giovedì 6 novembre 2014

LA LETTERA SFOGO DI UNA COLLEGA AVVOCATO E IL TAM TAM TRA I COLLEGHI



CI VOGLIONO COSI'?


Articolo di Gabriella Filippone (avvocato)Pubblico l'amaro e triste sfogo di un Avvocato siciliano, Elisabetta, che ha sentito di dover inviare una missiva al suo COA di appartenenza. 

La missiva è stata poi diffusa anche on line dai Colleghi, come un "tam tam" tra i gruppi forensi.


Un "J'accuse" perché si sappia, questa è la condizione di tanti liberi professionisti in Italia, avvocati, architetti, ingegneri, medici geometri ... ed è anche quella di altri, lavoratori autonomi quali gli artigiani, i commercianti, piccoli imprenditori, insomma un po' tutto il cd. "popolo dei professionisti e delle partite IVA" è interessato al fenomeno sociale ed economico in atto.







Il problema è che non solo c'è poco lavoro o è mal distribuito (secondo le opinioni correnti) è che vogliono proprio incastrarci di debiti, sbatterci fuori. E ad oggi, per quanto riguarda specificamente la nostra categoria forense, hanno dimostrato di poterlo farlo, imponendo il famigerato regolamento.


Ci pretendono  in Cassa e pretendono soldi, anche se e quando non hai prodotto reddito. Non ci lasciano in pace. Si sono inventati i contributi minimi obbligatori. Una sorta di mixture  tra "mobbing e stalking professionale" molto spinta, nella "complice" o "compiacente" indifferenza statale/governativa. Uno Stato indebitato che vuole anche noi indebitati.


Stiamo reagendo, è stato impugnato davanti al Tar del Lazio il noto Regolamento di Cassa Forense, ne è stata chiesta  la sospensiva.

Ci stiamo provando ad evitare l'esodo dall'Albo dei Colleghi, considerati dall'Ordinamento Forense una "zavorra" e precipitati dalla Cassa di categoria in una situazione di debitori legali in quanto il titolo è considerato presuntivo di reddito (magari!).

Fase cautelare: l'udienza per la sospensiva chiesta con Ricorso patrocinato dall'A.Gi.For (Associazione Giovanile Forense) avverso il Regolamento Previdenziale di Cassa Forense è stata fissata dal TAR del Lazio per il 1 dicembre 2014, ore 9.45, Sezione III Bis .


Considerazioni di Stefano Rodotà in "La rivoluzione della dignità": "Se le nuove opportunità sono offerte selettivamente, se l'accesso dipende dalle risorse finanziarie" dei singoli "si giunge ad una società castale; si opera una riduzione della cittadinanza, che diviene censitaria; più drammaticamente , si giunge ad un human divide ... insomma si materializza un'utopia al contrario, un'utopia negativa ...."



Ammiro la dignità della Collega e pubblico di seguito la sua missiva. Un'avvertenza: qualcuno/a ha ammesso di aver pianto o di essersi ritrovata/o a trattenere le lacrime agli occhi durante o a seguito della lettura. Potrebbe accadere anche a Voi. Se non volete assumerVi questa possibilità, questo rischio, evitate di leggere.







"Questa lettera non vuole essere nient'altro che quello che è: lo sfogo di chi non ce la fa più a tenersi tutto dentro nell'ennesima giornata in cui si cercano risposte al perché è andata così.



Sono un avvocato, mi sono laureata con il massimo dei voti 11 anni fa, ho fatto pratica in uno studio "importante", mi sono subito abilitata alla professione. Ho anche conseguito un Dottorato presso la nostra Università con cui mi onoro di continuare a collaborare, ovviamente senza percepire compensi ed oggi, a 37 anni, io non ho un euro in tasca. Quest'anno non ho guadagnato nulla; ma non il nulla che si dice tanto per dire o perché si deve evadere; NULLA NULLA. Faccio parte del popolo della Partita Iva, quello degli evasori per antonomasia; ma di quella parte di quel popolo a cui piacerebbe poter evadere il fisco per una ragione diversa dalla sopravvivenza. Io non percepisco disoccupazione, non godo di Cassa Integrazione né di procedure di mobilitá, non ci sono ammortizzatori sociali per me che ho perso il lavoro ma non posso dirlo: perché nessuno ti crede, perché un avvocato non può aver perso il lavoro e non può essere disperato. Non ho un cognome potente ma due genitori che mi hanno insegnato che la dignità viene prima di ogni cosa e per questo non mi sono venduta ad un sistema in cui se fai il "parafangaro", di sinistri falsi ancor meglio, sei sistemato alla grande! Ho sempre pensato che il Diritto fosse una cosa diversa da un colpo di frusta, che il Diritto fosse studio, ricerca, scoperta, invenzione, educazione, moralità, rispetto delle regole. E, invece, ho capito che non serve nemmeno scrivere in corretto Italiano.




Sono un avvocato che non lavora e che ogni giorno va a caccia di un’idea che le permetta di cambiare pagina e vita cercando di ripetere a se stessa che non ha buttato nella spazzatura gli anni migliori della propria vita.



Non sarò ricevuta dal Papa nè da Renzi perché, fondamentalmente, non esisto. Nessuno crede a un avvocato senza lavoro e senza soldi! Nemmeno la mia cliente che seguo col gratuito e che va far le pulizie riesce a credere che lei guadagna più di me! Certo in un paese normale non dovrebbe essere così; io e il mio cervello dovremmo essere impegnati in ben altro che nell'invidiare la dichiarazione dei redditi della Colf che il “parafangaro” di cui sopra ha appena assunto, in nero, nella sua bella villetta comprata con l'ultimo sinistro in cui, grazie a Dio, c'è scappato il morto!



Io la mia tragedia me la sono vissuta in silenzio e come me tanti e tanti colleghi con cui ti ritrovi a parlare silenziosamente e mestamente. Ma non è giusto. Tutti giustamente protestano, tutti vanno in TV, tutti si straziano pubblicamente e perché io, che a dicembre, come tanti altri, mi cancellerò da quell'Albo in cui con tanta fatica ho scritto anche il mio nome, dovrei farlo in silenzio? Perché? Per la falsa presunzione che ancora alberga nella gran parte della gente, compresi i parenti più stretti, che l'Avvocato è benestante di default?



Io mi licenzierò perché non posso pagare più la polizza per la responsabilità professionale, perché non potrò iscrivermi alla Cassa Forense, perché devo ancora pagare le tasse dello scorso anno, perché non posso pagare la stampante nuova e nemmeno il toner, perchè.......non ce la faccio più ad umiliare me stessa.



Provo un grande senso di vergogna, oltre che di profonda tristezza, perché quando un libero professionista perde, molla, chiude, non ha nessuno contro cui protestare; non ha datore di lavoro con cui prendersela, perché licenzia sè stesso. Il bello della libera professione......



Ma la vergogna non può essere la mia, non deve essere la mia; la vergogna se la prenda chi ha distrutto una generazione di professionisti, di lavoratori, di giovani; inutile fare penosi elenchi.



Io che il giorno dopo la laurea sognavo file di professionisti che suonavano il campanello di casa mia per offrirmi lavoro; io che non me ne sono voluta andare via, che ho voluto lasciare il mio cervello qui dove era nato, a respirare il respiro del Vulcano, io che ancora credo nel merito personale di ognuno, dico solo che mi dispiace e lo dico rivolgendomi a mio padre che se ne è andato da poco e che ancora si inorgogliva nel dire a tutti che sua figlia era "Avvocato".



Avv. Elisabetta ..." ( il cognome è omesso a tutela dei dati sensibili della Collega)









Chiederei ora a chi mi legge: quanti di noi hanno perso la serenità dopo l'emanazione del regolamento attuativo dei contributi minimi obbligatori? Quanti hanno visto vacillare la loro professionalità umiliati o spaventati dalle misure adottate da Cassa Forense? Quanti prima del regolamento stavano male e ora stanno peggio? Moralmente intendo!



Non ho certo scelto la professione di avvocato per diventare un bersaglio della "casta". Eppure lo sono. Sicuramente dal 2012. Non sono certo io a procurarmi frustrazione, è indotta, e sappiamo da chi.



Mi chiedo anche: qual'è il limite tra la veterana buona fede forense, la salvaguardia del prestigio sociale, dello status forense, da una parte, e la pirateria, i ricatti di casta, la più meschina e sordida dietrologia elitaria, dall'altra?


Io sento questo, percepisco questo: pur muovendoci, come ci siamo mossi e ci muoviamo, la violenza emozionale di cui siamo vittime non ci permette di rialzarci. L'attacco massiccio ed insano che subiamo è troppo violento. Ci scaricano addosso tutte le loro problematiche, le loro esigenze di rimpinguare le casse dell'ente, di far fuori la concorrenza, di mantenere in vita l'aurea di quella che è stata un'avvocatura potente e ricca, cui sono stati abituati, in altri contesti, in altri tempi. In nome del loro prestigio, ci stanno "frantumando" come individui.
Un gioco feroce e d'azzardo il loro, dissociato dalla realtà, spaventevole, opprimente, ostativo, signorilmente beffardo - perché possono concederselo - che siamo costretti a giocare, malgrado noi e malgrado la NOSTRA Costituzione.




Pubblico uno stralcio del commento, rilasciato on line, in un gruppo pubblico forense, dell'Avvocato Valenti Giuseppe alla lettera della Collega: "...Il caso della collega è ovviamente più estremo e paradossale, ma non necessariamente infrequente, e lo si deve all'ostinazione che l'avvocatura ha avuto, quanto meno negli ultimi anni, di inseguire un modello professionale obsoleto cui si riteneva di avere "diritto costituzionale" e che ha invece generato quell'avvocatura binaria baroni/braccianti prefigurata da nonno zazza già nel 1999. qui ha ragione annamaria introini, che fece con me la nottata epica di napoli 2005, quando dice che senza il risconoscimento di ciò non si può dare risposta alcuna. così come ha ragione michele loiudice, nell'indicare quelle soluzioni, che però non sono praticabli senza l'ntima e collettiva accettazione dell'idea che non esiste, in senso macroeconomico la posiblità i scelta tra un modello di avvocato "tradizionale" o "nazionale" e uno di avvocato "globale", ma solo tra qust'ultimo e l'avvocato marginale, e un numero troppo elevato di avvocati marginali non può sopravvivere. la scelta indiviuale è quindi tra cambiare o resistere sperando che gli altri cambino o spariscano, quella collettiva è, deve essere, promuovere, accelerare e governare il cambiamento, perchè qui nessuno si salva da solo ... nemmeno il principe prospero e la sua corte di amici gaudenti. non è facile e non darà risultati dall'oggi a domani, ma un grande cammino comincia con un piccolo passo. e per rendere esplicito e concreto il discorso posso dire che per esempio ho qui una giovane collega molto brava e preparata cui nell'attuale assetto non posso offrire alcuna possibilità, diversamente da ciò che sarebbe nel contesto disegnato da michele. e io sono un avvocato di provncia estrema del regno delle due sicilie..."







Altri commenti alla lettera della Collega, spulciati nei gruppi pubblici on line, nei social network,  che qui voglio richiamare:

Giuseppe Pinna: "Chiarissima Collega
Tu hai capito che "essere Avvocati" è cosa diversa dal "fare gli avvocati". La differenza non è solo lessicale! Ti auguro di avere.
"



Ester Ajar: "Cara, forza!!! Non siamo avvocati, facciamo gli avvocati...e la vita è troppo breve per perdere tempo e continuare a pensarci. Abbiamo fallito? Forse. Ci cancelleremo? Molto probabile, ma hai risorse inaspettate come tutti. Io sono nella tua stessa situazione, come molti, ma dopo un periodo di vera depressione ho detto basta, la vita è una e posso anche fare altro. Poi, potrò sempre riscrivermi al famoso albo...l'importante è non prostrarsi al punto da dimenticare che si e' anche altro e che si ha altro dal quale poter ripartire a prescindere o meno dall'avvocatura."

Isabella de Bari : "La mia sincera solidarietà. Hai creduto sino ad oggi nel merito nella tua intelligenza nella serietà non "costa "nulla crederci ancLora....qualcuno si affaccerà "alla tua porta" non cambierà di molto la tua vita ma ti darà forza per insistere e promuoverà un cambiamento .Non mollare ,hai tutte le qualità per" essere"e "fare"un buon avvocato competente ed affidabile .Hai dato prova con questa lettera di grande coraggio ,di forza morale e di dignità oppositiva .Ho trentadueanni di professione consolidata ed apprezzata se dovessi aver bisogno sxeglirei te come mio difensore mi sentirei al sicuro .e tutelata".





Giuseppe Libertino: "…se hai letto l’accorato sfogo di una Collega (che comprendo e condivido pienamente) e rimani sgomento, per le Sue denunce e per le difficoltà espresse, oramai comuni ad una larga fascia di giovani professionisti, non solo Avvocati, ma anche Medici, Architetti, Ingegneri, ecc. …ed ancor di più, resti attonito di fronte ad alcuni commenti che giustificano tale situazione rifacendosi a (non si sa quali) logiche del mercato, all’elevato numero degli avvocati (e qui sguazza il luogo comune del numero degli avvocati francesi!). Le difficoltà espresse dalla Collega, non riguardano solo i neoavvocati od i praticati, non riguardano solo gli avvocati che hanno volumi d’affari inferiori al minimo stabilito per l’iscrizione alla Cassa: il problema oramai investe anche molti Colleghi che, pur avendo incassi da (ex) ceto medio, si ritrovano oggi a fare la fame, non per logiche di mercato, ma per illogiche politiche calate dall’alto tese ad eliminare, di sana pianta, il “piccolo” per favorire il “grande”. Vorrei solo ricordare che il 60% circa dei parlamentari italiani sono avvocati, peraltro, fra i più “organizzati”: non mi si venga a raccontare che alcuni provvedimenti legislativi siano stati adottati a caso, senza valutarne le conseguenze e gli effetti pratici. Il vittimismo non è nel mio stile, mi piace parlare su dati di fatto. E allora, facciamo i conti in tasca all’avvocato!!! La tabella che segue si riferisce al “piccolo” professionista che lavora in proprio, senza l’ausilio di segreteria, ovvero di altri collaboratori di studio – le cifre sono meramente indicative (mi scusino i commercialisti ed i tecnici per le eventuali castronerie):

Fatturato lordo annuo € 31.720,00

Iva 22% € 5.720,00

Cap 4% € 1.000,00

Imponibile € 25.000,00

Spese su base annua 

Carburante € 2.000,00

Usura auto (olio, filtri, gomme, ecc.) € 600,00

Assicurazione auto € 1.200,00

Bollo auto € 350,00

Canoni di locazione Studio (in condivisione) € 2.500,00

Elettricità, telefono € 750,00

Adsl € 250,00

Consumabili per ufficio (carta, toner, fotocopie ecc.) € 600,00

Pos € 150,00

Assicurazione professionale € 400,00

Contributo Ordine Forense € 130,00

Formazione obbligatoria € 100,00

Aggiornamento codici, riviste e libri € 600,00

Aggiornamento software, servizi telematici, Pec, Pct € 600,00

TOTALE € 10.230,00



Imponibile al netto di Iva, Cap, detratte spese al 100% € 14.770,00

Irpef 23% € 3.397,10

Cassa forense € 3.750,00



Totale netto annuo € 7.622,90

Totale netto mensile € 635,24



Il prospetto non si riferisce alla mia situazione personale, ma intende dimostrare come gli introiti, valutati nella media, portino alla fame i tanti che lavorano, in proprio, con Partita Iva (professionisti, commercianti, artigiani, ecc.)…qui le logiche di mercato, il riferimento al liberismo economico, non mi sembra molto pertinente…il peso di tasse, contributi, obblighi, spese e balzelli lascia ben poco nelle tasche di chi, dignitosamente, crede ancora nella professione. L’inadeguatezza di una classe dirigente che tutela gli interessi dei pochi, lasciando che il “mercato” fagociti i più, rappresenta il “perché” dello status quo, le colpe sono, ahimè, da ricercare all’interno della Nostra stessa Categoria, incapace di alzare la voce, pronta a recepire ogni decisione imposta dall’alto senza un fiato, senza un lamento."









Riporto due stralci del ricorso presentato al TAR del Lazio, che sto leggendo e rileggendo: "..infatti, l’espressione “ in base alla Legge”, contenuta nell’art. 23 Cost., si deve interpretare “in relazione col fine della protezione della libertà e della proprietà individuale, a cui si ispira tale fondamentale principio costituzionale; questo principio, cioè, “implica che la Legge che attribuisce ad un ente il potere di imporre una prestazione non lasci all’arbitrio dell’ente impositore la determinazione della prestazione” (Sent. n° 4 del 1957). 
Lo stesso orientamento è stato ribadito più di recente quando la Corte ha affermato che, affinché possa dirsi osservata la riserva relativa di cui all’art. 23 Cost., è quanto meno necessario che “la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione (Corte cost. 2007 n° 190). Infine, occorre rilevare che, secondo una diffusa ricostruzione, la lettura congiunta degli artt. 24 e 113 Cost., assoggettando l’attività della P.A. al controllo dell’autorità giudiziaria, presuppone che la stessa non possa svolgersi in contrasto con norme di Legge, destinate a fungere da parametro del controllo giudiziario.
In conclusione, l’ente di previdenza forense col Regolamento per cui è ricorso ha compiuto violazione di legge (id est: illegittimità costituzionale dell’art. 21, commi 8 e 9 della Legge 2012, n° 247 per violazione del principio di legalità ex artt. 23, 97, 113 Cost.; violazione del canone di ragionevolezza della Legge ex art. 3 Cost.), in modo del tutto arbitrario e incontrollato - stante l’assenza di criteri puntuali e precisi fissati a tal fine dal legislatore (quantunque avendo esso legislatore escluso, in ogni caso, per i professionisti sotto i parametri reddituali, la contribuzione ordinaria) - mediante la determinazione di un contributo obbligatorio c.d. agevolato (invero riservato solo ai primi anni di esercizio della professione, di poi agganciando questi professionisti alla contribuzione ordinaria, in palese violazione del disposto normativo dell‘art. 21 Legge n° 247/2012)."





"..Và, altresì, denunciata la violazione dei principi comunitari sulla concorrenza realizzata dalla previsione censurata, la quale lascia all’arbitrio dell’ente di previdenza forense il potere di fissare gli anzidetti contributi. Quest’ultima conseguenza discende, infatti, dall’assimilazione delle professioni intellettuali all’attività di impresa operata dalla giurisprudenza comunitaria, assimilazione che determina, quindi, l’assoggettamento delle professioni intellettuali ai principi comunitari sulla concorrenza vigenti per le imprese, e in particolare al divieto di porre in essere misure restrittive della concorrenza ex art. 106 TFUE. 
L’ente di previdenza, infatti, essendo composto esclusivamente da rappresentanti del vertice del ceto professionale degli avvocati (il diritto di elettorato passivo spettando, infatti, solo agli avvocati con più di dieci anni di regolare e continuativa iscrizione alla Cassa), appare, ictu oculi, essere stato condizionato, nel determinare la contribuzione previdenziale, dall’interesse corporativo di limitare l’accesso alla professione, con l'effetto di restringere la concorrenza.
Da tale assimilazione consegue, altresì, che le norme censurate violano la libertà d’impresa sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, perché producono l’effetto di impedire e restringere il libero dispiegarsi della concorrenza.
La previsione censurata, inoltre, si pone in contrasto con l’art. 41 Cost. in quanto non rispetta il limite costituzionale secondo cui l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla dignità umana, non potendo certo dirsi che la suddetta previsione persegua un interesse generale, ossia quello di tutti gli avvocati, bensì soltanto l’interesse degli avvocati facenti parte degli studi più facoltosi seppur ignari dell’agevolazione ricevuta. Le norme denunciate, peraltro, ledono la dignità morale dei soggetti che hanno conseguito l’abilitazione professionale, ma non hanno la possibilità di sostenere gli oneri contributivi fissati dall’ente di previdenza forense, costringendoli, pertanto, a cancellarsi dall’Albo ovvero a non iscriversi ad esso, precludendo loro, quindi, la possibilità di esercitare l’attività professionale e di realizzare in tal modo la propria personalità."




La sola strada che vedo percorribile, da dentro, per chi vuole continuare ad esercitare quanto e come può, allo stato attuale, è quella "disobbedienza" civile ed organizzata. Non pagare i contributi minimi obbligatori o pagarli nella stessa misura in cui li avremmo pagati all'INPS (che comunque non è poco, tutt'altro). Non cancellarsi dall'albo. Nel mentre ricorrere come ricorriamo.



Concludo con un accenno di sorriso e con il commento di un noto Collega, l'Avv. Paolo Rosa, trovato in modo insolito alle prese con un utensile da cucina:



Avv. Paolo Rosa: "Bisogna alzare la pressione sul management di cassa forense perche opti immediatamente al contributivo eliminando i minimi! Dobbiamo uscire dalla crisi tutti insieme !!! ...Troppo poco chiedere scusa bisogna ritirare il regolamento ex art 21 optare al contributivo ,abolire i minimi e introdurre una serie di restrizioni ai privilegi combattendo la forchetta della disuguaglianza !"



Vi invito a commentare, ad esprimere la Vostra opinione.







Sull'argomento vedi anche, cliccando qui: IL RICORSO AL TAR LAZIO AVVERSO I CONTRIBUTI MINIMI OBBLIGATORI AVVOCATO









Rassegna News Giuridiche  by avv. Gabriella Filippone 








Si declina ogni responsabilità per errori od omissioni, nonché per un utilizzo improprio o non aggiornato delle notizie e delle informazioni.

15 commenti:

  1. Elisabetta sei tutti noi!

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  2. Purtroppo... sei tutti noi . E la tua situazione è la mia, con 30 anni di professione ,la convinzione sino a qualche anno fa di avere il mondo in mano ed oggi - vicino ai 60 anni- sapere di non avere nulla, di giocare alle tre tavolette con i fidi delle banche per pagare le spese dello studio e la segretaria che guadagna sicuramente più di me. Ed essermi messa a fare il GOT , che comunque mi piace e dove ora ripongo tutta la mia professionalità, lavorando come un mulo, scrivendo sentenze che nessuno mi paga , ma che mi serve per non pensare che il telefono in studio non suona più...

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  3. Condivido purtroppo la tristezza e lo sconforto di Elisabetta e di troppi altri Colleghi perchè, dopo oltre 22 anni di professione, anch'io mi rendo conto di non avere nulla "in mano" e, persa la serenità lavorativa - impegnato come sono nel tentativo di superare i quotidiani ostacoli all'esercizio della professione - non sono più capace di godere appieno delle sempre più rare occasioni di soddisfazione...

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  4. Elisabetta condivido con te il nome la professione e il medesimo stato d'animo. Non arrendiamoci continuiamo a urlare la nostra rabbia difendiamo la nostra dignità condividiamo il nostro malcontento... qualcosa accadrà!!!! Dobbiamo difendere la nostra causa!!! Un abbraccio

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  5. Mi piacerebbe sapere l'avvocatessa cosa ha votato alle ultime elezioni, se è stata causa del suo stesso male che nessuno pronuncia: Liberismo. Meritocrazia non vuol dire uguaglianza. Qual è il merito in lei se ha avuto la possibilità di studiare mentre io non ho potuto studiare. Ricordate che anche il più famoso degli avvocati, dei chirurghi ha bisogno dello spazzino.

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    1. Io penso che qualsiasi partito abbia votato alle ultime elezioni, ammesso che l'Avvocato abbia votato e non si sia astenuta, le sue sorti professionali nell'anno 2014, così come le lamenta, sarebbero state le stesse. Penso poi che anche lo spazzino ha bisogno del medico, nel senso che ha diritto a farsi i controlli che reputa di dover fare. Precisa di non aver potuto studiare, la qual cosa, allo stato attuale Le potrebbe aver consentito di non disperdere tempo, denaro, energie, i migliori anni, inutilmente, dietro a delle illusioni. Ad ogni modo ci sono tante persone di "terza media" che hanno comunque raggiunto professionalmente i loro obiettivi. Il merito della Collega, lo spiega la stessa, è nell'aver studiato con profitto. Il fatto che Lei non abbia potuto studiare non cambia o ridimensiona questo primato, dimostra solo che lo Stato non garantisce a tutti gli Studi universitari. Il problema è che lo Stato non garantisce più nemmeno un lavoro, semmai l'ha garantito, sia che si abbia studiato o non si abbia studiato (ed anche i posti da spazzino sono limitati). Al momento risulta solo in grado di "garantire" tanta pressione fiscale e fuga di cervelli dall'Italia.

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  6. Spero che il Giudice adito rispetto al grido di dolore degli onestii, tartassati economicamente e moralmente sappia prendere una adeguata e giusta decisionene i n questa Italia, dove non tutti sono eguali di fronte alla legge.
    Forse sapere il caso per una decisione sul casa del giudice costituzionale, specie laddove si pretende ricchezza di reddito in territori ancora feudo di stato sabaudo e per il quale l'Indipendenza non è ancora avvenuta e a nulla sono valsi i militi ignoti di due grandi guerre e laddove esiste ancora la lotta di classe e non alla sottocultura mafiosa, camorrista e "ndranghetesta.

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  7. Il problema è culturale: gli italiani non si accorgono che è in atto da 30 anni almeno un disegno per distruggere la costituzione pluriclasse del 48 che assicurava benessere e lavoro a tutti.
    Noi classe forense siamo colpevoli due volte perchè avremmo il dovere di difendere questa nostra costituzione.
    E invece al ritmo di ce lo chiede l'europa abbiamo lasciato che ne venisse fatto scempio.
    Il problema è culturale, solo risvegliandoci potremmo venirne fuori.

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  8. Uno dei problemi è che i rappresentanti dell'Avvocatura si conoscono solo al momento delle loro elezioni. Feste, convegni, volantini,... La storia degli ultimi anni (con qualunque Governo) ha moltiplicato gli organismi e le associazioni dell'avvocatura, ma TUTTI sono SEMPRE RIMASTI SILENTI. SEMPRE. Ricordo a me solo delle novità: l'assicurazione obbligatoria (regalo alle assicurazioni), il "conto professionale obbligatorio" (regalo alle banche) Pos obbligatorio (regalo alle banche), contributo unificato - che doveva eliminare ogni altro dazio per copie ecc ma così non è stato, (regalo allo Stato) ed idem i suoi rincari; la Posta Elettronica Certificata obbligatoria (regalo agli Enti certificatori), Il Processo Civile Telematico (vessazione gratuita e solo di propaganda, visto che TANTI tribunali nemmeno hanno o usano il Fax) sempre derogato da "regolamento di cortesia" locale,... la revisione delle Tariffe Forensi (regalo alle banche, alle assicurazioni ed ai poteri forti, ... e sempre disapplicate dai Giudici che applicano il loro Sacro Diritto Morale), la Cassa Forense (pronta a riscuotere, ma lenta, insufficiente ed inesistente quando serve..., la Mediazione Obbligatoria (regalo alle banche, agli istituti di mediazione e di propaganda per la inesistente deflazione del contenzioso)...
    Quando finirà? Quando gli Avvocati ridiventano Avvocati. Di se stessi, e si ribelleranno SEMPRE, ad ogni nuovo balzello, ad ogni Giudice che li denigri, in udienza e fuori, con cervellotiche sentenze da Ciambellano (o da Ponzio Pilato) solo per rigettare, per non condannare, per non liquidare, di inammissibilità, di notifiche non piaciute o per una toga non messa in udienza. Già, la Toga... A che serve se nessuno la rispetta? A cominciare da chi la indossa come noi Avvocati. E, per finire, dove sono gli Avvocati Parlamentari quando si votano questi scellerati provvedimenti?... tutti alla bouvette?

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  9. Viene quasi voglia di cercarsi un altro lavoro e di impegnarsi con entusiasmo in qualcosa di diverso. Maltrattati, bistrattati dalla casta. Operiamo in un mercato saturo. Una classe politica contro. L'opinione pubblica contro che come gli nomini gli avvocati pare che gli nomini i diavoli.. Tanti i motivi per cambiare, sperimentare un altro lavoro..

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  10. Sulla condizione attuale degli avvocati ne ho lette di tutti i colori. La verità è che la colpa è nostra che abbiamo permesso tutto, ora in nome dell'Europa ora in nome della globalizzazione per giustificare le scelte politiche nazionali. In ambito locale poi non abbiamo fatto mancare il ns apporto al decrepito Presidente Coa di turno (xchè sai, non si sa mai...) ed al suo codazzo, entrambi espressione della melliflua politica locale. In tal modo, dentro e fuori gli organi forensi, abbiamo votato per anni contro gli interessi ed il prestigio dell'avvocatura, mandando, tra l'altro, alla cassa i ns aguzzini. Detto questo non mi sento di esprimere solidarietà alla collega, come si farebbe col micetto abbandonato all'angolo di strada e perciò meritevole di uno sguardo pietoso, ma condividendone pienamente l'esperienza, le scelte, le difficoltà, la dignità, la rabbia e la giusta indignazione ed al tempo stesso nella piena consapevolezza di aver contribuito, magari inconsapevolmente, all'attuale disastro, la esorto a reagire duramente, canalizzando l'energia residua, quella che solo la povertà dignitosa elargisce ed indirizzandola contro gli aguzzini in qualunque contesto, settore ed ambito si incontrino. La soluzione non è a portata di mano e le premesse di questo default si intravedevano tutte già 20 anni fa, ma nessuno di noi ha mosso un dito per impedirlo. Singolarmente eravamo troppo deboli ed il ns ruolo professionale ha sempre ostacolato ogni accenno allo spirito corporativismo. Tanto è vero che anche oggi stiamo combattendo la guerra dei poveri. Ma per uscire dal tunnel è indispensabile l'autocritica. Si, è colpa ns, è colpa anche di chi non lo ha capito in tempo od ha pensato di non poter far niente. Però ora basta! Si è al punto di non ritorno e bisogna gridarlo come ha fatto la collega Gabriella a cui riconosco un coraggio raro nella categoria. Ora sicuramente non accetto più le "logiche necessitate" e non giustifico né gli interventi governativi "urgenti", che stanno mettendo logore toppe ad un sistema giurisdizionale devastato, sbandierandole come una panacea, né le pietose e postume giustifiche dei Consiglieri Delegati assisi in una Cassa tutt'altro che di Previdenza ed Assistenza Forense !!! Tanto meno ingurgito l'alibi del doveroso adeguamento al mercato globale: siamo già diventati coreani in fatto e non dobbiamo diventarlo anche in diritto salvo a voler esercitare nel Bangladesh! Il sistema non si deve più subire ma si deve contrastare con i mezzi democratici non ancora aboliti! Coraggio colleghi anche i singoli possono contare e per un semplice motivo : siamo molto più numerosi dei prescelti !

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  11. Carissima Elisabetta,
    credo che questo Paese stia togliendo la dignità non solo agli avvocati, di cui anch'io ancora faccio parte, sebbene non sappia per quanto ancora, ma a tutti i cittadini onesti, quelli che le tasse vorrebbero pagarle e prima ancora vorrebbero lavorare ed "onestamente".
    La realta è che viviamo in una società che ci vuole far credere vero il falso: che c'è lavoro, c'è possibilità di riscattare ciascuno la propria posizione lavorativa, migliorarla e migliorare quella globale. Ma questo è quello che ci vogliono appunto far credere.
    Gli avvocati, come moltissime altre categorie, subiscono giorno dopo giorno le inefficienze ed il fallimento della società italiana. Ma la cosa ancor più grave è che sta saltando il concetto di limite a tutto ciò.
    Io non la vedo soltanto come una tua sconfitta ma la sconfitta di tutti gli onesti lavoratori, autonomi o dipendenti che siano. E' sempre più densa e diffusa la mancanza di prospettive e progetti, in moltissimi settori e la situazione economica che stiamo vivendo è molto più complessa di quello che vorrebbero farci credere cui i politici peraltro già non credono da tempo.
    Il binomio "cittadini utili ed onesti" si è già spezzato da molto tempo per lasciar il posto a cittadini onesti ed inutili; Inutili per la patria e prima ancora per noi stessi.
    Non c'è posto in questa società per l'avvocato disinteressato, dapprima buon figlio, buon studente, buon lavoratore, magari buon genitore e buon cittadino.
    Non è sufficiente laurearsi, aver superato l'esame di avvocato e spremersi per procacciarsi da soli la propria clientela.
    Lo Stato dal professionista vuole l'iscrizione all'Ufficio IVA, la collocazione in un sistema contabile ben specifico, pretende che i ricavi siano congrui e coerenti, ma soprattutto vuole sottoporci, a prescindere dalla singola capacità reddittuale di ciascuno di noi, ad una tassazione non, come dovrebbe essere e come credevo che fosse, secondo il "principio di cassa" ossia in base ai compensi EFFETTIVAMENTE da ciascuno percepiti, al netto delle spese pagate anticipatamente, bensì in base a redditi presunti, a nulla rilevando se effettivamente l'attività abbia prodotto redditi o meno. Mi chiedo allora dove sia andato a finire il sistema della effettiva progressività della tassazione e che fine abbia fatto la concorrenza alle spese pubbliche in ragione della effettiva capacità contributiva di ciascun professionista? Principi che la nostra Costituzione stabilisce ma che l'attuale legislatore mira a rettificare al solo finedi rimpinguare le propire casse a scapito di quelle degli onesti lavoratori, sempre più vuote.
    La verità è che lo Stato è disinteressato a rilanciare il lavoro, a proteggere ed incentivare quello già esistente. Eppure se la classe politica lo volesse veramente potrebbe ancora intravedere buone prospettive, domani chissà!! L'epoca contraddittoria si è già riaperta e l'affermazione di alcuni diritti sociali è sempre più calpestata.

    Buona fortuna a tutti.
    Nadia

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  12. Buongiorno, Sono Katia Ciancabilla ed ho appena concluso la lettura dell'articolo e sopratutto della lettera della collega che mi ha profondamente colpito. Preferirei non entrare nel merito della vicenda visto che i fatti parlano da sé, però vorrei chiedere se fosse possibile entrare in contatto con la collega per poterle offrire l'opportunità di poter continuare a guardare a testa alta l'orizzonte di un futuro professionale. Rispetto alla mia richiesta vorrei precisare che è inerente alla mia attività svolta, ampiamente descritta sia sul profilo linkedin che notizie su google.
    Grazie e buon lavoro a tutti.

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  13. IO NON MOLLO. Sono con l’acqua non alla gola (sarebbe un sollievo), ma già alle narici e da tempo.
    Anche il mio di dottorato, come quello della Collega Elisabetta, si è concluso senza uno straccio di prospettiva e con una pergamena che non ho nemmeno incorniciato per non spenderci soldi. Ho anche detto basta alle collaborazioni per il “prestigio” (con cui non si pagano bollette), che oltretutto mortificano il lavoro di chi con l’attività di ricerca accademica ci campa, si paga il mutuo e ci mantiene una famiglia.
    Libera professione: ho valorizzato il suo senso e nel mio caso, approfittando dell’esperienza maturata anche in ambito accademico, sono dieci anni (non dieci mesi!) che mi barcameno con l’insegnamento privato in materie giuridiche e più raramente con quello istituzionale (in corsi a ore presso enti o aziende).
    Non ho mai avuto il desiderio di aprire uno studio legale mio e da cinque anni ho anche detto basta alle note collaborazioni schiavizzanti, umilianti economicamente e professionalmente, tipiche della nostra categoria, come se non fosse già bastata la pratica professionale a entrate zero.
    Conosco una mia coetanea farmacista, collaboratrice a tempo pieno con una farmacia, dalla quale viene retribuita in maniera dignitosa e consona alla sua professionalità e mi sono chiesta perché nelle collaborazioni forensi non deve essere altrettanto. Così come non tutti i farmacisti sono titolari, così un avvocato può volere restare gregario, ma perché la prospettiva è quella di esserlo per forza in condizioni umilianti? Così si è professionisti liberi solamente di farsi mortificare e questo è il paradosso della libertà. Anche no, grazie!
    Purtroppo di batoste e delusioni economiche e professionali ne ho collezionate parecchie e come Elisabetta “sono un avvocato che non lavora e che ogni giorno va a caccia di un’idea che le permetta di cambiare pagina e vita cercando di ripetere a se stessa che non ha buttato nella spazzatura gli anni migliori della propria vita”. Questo è ormai diventato un esercizio quotidiano per me, ma HO SMESSO DI LAMENTARMI della mia precedente condizione, ho preso una posizione netta rispetto alle mie precedenti esperienze e non intendo fare marcia indietro.
    Io ci ho provato anche con la Mediazione, in cui ho creduto da sempre, da quando ero studentessa. Non sono mai stata una “litighina” e trovo deprecabili gli avvocati che si basavano e ancora reggono la loro professione sulla massima per cui “causa che pende rende”. Purtroppo però anche la mediazione civile e commerciale, con le sue alterne vicende, non fa ben sperar chi, come me, ne voleva fare una professione a tutto campo.
    Sulla Mediazione però non intendo mollare, per ragioni vocazionali e di prospettiva, (il futuro dovrà essere per forza lì), ma per esercitare come Mediatore presso l’unico organismo in cui ho trovato spazio, cioè quello del mio Ordine forense di appartenenza, devo essere iscritta all’Albo, ecco che il cerchio si chiude con i conseguenti oneri della Cassa Forense che verranno a gravare ancora di più sulle mie finanze già precarie.
    Nonostante le difficoltà, il senso di umiliazione non fa comunque parte di me, perché tutti i giorni cammino a testa alta. NON PRETENDO DI PRENDERMELA CON QUALCUNO PER FORZA PER LA MIA CONDIZIONE E PIUTTOSTO INDAGO ME STESSA OGNI GIORNO E MI REINVENTO, MI RICICLO, MI AGGIORNO COSTANTEMENTE E NON PERDO MAI LA FIDUCIA IN ME STESSA.
    Pure se vicina alla soglia dei 40, anche io ho pensato di emigrare e di cambiare anche radicalmente strada. Ho fatto ricerche poi però tutti i giorni mi indigno e reagisco e sento che dentro di me non voglio veramente andare a fare la cameriera a Londra, pur nella realistica prospettiva di diventare direttore di catene di ristoranti, perché ovunque tranne che in Italia la meritocrazia funziona.
    Da anni invio curriculum in tutti gli ambienti dove può interessare il mio contributo giuridico. Stringo i denti e resto nel diritto, in tutte le sue molteplici forme, perché è il mio habitat e non intendo rinunciarvi.

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  14. ELEZIONI CONSIGLI DEGLI ORDINI FORENSI di GENNAIO 2015 - LISTE PER UNA AVVOCATURA LIBERA DAI CONTRIBUTI MINIMI OBBLIGATORI (facebook group)
    DIFENDIAMOCI. Entriamo nelle istituzioni forensi e rappresentiamo le nostre istanze. Proponete liste e candidature individuali (collegate ad associazioni che ci supportano o indipendenti)
    Invitiamo ad un voto consapevole e a candidarvi
    Visita il gruppo http://www.facebook.com/groups/1570227263212265/

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