giovedì 8 novembre 2018

LO STALKING OCCUPAZIONALE

Lo stalking occupazionale



"Cos'è e come si realizza lo stalking occupazionale, come riconoscerlo e combatterlo"





Novembre 2018 | Avvocato Gabriella Filippone | Rassegna e commenti notizie on line




















da un articolo di Bartolo Danzi 
pubblicato su Studio Cataldi



"Lo stalking occupazionale è la persecuzione del lavoratore da parte del datore di lavoro o di un superiore gerarchico, in cui lo stalker giunge finanche ad alterare le abitudini di vita quotidiane della vittima per motivazioni derivanti dal rapporto di lavoro ove viene realizzato, subito con una situazione conflittuale, l'atto persecutorio o il mobbing.


Anche una situazione conflittuale non realizzata, ma rimasta a livello di intenzione, non manifestatasi può essere foriera di evolvere in Stalking Occupazionale." (leggi l'articolo integrale).




E' un pò come fa cassa forense noi noi: stalking occupazionale inteso come impossibilità di svolgere la professione, al punto tale di giungere ad abbandonarla, così incastrandoci. Non trovate similitudini?







I FENOMENI DELLO STRAINING , del
MOBBING  e dello STALKING OCCUPAZIONALE 
POSSONO essere per similitudine riferiti,
equiparati o assimilati allo status dei LAVORATORI 
AUTONOMI INDIPENDENTI, nella fattispecie agli 
AVVOCATI  che SI PERCEPISCONO 
o SI SONO PERCEPITI in un certo qual senso
"STALKERATI" da alcune
precise PRETESE APICALI?  
QUALI SONO LE SIMILITUDINI?








Alcuni Colleghi hanno commentato: 


Vincenzo De Rosa Esatto Gabriella Filippone! Cassaforense non fa proprio "stalking occupazionale" (grazie a Dio non è il nostro datore di lavoro...), semmai fa qualcosa di peggio e per certi versi anche di più "raffinato": ti mette soltanto la "corda" tra le mani, e il resto te lo lascia fare da solo....
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Marcello Marini Quando, tanti anni fa, veniva allo studio l'Esattore della CASSA e mi perseguiva, perché, privo di redditi e/o di lavoro remunerato, non potevo pagare il "contributo" "obbligatorio" ed io, non avendo altra via di uscita, ero costretto a fare immaniAltro...
Gestire




Vincenzo De Rosa Certo Marcello Marini, ora le cose sono peggiorate rispetto ai "tuoi tempi", perchè mentre prima eravate davvero "pochini" ad essere iscritti a cassaforense (meno del 10% degli avvocati italiani), ora invece c'è quella vigliaccata chiamata articolo 21 L.P., norma che "zitta zitta", nel silenzio più assordante di chi avrebbe dovuto difendere e rappresentare l'avvocatura italiana (il cui il 90% è costituito da studi legali "mono-dominus" e non certo da mega studi internazionali con decine di avvocati!), ci ha legato tutti mani e piedi a cassaforense che, "evolvendosi", non ci manda più l'esattore (come ai tuoi tempi...) ma direttamente la cartella di pagamento (ex equitalia, tanto per intenderci...). La chiamano "leva previdenziale": inizia sotto il profilo "deontologico" (ovviamente la deontologia non ci azzecca nulla quando non si hanno i soldi per pagare certe cose....) e finisce con l'espulsione (o meglio, l'autoespulsione...che è ancora più dolorosa per chi vi è costretto) dal "sistema" (cancellazione dall'albo). Meglio ai tuoi tempi scommetto, vero??



SUMMER TIME e l'inutilità di certi | Subtitolo:"MALVAGI GIOCO FORZA"


L'immagine può contenere: spazio all'aperto
Immagine scattata in tempo reale in Kenia anno 2018 | di proprietà di Giusi Smiriglia







Articolo correlato:

Subtitolo:"MALVAGI GIOCO FORZA"














INFATTI IO NON MI SONO CANCELLATA: #SONO STATA CANCELLATA DA CF


NUNZIO LA PACCHIA E' FINITA PER TE! Per dirla ironicamente alla Salvini e non a  caso. 

"Prima gli italiani" però la Cassa forense vanta il privilegio illegittimo di scegliersi quali italiani far lavorare e quali no: 

RAZZISMO TRA GLI STESSI ITALIANI SU BASE REDDITTUALE PROFESSIONALE.
 RIVOGLIO IL  RUOLO CHE MI AVETE ESTORTO O IL RISARCIMENTO DEI DANNI!  
(non escluse entrambe le richieste comulativamente)




#DIMAIO #SALVINI







QUELLO E' IL PROBLEMA SE VUOI ESSERE LIBERO
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  Articolo pubblicato su questo blog nel mese dicembre 2017

SI FESTEGGIA: CF MI HA CANCELLATA | Nothing Else Matters


Nothing Else Matters


ADIEU CASSA FORENSE DETESTO I GUAI DA TE PROCURATI  A TANTI AVVOCATI e pure a me






IL MESSAGGIO PEC DI CASSA FORENSE:

Oggetto:
Cancellazione Cassa art. 6 del
Regolamento di attuazione ex
art. 21, commi 8 e 9, l.
247/2012


EGREGIO AVVOCATO
(...)
Le comunico che la Giunta Esecutiva, nella seduta del 24/11/2017, preso atto
della Sua sospensione volontaria ex art. 20, secondo comma, della legge 247/2012, ha
deliberato di procedere alla Sua cancellazione dalla Cassa dal 15/09/2016 come
previsto dall’art. 6 del Regolamento di attuazione ex art. 21, commi 8 e 9, della
suddetta Legge.
Conseguentemente si è provveduto all’annullamento delle eventuali richieste di
pagamento dei contributi non più dovuti.
La informo che qualora dalla verifica della Sua posizione, sia emerso un debito
contributivo, troverà in allegato il/i relativo/i prospetto/i.
Avverso la predetta delibera è ammesso, ai sensi dell’art. 23 dello Statuto,
reclamo al Consiglio di Amministrazione da presentarsi mediante raccomandata con
avviso di ricevimento entro un mese dalla data di ricevimento della presente
comunicazione utilizzando l’apposito modulo presente nel sito internet
www.cassaforense.it.
Ai sensi dell’art. 443 c.p.c., la domanda giudiziaria relativa alle controversie in
materia di previdenza ed assistenza obbligatoria non è procedibile se non quando siano
esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciale per la composizione in sede
amministrativa.
Distinti saluti.
Il Responsabile del Servizio



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venerdì 3 agosto 2018


COME FANNO A CANCELLARTI DA CASSA FORENSE? COSTRINGENDOTI.

Immagine di proprietà di Gabriella Filippone


Ho condiviso e commentato  e commentato un post di Eugenio Naccarato  nel gruppo fb "


AVVOCATURA LIBERA dai contributi minimi obbligatori ed altre vessazioni

Gruppo pubblico 

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"L'Avvocatura non può essere controllata e cancellata sulla base di decreti ministeriali!
Tuteliamo la nostra libertà, posta a base della difesa dei diritti degli ultimi.
Catania è vicina e noi faremo sentire tutta la nostra indignazione, anche per conto di tutti quei colleghi che sono stati costretti a cancellarsi dall'albo per motivi economici."

Riporto alcuni commenti

Adriana Pignataro Ma se sei iscritta all'Ordine come fanno a cancellarti se è obbligatoria iscrizione
alla Cassa?
Gestire



Gabriella Filippone decidono chi far lavorare e chi no, se non paghi i loro contributi come richiesti, ti tolgono la possibilità di esercitare la professione. [ Altro che" PRIMA GLI ITALIANI"! In CF funziona diversamente] Prima la cassa (magnaccia) poi voi. sai i quanti ricorsi contro le cartelle di equitalia e agenzia entrate riscossione azionate da CF contro gli avvocati?
Gestire






Ulisse Io comunque stanno commettendo dei crimini. e quando li si sente dire che rispettano la legge, a parte che ci sarebbe da ridire su tanti aspetti; ma in ogni caso usare le leggi per raggiungere comunque un risultato vietato dal legislatore non significa essere a posto e rispettosi delle norme. Se si svegliasse la Colleganza, molti finirebbero in manette, e dico in manette, qualora le Autorità preposte "incrociassero" alcuni dati
Gestire



Ulisse Io Altro che riempirsi la bocca parlando di merito, quanto loro stessi occupano certi posti per opera dello spirito santo che devono ringraziare. perche' senza protezione tornerebbero nella popo' della loro ignoranza senza fondo
Gestire



   
Ulisse Io In un Paese minimamente normale, un luciano era al minimo sospeso dall'attivita' professionale; un gioia di lello alle prese col dover risarcire i danni arrecati, e non semplicemente sparito dalla circolazione e chi s'e visto se visto
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Ulisse Io i delegati che sparano "minchiate" agli eventi formativi, quantomeno obbligati a frequentare corsi di riqualificazione per colmare le lacune... almeno cazzarola. ma forse cosa peggiore sono i colleghi che le panzane le ascoltano, e poi, o non le sanno riconoscere, ed e' grave, o tacciono, ed e' parimenti grave
Gestire


Ulisse Io Si parla spesso di parassiti. E cos'altro e' in uno Stato dove la previdenza e' gestita dal 97% dall inps e da "funzionari qualificati", una Cassa previdenziale se non una amalgama ed accozzaglia di parassiti. La peggiore, poi, e' proprio quella degli avvocati; perche' sanno, o dovrebbero sapere quale e' il bene pubblico e come perseguirlo, ed invece decantano la bonta' del loro ente. se non e' pazzesco questo 🤔









mercoledì 4 luglio 2018






I FENOMENI DELLO STRAINING , del
MOBBING  e dello STALKING OCCUPAZIONALE 
POSSONO essere per similitudine riferiti,
equiparati o assimilati allo status dei LAVORATORI 
AUTONOMI INDIPENDENTI, nella fattispecie agli 
AVVOCATI  che SI PERCEPISCONO 
o SI SONO PERCEPITI in un certo qual senso
 "STALKERATI" da alcune
precise PRETESE APICALI?  
QUALI LE SIMILITUDINI?








sabato 31 marzo 2018


Lo straining è una forma attenuata di mobbing | Risarcimento del danno da straining



to strain 
IT





Risarcimento del danno da "straining"




Immagine: via Wikimedia 

Con la sentenza n. 7844, depositata nel mese di marzo 2018, la Corte di cassazione ha precisato che lo straining non è altro che una forma attenuata di mobbing nella quale manca il carattere della continuità delle azioni vessatorie



Lo straining può giustificare il risarcimento del danno ove l'azione vessatoria abbia provocato frustrazione personale e professionale.



Nel caso esaminato  dai giudici del Palazzaccio il danno da 'stress forzato' è stato riconosciuto in capo a un dipendente costretto 'a lavorare in un ambiente di lavoro ostile, per incuria e disinteresse nei confronti del suo benessere lavorativo'



La Corte ha censurato il comportamento del datore di lavoro che sarebbe venuto meno all'obbligo di evitaresituazioni 'stressogene' capaci di minare l'integrità psico-fisica del lavoratore.





Titolo:  Lavoro, ok al danno da 'straining'
Autore:  Valerio Vallefuoco
Fonte:  Il Sole 24 Ore  



IL MOBBING DI CASSA FORENSE

MOBBING: ABUSI




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GABRIELLA FILIPPONE

MOBBING: ABUSI - A cura dell’Avv. Gabriella Filippone, Foro di Pescara -
(Articolo)

Da diversi anni sociologi e medici specializzati nello studio dei complessi e vari problemi del mondo del lavoro hanno scoperto uno strano e sconcertante fenomeno: il Mobbing, la pratica dell’insana persecuzione, ai danni di inconsapevoli lavoratori.
Il termine inglese potrebbe far pensare ad una nuova moda o ad uno sport estremo. Nulla di tutto ciò.
Il Mobbing (dal verbo inglese “to mob”: attaccare, assaltare) designa in etologia il comportamento di alcune specie animali, solite circondare un membro del gruppo e isolare il dipendente e nei casi più gravi ad espellerlo; pratiche il cui effetto è quello di intaccare gravemente l’equilibrio psichico del prestatore, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in sé stesso e provocando catastrofe emotiva, depressione e talora suicidio.

Il Mobbing può distinguersi in “orizzontale” e “verticale”, a seconda che i comportamenti ostili siano posti in essere dai colleghi o dai superiori.

La figura del Mobber viene impersonata all’interno delle aziende e dei luoghi di lavoro in genere, da un capo, da un collega o da un altro personaggio di per sé insignificante, i quali, in modo subdolo e nascosto, agiscono, senza una ragione apparente, all’interno della comunità dei lavoratori, per sottoporre a continua persecuzione, un lavoratore ignaro inconsapevole delle manovre perpetrate ai suoi danni.
L’accertamento diagnostico si rende più difficile e incerto quando la pratica del Mobbing viene perpetuata da soggetti insospettabili, apparentemente amici e compagni di lavoro delle stesse vittime, come il vicino di scrivania, altrimenti da un personaggio insignificante e distante.
Caratteristica comune alle tipologie di Mobber sarebbe l’apparente indifferenza di tali soggetti nei confronti di quanto accade nel posto di lavoro, mentre intensa, ascosa, continua, permane la loro propensione alla maldicenza, al gusto di creare situazioni paradossali tra compagni di lavoro, annientando la personalità di qualcuno di essi: questo “qualcuno” è la vittima.


Tra gli studiosi la domanda: i lavoratori mobbizzati sono veramente malati o sono malati i loro persecutori? Sorge il sospetto che il vero malato sia proprio il Mobber; tale personaggio però sfugge, mentre la vittima si ammala, perde giorni di lavoro, soffre di patologie mai prima accusate. 


In un intervento di Luigi Orsini, pubblicato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pescara, sulla rivista di giurisprudenza PQM, si è fatto il punto sull’indagine svolta da medici e sociologi del lavoro e sull’orientamento giurisprudenziale e legislativo; sono stati illustrati i punti sostanziali di uno studio esposto nell’Università di Teramo, per la Scuola di specializzazione in diritto del lavoro, dal Prof. La Rosa – Ordinario di sociologia del lavoro nell’Università di Bologna – in cui si evidenziano i risultati statistici di indagini condotte in vari Stati dell’Unione Europea: nel 1998, oltre 12 milioni di lavoratori – oltre l’8,1%  dei lavoratori dell’Unione – sono stati individuati come vittime del Mobbing; in Italia, vanno compresi circa 1 milione di lavoratori tra i soggetti sottoposti a Mobbing: il 5% della forza lavoro.

Tali considerazioni consentono di ritenere gli effetti del Mobbing come un aspetto socialmente rilevante nel mondo del lavoro, nel quadro della vita economica e produttiva del nostro Paese. Invero ogni giorno, molti lavoratori si ammalano, molti altri non sono in grado di produrre, altri cercano la via delle dimissioni, così risolvendo unilateralmente un rapporto di lavoro divenuto assurdo, faticoso, ossessivo.

Gli studiosi avvertono che il Mobbing entra nelle varie realtà del mondo del lavoro, come un virus sconosciuto, che danneggia l’attività produttiva nei suoi due aspetti essenziali della quantità dei beni prodotti o dei servizi e della qualità dei medesimi: esso attacca la sanità fisica e mentale dei lavoratori, i quali, quando sono fortunati si accorgono molto presto dell’origine dei loro mali e reagiscono ad essi per tempo, magari cercando un altro lavoro prima che sia troppo tardi, quando sono meno fortunati giungono all’abbandono del lavoro, mediante dimissioni incondizionate o addirittura tentano il suicidio.

Sociologi e medici del lavoro, cui si è fatto cenno, gli specialisti impegnati in tale campo nuovo e cosparso di insidie, meditano sui risultati accertati, per poter giungere a schemi di diagnosi precoci, essendo certi che il male, se lasciato alla sua voracità distruttiva, conduce a patologie irreversibili.

In questo quadro, si evidenziano taluni risultati della ricerca medico- sociologica che riconducono alla pratica del Mobbing. 

La diagnosi dei sintomi dei mali procurati al lavoratore è difficile ed incerta, spesso i disturbi attengono a mali comuni (come frequenti mal di testa, ulcere, dermatosi, tachicardia o malesseri vari accusati dal paziente quali mal di schiena, nausee e così via).

Quando il paziente è un lavoratore, che vive il proprio impegno di lavoro in una realtà aziendale dove vi sono tanti lavoratori, allora il diagnostico, medico o psicologo, deve esaminare anche altre sindromi denunziate dal paziente: perdita di memoria, insonnia, ansia, panico, depressione e così via.

La diagnosi precoce, essenziale in questi casi, va costruita con l’aiuto del paziente: trattandosi però di un sospetto di Mobbing, il medico chiamato ad accertare la causa di un mal di testa persistente o di un mal di schiena o di insonnia quasi irreversibile, deve ricondurre il sospetto sul piano lavorativo del paziente; questi sintomi ed altri ancora – a volte estremamente soggettivi – nel quadro completo della vita di un lavoratore, di un impiegato, di un dipendente, possono condurre alla scoperta del Mobbing. 

Colui che pratica la manovra del Mobbing, a danno della salute fisica e psichica del lavoratore, è individuabile per atteggiamenti che non sfuggono e che delineano comportamenti da affrontare con decisione.

Le diagnosi sul persecutore: si ritiene che costui possa essere un megalomane (individuo che crede di essere ciò che non è), oppure un frustrato (individuo ossessionato da proprie carenze e che cerca di scaricarne su altri i mortificanti effetti), ovvero un narcisista (indicato come “narcisista perverso”); la figura del narcisista è la più diffusa



Caratteristiche costanti in talune figure di Mobber: - trattasi, spesso, del capoufficio (o del capo), del caporeparto, del dirigente, del “caposquadra”, di un incaricato dell’organizzazione aziendale che non vi riesce e tenta di scaricare la propria incapacità sugli altri, ritrovando nella sofferenza altrui una parvenza di equilibrio del proprio essere; - trattasi spesso di personaggi che non vivono una propria vita lineare, non se ne sentono protagonisti ed avvertono interiormente un conflitto tra ciò che sono e ciò che vorrebbero essere: il cui conflitto non sfocia in una decisione di superamento del proprio stato, in quanto comporterebbe tutta la propria buona volontà necessaria per salire in alto o per restare sereni nella stessa posizione.
Indubbio che tutte le situazioni di tale complessità psichica generano dolore. Tale dolore, quando viene avvertito dal soggetto sotto forma di disagio, può e deve rientrare nel normale svolgimento della vita.
Quando il dolore non è avvertito, neanche come disagio, l’individuo diventa persecutore, maldicente, pronto ad usare tutte le astuzie per veder soffrire un altro individuo, diventa Mobber: ordisce la pratica del “transfert” del dolore, dell’inferiorità intimamente riconosciuta dalla sua subcoscienza. L’attuazione, quando riesce, del “transfert” in parola, comporta la presenza di due soggetti: il soggetto portatore originario della propria incapacità di vivere e del conseguente connesso “dolore” e il soggetto cui il dolore si trasferisce, nelle forme più varie, tutte riconducibili al Mobbing, che è persecuzione e tortura: la vittima si ammala e non sa il perché.


La letteratura in materia è ancora scarna, in assenza di studi definitivi e certi che espongano scientificamente le patologie del Mobbing, esistono risultati statistici, ottenuti con rigore scientifico, che rappresentano un supporto teorico per l’individuazione di un caso di Mobbing. 
La diagnosi non basta, dunque, occorre la terapia per guarire i mali che il Mobbing arreca alla salute del lavoratore che ne è vittima: la terapia possibile è quella di rimuovere la figura del Mobber dalla sua posizione subdola rendendolo innocuo; affrontare il persecutore per riportarlo alla realtà. L’opinione prevalente è che la tematica debba essere esaminata dal Legislatore, discoprendosi nei comportamenti del Mobber, senza dubbio, un allarme sociale di enorme gravità. Gli studiosi del fenomeno ritengono che al di là della diagnosi del medico o dello psicologo, la pratica del Mobbing vada guardata nell’ambito delle norme del nostro Ordinamento penale che prevedono la tutela della persona umana e della sua salute.
Sul tema molta strada dovranno percorrere gli operatori del diritto; si apre una prospettiva di indagini e di interventi per il sindacato, che opera in prima linea sul posto di lavoro. Il Legislatore, nel 1970 ha posto in gran rilievo la sanità psicofisica dei lavoratori: nello Statuto dei lavoratori è sancito il principio che il sindacato tramite le proprie strutture organizzative, può e deve attivarsi, in ogni realtà lavorativa, per la sanità psicofisica dei lavoratori. 


La giurisprudenza già traccia sentieri percorribili per una individuazione di responsabilità del datore di lavoro, in ordine all’obbligo di risarcimento dei danni sofferti dal lavoratore in connessione e a causa di eventi verificatisi nel posto di lavoro e che abbiano cagionato nocumenti, a volte irreparabili, alla persona fisica del lavoratore ed alla sua psiche; dalla giurisprudenza formatasi su tale norma si riconducono situazioni e condizioni di lavoro che sottopongono il lavoratore al trauma del Mobbing.
La magistratura si sofferma sull’indagine delle condizioni ambientali e psicologiche che caratterizzano il posto di lavoro nella sua complessità, non solo sotto il profilo materiale –azienda, infrastrutture, condizioni climatiche e così via – anche sotto il profilo della serenità dei rapporti tra datore e lavoratore, facendosi riferimento ai rapporti interpersonali; della serenità dei rapporti personali tra i lavoratori, prescindendosi dalle mansioni che svolgono per ragioni di organizzazione tecnica della produzione.
L’orientamento della giurisprudenza del lavoro si incentra sull’esame dell’art.2087 cod. civile ( Tutela delle condizioni di lavoro), che attiene all’obbligo del datore di lavoro di tutelare “l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”: quindi ad impedire e scoraggiare con efficacia contegni aggressivi e vessatori da parte di preposti e responsabili nei confronti dei rispettivi sottoposti.

Le strade sono tracciate in tante decisioni dalla giurisprudenza, anche se riferite a situazioni in cui non si evidenzia specificamente la pratica del Mobbing, se ne indicano le due più significative: una della giurisprudenza di merito del 1998, Tribunale di Milano: “risponde di illecito contrattuale ex art.2087 c. c. e quindi con esclusione del danno morale, il datore di lavoro che, pur informato degli atti di molestia, non provveda alla tutela del dipendente molestato …”; l’altra della Cassazione Civile Sez. Lavoro n.8422/1997: “la disposizione di cui all’art.2087 c. c. rappresenta una norma di chiusura del sistema antinfortunistico estensibile a situazioni ed ipotesi non ancora espressamente previste dal Legislatore ed impone al datore di lavoro l’obbligo di tutelare l’integrità psicofisica dei dipendenti …”, sia in base al rilievo costituzionale del diritto alla salute, sia dei principi di correttezza e buona fede contrattuale. 

Il Tribunale di Torino, con sentenza del 16.11.99 ha stabilito che il datore di lavoro è chiamato a rispondere del risarcimento del danno sofferto (sia biologico sia da dequalificazione professionale) da liquidarsi in via equitativa, oltre interessi legali. La sentenza pone conseguenze pesanti volte a colpire duramente i colpevoli diretti e i superiori che fingessero di non vedere. 

Come contrastare il Mobbing. Il primo consiglio: armarsi di pazienza e raccogliere le prove (testimonianze, dichiarazioni scritte, ecc.) delle vessazioni subite ed in atto.


(Avv. Gabriella Filippone) 

Bibliografia e riferimenti: 
- “Interventi. “Mobbing. Abusi nel posto di lavoro” di Luigi Orsini, intervento pubblicato sulla rivista di giurisprudenza PQM n.II/98. 
- “Rapporti di lavoro. Siete affetti da mobbing?” articolo di Mario Gallotta.





Pubblicato (parecchio tempo fa)  su Worldlawbook








«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza» (Lev Tolstoj)


La rassegna stampa è una sintesi e fornisce i riferimenti dell'articolo (testata, autore, titolo) per reperire sul quotidiano o altra fonte l'articolo completo. 

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