schiena, nausee e così via).

Quando il paziente è un lavoratore, che vive il proprio impegno di lavoro in una realtà aziendale dove vi sono tanti lavoratori, allora il diagnostico, medico o psicologo, deve esaminare anche altre sindromi denunziate dal paziente: perdita di memoria, insonnia, ansia, panico, depressione e così via.

La diagnosi precoce, essenziale in questi casi, va costruita con l’aiuto del paziente: trattandosi però di un sospetto di Mobbing, il medico chiamato ad accertare la causa di un mal di testa persistente o di un mal di schiena o di insonnia quasi irreversibile, deve ricondurre il sospetto sul piano lavorativo del paziente; questi sintomi ed altri – a volte estremamente soggettivi – nel quadro completo della vita di un lavoratore, di un impiegato, di un dipendente, possono condurre alla scoperta del Mobbing.

Colui che pratica la manovra del Mobbing, a danno della salute fisica e psichica del lavoratore, è individuabile per atteggiamenti che non sfuggono e che delineano comportamenti da affrontare con decisione.

Le diagnosi sul persecutore: si ritiene che costui possa essere un megalomane (individuo che crede di essere ciò che non è), oppure un frustrato (individuo ossessionato da proprie carenze e che cerca di scaricarne su altri i mortificanti effetti), ovvero un narcisista (indicato come “narcisista perverso”); la figura del narcisista è la più diffusa.


Caratteristiche costanti in talune figure di Mobber: – trattasi, spesso, del capoufficio (o semplicemente capo), del caporeparto, del dirigente, del “caposquadra”, di un incaricato dell’organizzazione aziendale che non vi riesce e tenta di scaricare la propria incapacità sugli altri, ritrovando nella sofferenza altrui una parvenza di equilibrio del proprio essere; – trattasi spesso di personaggi che non vivono una propria vita lineare, non se ne sentono protagonisti ed avvertono interiormente un conflitto tra ciò che sono e ciò che vorrebbero essere: il cui conflitto non sfocia in una decisione di superamento del proprio stato, in quanto comporterebbe tutta la propria buona volontà necessaria per salire in alto o per restare sereni nella stessa posizione.

E’ indubbio che  situazioni di tale complessità psichica generano dolore. Tale dolore, quando viene avvertito dal soggetto sotto forma di disagio, può rientrare nel normale svolgimento della vita.

Quando il dolore non viene avvertito, neanche come disagio, l’individuo diventa persecutore, maldicente, pronto ad usare tutte le astuzie per veder soffrire un altro individuo, diventa Mobber: ordisce la pratica del “transfert” del dolore, dell’inferiorità intimamente riconosciuta dalla sua subcoscienza. L’attuazione, quando riesce, del “transfert” in parola, comporta la presenza di due soggetti: il soggetto portatore originario della propria incapacità di vivere e del conseguente connesso “dolore” e il soggetto cui il dolore si trasferisce, nelle forme più varie, tutte riconducibili al Mobbing, che è persecuzione e tortura: la vittima si ammala e non sa il perché.


La letteratura in materia, in assenza di studi definitivi e certi che espongano scientificamente le patologie del Mobbing, esistono risultati statistici, ottenuti con rigore scientifico, che rappresentano un supporto teorico per l’individuazione di un caso di Mobbing.

La diagnosi non basta, occorre la terapia per guarire i mali che il Mobbing arreca alla salute del lavoratore che ne è vittima: la terapia possibile è quella di rimuovere la figura del Mobber dalla sua posizione subdola rendendolo innocuo; affrontare il persecutore per riportarlo alla realtà. L’opinione prevalente è che la tematica debba essere urgentemente esaminata dal Legislatore, discoprendosi nei comportamenti del Mobber, senza dubbio, un allarme sociale di enorme gravità. Gli studiosi del fenomeno ritengono che al di là della diagnosi del medico o dello psicologo, la pratica del Mobbing vada guardata nell’ambito delle norme del nostro Ordinamento penale che prevedono la tutela della persona umana e della sua salute.

Sul tema ancora molta strada dovranno percorrere gli operatori del diritto; si apre una prospettiva di indagini e di interventi per il sindacato, che opera in prima linea sul posto di lavoro. Il Legislatore, nel 1970 ha posto in gran rilievo la sanità psicofisica dei lavoratori: nellolo Statuto dei lavoratori è sancito il principio che il sindacato tramite le proprie strutture organizzative, può e deve attivarsi, in ogni possibile realtà lavorativa, per la sanità psicofisica dei lavoratori.


La giurisprudenza traccia sentieri percorribili per una individuazione di responsabilità del datore di lavoro, in ordine all’obbligo di risarcimento dei danni sofferti dal lavoratore in connessione e a causa di eventi verificatisi nel posto di lavoro e che abbiano cagionato nocumenti, a volte irreparabili, alla persona fisica del lavoratore ed alla sua psiche; dalla giurisprudenza formatasi su tale norma si riconducono situazioni e condizioni di lavoro che sottopongono il lavoratore al trauma del Mobbing.

La magistratura si sofferma sull’indagine delle condizioni ambientali e psicologiche che caratterizzano il posto di lavoro nella sua complessità, non solo sotto il profilo materiale –azienda, infrastrutture, condizioni climatiche e così via – anche sotto il profilo della serenità dei rapporti tra datore e lavoratore, facendosi riferimento ai rapporti interpersonali; della serenità dei rapporti personali tra i lavoratori, prescindendosi dalle mansioni che svolgono per ragioni di organizzazione tecnica della produzione.

L’orientamento della giurisprudenza del lavoro si incentra sull’esame dell’art.2087 cod. civile ( Tutela delle condizioni di lavoro), che attiene all’obbligo del datore di lavoro di tutelare “l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”: quindi ad impedire e scoraggiare con efficacia contegni aggressivi e vessatori da parte di preposti e responsabili nei confronti dei rispettivi sottoposti.

Le strade sono già tracciate in tante decisioni dalla giurisprudenza, anche se riferite a situazioni in cui non si evidenzia in modo specifico la pratica del Mobbing, se ne indicano due tra le più significative: una della giurisprudenza di merito del 1998, Tribunale di Milano: “risponde di illecito contrattuale ex art.2087 c. c. e quindi con esclusione del danno morale, il datore di lavoro che, pur informato degli atti di molestia, non provveda alla tutela del dipendente molestato …”; l’altra della Cassazione Civile Sez. Lavoro n.8422/1997: “la disposizione di cui all’art.2087 c. c. rappresenta una norma di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente previste dal Legislatore ed impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare l’integrità psicofisica dei dipendenti …”, sia in base al rilievo costituzionale del diritto alla salute, sia dei principi di correttezza e buona fede contrattuale.

Il Tribunale di Torino, con sentenza del 16.11.99 ha stabilito che il datore di lavoro è chiamato a rispondere del risarcimento del danno sofferto (sia biologico sia da dequalificazione professionale) da liquidarsi in via equitativa, oltre interessi legali. La sentenza pone  conseguenze pesanti volte a colpire duramente i colpevoli diretti, nonché i superiori che fingessero di non vedere.

Come contrastare il Mobbing. Il primo consiglio è armarsi di pazienza e raccogliere le prove (testimonianze, dichiarazioni scritte, ecc.) delle vessazioni subite ed in atto.



Bibliografia e riferimenti: – “Interventi. “Mobbing. Abusi nel posto di lavoro” di Luigi Orsini, intervento pubblicato sulla rivista di giurisprudenza PQM n.II/98. – “Rapporti di lavoro. Siete affetti da mobbing?” articolo di Mario Gallotta pubblicato sulla rivista Bollettino del Lavoro 











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Sindromi da Patologia del Lavoro: mobbing, burnout, straining, workaholism












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Burnout dottori drogati | Bisturi e cocaina: oltre 40mila i medici che fanno uso di sostanze


Bisturi e cocaina: oltre 40mila medici coinvolti
Dalla sala operatoria al pronto soccorso. Il dieci per cento dei medici ha problemi di droga e alcol. La fatica e i turni più lunghi aggravano il problema. A Torino è nato un centro per far fronte alla situazione
Droghe e alcol negli ospedali italiani sono molto più diffusi di quanto si pensi, il problema sembra in aumento con i turni massacranti ai quali sono sottoposti i medici dopo il blocco delle assunzioni e i tagli alla sanità.
I più colpiti dalle dipendenze sono chirurghi, anestesisti, medici di pronto soccorso, psichiatri e ginecologi.
In Germania, il medico Kalus Lieb in uno studio condotto a Magonza ha scoperto che un chirurgo su cinque assumeva sostanze psicoattive legali o illegali, mentre il 15% consumava antidepressivi.

Fonte: L'inchiesta/

Sindrome di Burnout nei medici 

Il burnout influenza tutta la vita di una persona – non c’è più niente che funzioni. È lo psicoanalista Herbert Freudenberger (1927-1999)che nel 1974 ha coniato il termine “burn out” per la prima volta. Chi risulta “bruciato” (letteralmente Burn-out) è cinico, isolato e incapace di funzionare in modo efficace. E ciò può avere conseguenze particolarmente gravi specie per quanto riguarda la professione medica.

I medici spesso effettuano turni di lavoro la cui durata è imprevedibile. Lavorano con pazienti gravemente malati e con i loro familiari preoccupati. Spesso hanno pochissimo spazio da dedicare alla propria vita privata. I tempi di lavoro molto lunghi sono correlati al tasso di sindrome di burnout negli internisti, nei medici di medicina generale, nei medici di cure palliative, nei giovani medici e nei radiologi. Inoltre, i medici ospedalieri spesso sono giovani e inesperti, fattore che contribuisce ad aumentare lo stress. A questo si aggiungono le pressioni ricevute dall’alto dettate dalle potenti gerarchie ospedaliere. Gli studi hanno dimostrato che i medici più giovani soffrono più spesso di burnout rispetto a quelli più vecchi proprio a causa della loro inesperienza.

Fonte: DockCheckNews

  burnout in inglese significa "bruciarsi"
La sindrome da burnout (o semplicemente burnout) è l'esito patologico di un processo stressogeno che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali.
Maslach e Leiter (2000) hanno perfezionato le componenti della sindrome attraverso tre dimensioni:
  • deterioramento dell'impegno nei confronti del lavoro;
  • deterioramento delle emozioni originariamente associate al lavoro;
  • problema di adattamento tra la persona ed il lavoro, a causa delle eccessive richieste di quest'ultimo.
Il burnout diventa una sindrome da stress non più esclusiva delle professioni d'aiuto, è probabile in qualsiasi organizzazione di lavoro.
William Powell ha dimostrato la correlazione tra burnout ed  alienazione negli assistenti sociali.
La “sindrome del burnout” è una tipologia specifica di disagio psicofisico connesso al lavoro ed interessa, in varia misura, operatori e professionisti impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali.
Il burnout" colpisce in misura prevalente coloro che svolgono le cosiddette professioni d'aiuto o “helping professions ma anche coloro che, pur avendo obiettivi lavorativi diversi dall'assistenza, entrano continuamente in contatto con persone che vivono stati di disagio o sofferenza. Il problema è stato riscontrato in modo predominante in coloro che operano in ambiti sociali e sanitari come medici, psicologi, assistenti sociali, insegnanti, counselors, esperti di orientamento al lavoro, fisioterapisti, operatori dell'assistenza sociale e sanitaria, infermieri, guide spirituali, missionari, agenti delle forze dell'ordine e operatori del volontariato.
Il fenomeno è stato studiato, esso è stato riscontrato anche in tutti quei mestieri legati alla gestione quotidiana dei problemi delle persone in difficoltà, a partire dai poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, consulenti fiscali, avvocati, nonché in quelle tipologie di professioni educative (es. insegnanti) che generano un contatto, spesso con un coinvolgimento emotivo profondo, con i disagi degli utenti con cui lavorano e di cui guidano la crescita personale.
Se non opportunamente aiutati, questi soggetti cominciano a sviluppare un lento processo di "logoramento" o "decadenza" psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato (il termine burnout in inglese significa proprio "bruciarsi"). In tali condizioni può anche succedere che queste persone si facciano un carico eccessivo delle problematiche delle persone a cui badano, non riuscendo così più a discernere tra la propria vita e la loro.

Il burnout comporta esaurimento emotivodepersonalizzazione, un atteggiamento spesso improntato al cinismo e unsentimento di ridotta realizzazione personale. Il soggetto tende a sfuggire l'ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso e lavorando con entusiasmo ed interesse sempre minori, a provare frustrazione e insoddisfazione, nonché una ridotta empatia nei confronti delle persone delle quali dovrebbe occuparsi. Il burnout si accompagna spesso ad un deterioramento del benessere fisico, a sintomi psicosomatici come l'insonnia e psicologici come la depressione. I disagi si avvertono dapprima nel campo professionale, ma poi vengono con facilità trasportati sul piano personale: l'abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono elevati nei soggetti affetti da burnout.
La prevalenza della sindrome nelle varie professioni non è ancora stata chiaramente definita, ma sembra essere piuttosto elevata tra operatori sanitari quali medici e infermieri (ad esempio, secondo un recente studio olandese in Psychological Reports, non meno del 40% dei medici di base andrebbe incontro ad elevati livelli di burnout), insegnanti e poliziotti.

Le fasi del burnout

Negli operatori sanitari, la sindrome si manifesta generalmente seguendo quattro fasi.
  • La prima, preparatoria, è quella dell'"entusiasmo idealistico" che spinge il soggetto a scegliere un lavoro di tipo assistenziale.
  • Nella seconda ("stagnazione") il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa. L'entusiasmo, l'interesse ed il senso di gratificazione legati alla professione iniziano a diminuire.
  • Nella terza fase ("frustrazione") il soggetto affetto da burnout avverte sentimenti di inutilità, di inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti di fuga dall'ambiente lavorativo, ed eventualmente atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso.
  • Nel corso della quarta fase ("apatia") l'interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all'empatia subentra l'indifferenza, fino ad una vera e propria "morte professionale".

Le cause più frequenti di burnout sono:
  • sovraccarico di lavoro: il disadattamento è presente quando la persona percepisce un carico di lavoro eccessivo (richieste lavorative così elevate da esaurire le energie individuali, da non rendere possibile il recupero), o quando, anche in presenza di un carico ragionevole, il tipo di lavoro non è adatto alla persona (si percepisce di non avere le abilità per svolgere una determinata attività) e quando il carico emotivo del lavoro è troppo elevato (il lavoro scatena una serie di emozioni che sono in contraddizione con i sentimenti della persona).
  • senso di impotenza: il soggetto non ritiene che ciò che fa o vuole fare riesca ad influire sull'esito di un determinato evento.
  • mancanza di controllo: il disadattamento si verifica quando l'individuo percepisce di avere insufficiente controllo sulle risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro oppure quando non ha sufficiente autorità per attuare l'attività nella maniera che ritiene più efficace.
  • riconoscimento: si ha disadattamento quando si percepisce di ricevere un riconoscimento inadeguato per il lavoro svolto.
  • senso di comunità: è presente disadattamento quando crolla il senso di appartenenza comunitario all'ambiente di lavoro, ovvero quando si percepisce che manca il sostegno, la fiducia reciproca ed il rispetto e le relazioni vengono vissute in modo distaccato ed impersonale.
  • assenza di equità: si ha disadattamento quando non viene percepita l'equità nell'ambiente di lavoro in ambiti quali, ad esempio, l'assegnazione dei carichi di lavoro e della retribuzione o l'attribuzione di promozioni e avanzamenti di carriera.
  • valori contrastanti: il disadattamento nasce quando si vive un conflitto di valori nel contesto di lavoro, quando la persona non condivide i valori che l'organizzazione trasmette oppure quando i valori non trovano corrispondenza, a livello organizzativo, nelle scelte operate e nella condotta.
  • facile identificazione del personale con la malattia.

File: BurnOut.JPG
Le conseguenze del burnout

A livello individuale

  • Atteggiamenti negativi verso i clienti/utenti
  • Atteggiamenti negativi verso se stessi
  • Atteggiamenti negativi verso il lavoro
  • Atteggiamenti negativi verso la vita
  • Calo della soddisfazione lavorativa
  • Calo dell'impegno verso l'organizzazione
  • Riduzione della qualità della vita personale
  • Peggioramento dello stato di salute

Fonte: Wikipedia






Il burn out del medico di pronto soccorso
di Alessandro Sabidussi
Medico della medicina d’urgenza e pronto soccorso dell’ospedale Gradenigo di Torino

"Cari colleghi,
Ogni professione per chi la svolge contiene aspetti di sofferenza e di disagio più o meno connaturati alla professione stessa, ma comunque inevitabili. Spesso sono fortemente caratterizzanti quel tipo specifico di attività, se non addirittura elementi di selezione meritocratica. Pensiamo ad esempio al rischio per la propria incolumità per chi presta servizio nei corpi di Polizia o dei Vigili del Fuoco, l’aspro confronto dialettico per chi professa l’avvocatura o l’attività di rappresentanza politica o sindacale, il peso della responsabilità decisionale per un magistrato o per un funzionario di banca, la necessità di raggiungere e mantenere elevati livelli di concentrazione per un pilota di aerei o per un controllore di volo, l’ansia di produrre un buon pezzo nei tempi stabiliti per un giornalista, l’esigenza di pianificare costantemente strategie vincenti a breve, medio e lungo termine per un manager di azienda, e l’elenco potrebbe proseguire occupando diverse pagine." (continua)

Fonte: simeublog






Vi siete mai chiesti in quali mani è la nostra salute? A chi l'affidiamo? E a cosa rinunciamo e perdiamo o rischiamo di perdere delegandola ad altri. Abdicando a noi stessi. 





"La medicina convenzionale è colonizzata in modo clamoroso. Su quali basi possono strombazzare che guariscono
La gente può solo guarire nonostante gli interventi medici. La gente guarisce per autoguarigione. Noi siamo esseri dotati di strumenti di autoguarigione
Uno che affida il suo corpo alla medicina corre dei rischi gravissimi
La gente che pensa di fare un salto nel buio lo fa quando affida se stesso alla medicina di oggi. 
La medicina di oggi è sballante, è invasiva."




"Non sono medico e mi vanto di non essere medico. Ho dei medici in famiglia
Chi è medico è molto condizionato. Si imbottisce di farmaci e di farmacologia.  A livello di cure è negato

Immagine | via Wikimedia 
La medicina fa degli errori clamorosi, gravissimi
Roba di mandarli tutti in galera. Va bene? Non esagero. Perché questo? Hanno stabilito di fare la cura sul sintomo che è un errore clamoroso. 
Sai perché non vanno in galera? Semplicemente perché sono difesi dalla leggeHanno l'esclusiva.

Non bisogna curare il sintomo ma  curare il fattore causante

Quando dico a livelli estremo: non bisogna curare il tumore ma la tumorosità del corpo, la tendenza del corpo a creare dei tumori che tutti noi abbiamo delle creazioni continue e anche delle remissioni spontanee. 

Sono leggi che la medicina non conosce. Sono ignorantantissimi in queste cose.

Ogni corpo  segue un percorso e tende a difendere se stesso.
Il corpo tende a guarire. Non va mai contro se stesso"












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AVVOCATI "BRUCIATI" DA C.F. & Co. | VESSAZIONI e "SINDROME DI BURNOUT”: disagio psicofisico connesso al lavoro

BURNOUT in inglese significa "bruciarsi"
La “sindrome del burnout” è un disagio psicofisico connesso al lavoro ed interessa, in varia misura, operatori e professionisti impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività relazioni interpersonali.
Il burnout" colpisce in misura prevalente le cosiddette professioni d'aiuto o “helping professions” e coloro che, pur avendo obiettivi lavorativi diversi dall'assistenza, entrano continuamente in contatto con persone che vivono stati di disagio o sofferenza. Il problema è stato riscontrato in coloro che operano in ambiti sociali e sanitari come medici, psicologi, assistenti sociali, insegnanti, counselors, esperti di orientamento al lavoro, fisioterapisti, operatori dell'assistenza sociale e sanitaria, infermieri, guide spirituali, missionari, agenti delle forze dell'ordine e operatori del volontariato.
Il fenomeno è stato riscontrato anche in tutti i mestieri legati alla gestione quotidiana dei problemi delle persone in difficoltà, a partire dai poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, consulenti fiscali, avvocati, nonché in quelle tipologie di professioni educative (es. insegnanti) che generano un contatto, spesso con un coinvolgimento emotivo profondo, con i disagi degli utenti con cui lavorano e di cui guidano la crescita personale.
Se non opportunamente aiutati, questi soggetti cominciano a sviluppare un lento processo di "logoramento" o "decadenza" psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato (il termine burnout in inglese significa proprio "bruciarsi"). In tali condizioni può anche succedere che queste persone si facciano un carico eccessivo delle problematiche delle persone a cui badano, non riuscendo così più a discernere tra la propria vita e la loro.
Il burnout comporta esaurimento emotivo, depersonalizzazione, un atteggiamento spesso improntato al cinismo e un sentimento di ridotta realizzazione personale.



Le cause più frequenti di burnout sono:

  • sovraccarico di lavoro: il disadattamento è presente quando la persona percepisce un carico di lavoro eccessivo (richieste lavorative così elevate da esaurire le energie individuali, da non rendere possibile il recupero), o quando, anche in presenza di un carico ragionevole, il tipo di lavoro non è adatto alla persona (si percepisce di non avere le abilità per svolgere una determinata attività) e quando il carico emotivo del lavoro è troppo elevato (il lavoro scatena una serie di emozioni che sono in contraddizione con i sentimenti della persona).
  • senso di impotenzail soggetto non ritiene che ciò che fa o vuole fare riesca ad influire sull'esito di un determinato evento.
  • mancanza di controllo: il disadattamento si verifica quando l'individuo percepisce di avere insufficiente controllo sulle risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro oppure quando non ha sufficiente autorità per attuare l'attività nella maniera che ritiene più efficace.
  • riconoscimentosi ha disadattamento quando si percepisce di ricevere un riconoscimento inadeguato per il lavoro svolto.
  • senso di comunità: è presente disadattamento quando crolla il senso di appartenenza comunitario all'ambiente di lavoro, ovvero quando si percepisce che manca il sostegno, la fiducia reciproca ed il rispetto e le relazioni vengono vissute in modo distaccato ed impersonale.
  • assenza di equità: si ha disadattamento quando non viene percepita l'equità nell'ambiente di lavoro in ambiti quali, ad esempio, l'assegnazione dei carichi di lavoro e della retribuzione o l'attribuzione di promozioni e avanzamenti di carriera.
  • valori contrastanti: il disadattamento nasce quando si vive un conflitto di valori nel contesto di lavoro, quando la persona non condivide i valori che l'organizzazione trasmette oppure quando i valori non trovano corrispondenza, a livello organizzativo, nelle scelte operate e nella condotta.
  • facile identificazione del personale con la malattia.


Le conseguenze del burnout

A livello individuale

  • Atteggiamenti negativi verso i clienti/utenti
  • Atteggiamenti negativi verso se stessi
  • Atteggiamenti negativi verso il lavoro
  • Atteggiamenti negativi verso la vita
  • Calo della soddisfazione lavorativa
  • Calo dell'impegno verso l'organizzazione
  • Riduzione della qualità della vita personale
  • Peggioramento dello stato di salute


Fonte: Wikipedia


In questo quadro dissestato ed irto di difficoltà si è intersecata C.F. con l'iscrizione coattiva a Cassa forense, con la cd. operazione di BONIFICA ALBI e con le sue pretese previdenziali, che previdenziali non sono, trattasi bensì di altro: cupidigia caparbia e ottusa, condita da ilare irresponsabilità, da privilegi di potere e da un pizzico di vincente arteriosclerosi.



Dicasi professione forense se e quando ti consentono di farla, ed alle loro inaccettabili condizioni.
Condizioni che di solito non consentono, anzi che fanno fuggire il prima possibile dal sistema da loro architettato.

In gioco c'è il lavoro, mica poco.

La ricca professione, quella che "arricchisce", come loro la pretendono, se le tengono stretta per loro, e per i loro adepti, che stanno alle loro regole senza discutere, e pagano i loro bravi "contributacci" di rango, .






CASSA FORENSE E LA MARATONA DI NEW YORK | New York Marathon Lawyers and Friends 

UNA RICCA CASSA FORENSE FINTAMENTE SPORTIVA,  MODAIOLA,  DI REGIME  E DEMAGOGICA

Demagogia è un termine di origine greca (composto di demos, "popolo", e aghein, "trascinare"):
indica un comportamento politico di false promesse che mira ad accaparrarsi il favore a fini politici o per il raggiungimento/conservazione del potere.






Cassa Forense and Friends


"Cassa Forense si occupa di previdenza e assistenza in favore di tutti gli avvocati italiani.
Il Regolamento sull’assistenza evidenzia la possibilità di un’attività di prevenzione in favore dell’avvocatura."


La Cassa Forense, quest’anno, dopo il successo dello scorso, ha ancora organizzato la New York Marathon Lawyers and Friends (05.11.17www.terramia.com/cassaforense)".

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«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza» (Lev Tolstoj)

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