mercoledì 15 maggio 2019

Villa azzurra a Torino "il manicomio dei bambini": un lager al confine fra Grugliasco e Collegno chiuso definitivamente nel 1979.

Villa azzurra "il manicomio dei bambini": legati ai letti e torturati con gli elettrodi. Un vero e proprio lager chiuso definitivamente nel 1979.










Risultati immagini per manicomio bambini
Immagine: Vincent van Gogh - WikipediaVincent van Gogh, Notte stellata (Saint-Rémy, giugno 1889); olio su tela, 73,7×92,1 cm, Museum of Modern Art, New York. 


Villa Azzurra esiste ancora, ma versa in stato di abbandono. Si trova al confine fra Grugliasco e Collegno, un luogo macabro che non rimandava alle fiabe.



Giorgio Coda (Torino21 gennaio 1924psichiatra e professore universitario italiano.

È stato vicedirettore dell'ospedale psichiatrico di Collegno e direttore di villa Azzurra (struttura per bambini), a Grugliasco,Torino.

Il suo nome completo è Giorgio Giuseppe Antonio Maria Coda, divenuto noto come "l'elettricista" per il suo uso improprio dell'elettroshock.

 Il trattamento era praticato quasi sempre senza anestesia e, a volte, senza pomata e gomma in bocca, facendo così saltare i denti al paziente. Giorgio Coda, durante il processo, ha ammesso di aver praticato circa 5000 elettromassaggi.

Video di La Repubblica


"Legati ai letti, imbottiti di medicine e spesso con gli elettrodi applicati ai loro genitali per ‘educarli e domarli’. Se i muri di Villa Azzurra, il cosiddetto manicomio dei bambini, potessero parlare racconterebbero proprio questo orrore. Di cosa succedeva al suo interno.Un vero e proprio lager chiuso definitivamente nel 1979, ma l’imponente Villa Azzurra esiste ancora, ma versa in uno stato di abbandono. Si trova al confine fra Grugliasco e Collegno, in fondo alla via Lombroso a Torino e per tanto tempo è stato un luogo macabro che non somigliava né a una villa e né rimandava alle fiabe.
Gli orrori dentro Villa Azzurra
Bambini che venivano internati perché ‘ineducabili’ e ‘pericolosi a sé e agli altri’, avevano anche tra i 3 ai 4 anni e venivano legati ai cancelli del giardino o ai termosifoni bollenti, al letto e fuori al freddo se mostravano troppa vivacità o erano 'lagnosi'.
E le testimonianze raccontano di violenze, torture, decessi provocati dalle cure ai limiti, tra presunta scienza sperimentale e stregoneria.
La foto di una bimba di 10 anni, legata al proprio letto, nuda e con gli occhi rassegnati pubblicata dall'Espresso il 26 luglio 1970 aveva fatto scoppiare lo scandalo al manicomio diretto dal professor Giorgio Coda (poi processato e condannato per maltrattamenti). Era Coda a incentivare l’utilizzo degli elettrodi applicati ai genitali quando i bambini facevano la pipì a letto ed era sempre lui a farli lottare tra loro.
La condanna di Coda
L’11 luglio 1974 arriva la sentenza Coda è colpevole di “abuso di mezzi di correzione” e viene condannato a 5 anni di detenzione, al pagamento delle spese processuali e a 5 anni di interdizione all’esercizio della professione medica."


Fonte: greenMe



Giorgio Coda

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Lo psichiatra Giorgio Coda (foto tratta dal giornale La Stampa del 5 luglio 1974
Giorgio Coda (Torino21 gennaio 1924) psichiatra e professore universitario italiano.
Il suo nome completo è Giorgio Giuseppe Antonio Maria Coda, divenuto noto come "l'elettricista" per il suo uso improprio dell'elettroshock. È stato vicedirettore dell'ospedale psichiatrico di Collegno e direttore di villa Azzurra (struttura per bambini), a Grugliasco (Torino). Fu processato nel periodo 1970-1974 per maltrattamenti con relativa condanna a cinque anni di detenzione, al pagamento delle spese processuali e all'interdizione dalla professione medica per cinque anni.
Il trattamento medico consisteva nell'applicazione di scariche di elettroshock durature ai genitali e alla testa che non facevano perdere coscienza al malato pur provocandogli lancinanti dolori e che avrebbero dovuto, secondo Giorgio Coda, curare il paziente. Il trattamento era chiamato da Coda "elettroshock" o "elettromassaggio" a seconda che venisse praticato alla testa o ai genitali.[8] Altre volte, la parola elettromassaggio era usata come sinonimo di elettroshock. Il trattamento era praticato quasi sempre senza anestesia e, a volte, senza pomata e gomma in bocca, facendo così saltare i denti al paziente. Giorgio Coda, durante il processo, ha ammesso di aver praticato circa 5000 elettromassaggi.
Il trattamento era praticato anche su alcolistitossicodipendentiomosessuali[10] e masturbatori, e generava un fortissimo senso di paura, tale da far desistere i pazienti, perlomeno temporaneamente. Il processo e la sentenza, raccolti e analizzati nel libro Portami su quello che canta del giornalista Alberto Papuzzi, hanno messo in luce il carattere coercitivo e punitivo degli elettromassaggi, i quali non erano strumenti di cura ma atroci strumenti di tortura e punizione usati anche su bambini.
Alcune morti sospette durante l'elettroshock e alcuni suicidi verificatisi negli istituti hanno fatto nascere il sospetto che possano essere stati provocati (almeno in parte) dalla paura della sofferenza dei trattamenti.
Il caso, ai suoi tempi, è stato interpretato da taluni in chiave politica, secondo le chiavi di lettura del Novecento. In quest'ottica, il medico "borghese" si accaniva contro le fasce più deboli del "proletariato".

Biografia 

Di famiglia benestante, Giorgio Coda è il figlio unico di Carlo Coda, un piccolo industriale torinese che "regolava la vita della famiglia come se fosse una fabbrica" e di Alda Vacchieri. "A scuola Giorgio Coda eccelleva in condotta; quanto al profitto non era brillante, ma molto diligente. Qualche compagno lo ricorda sgobbone."

Nel 1943 Giorgio Coda si iscrive alla facoltà di Medicina dell'Università di Torino e si laurea nel 1948 con una tesi in antropologia criminale. Il 16 aprile 1955 sposa Giovanna Roviera. Dopo essere divenuto medico capo di sezione (equivalente all'odierno primario), il 3 aprile 1963 ottiene la libera docenza in psichiatria.
Il processo che lo vide come imputato nacque a seguito dell'invio di un rapporto al Tribunale per i minorenni da parte dell'assistente sociale Maria Repaci del Centro di tutela minorile di Torino. Il rapporto riguardava i fatti di villa Azzurra. A settembre 1970, Giogio Coda viene incriminato per il reato di "abuso dei mezzi di correzione" e venne applicata l'amnistia (DPR n. 238 del 22 maggio 1970).
Il 14 dicembre 1970 il giudice istruttore ricevette un esposto dell'Associazione per la lotta contro le malattie mentali, decisivo per far ripartire l'inchiesta e il processo. L'11 luglio 1974 arriva la sentenza e Coda è dichiarato "responsabile del reato ascritto limitatamente ai fatti relativi all'ospedale psichiatrico di Collegno". Successivamente, il difensore di Coda interpone appello contro la sentenza di primo grado.[18]
Il 2 dicembre 1977 alle 18.30 quattro uomini facenti parte dell'organizzazione armata di estrema sinistra Prima Linea penetrano nell'appartamento dove Coda fa visite private e gli sparano alle gambe dopo averlo legato a un termosifone.

Effetti

Il caso Coda ha scosso e fatto discutere l'opinione pubblica. Il dibattito scaturito ha portato alla cosiddetta Legge Basaglia (legge 13 maggio 1978 n. 180), che ha abolito i principali articoli della precedente legge (14 febbraio 1904, n. 36) e istituito il TSO (Trattamento sanitario obbligatorio), restringendo di molto il suo campo di applicazione e definendo procedure a più livelli per la sua attuazione.
Il provvedimento prevede l'intermediazione del sindaco e del giudice tutelare, la possibilità di richiedere la revoca o la modifica del TSO da parte di chiunque (anche del paziente stesso), la possibilità da parte di chiunque (anche del paziente stesso) di proporre "ricorso contro il provvedimento convalidato dal giudice tutelare", e la possibilità per il paziente di comunicare con chiunque durante il TSO. Il paziente ha anche diritto al cambio della struttura di cura.
Sebbene la legge non prevedesse esplicitamente che gli ospedali psichiatrici venissero chiusi, essa ha di fatto chiuso la maggior parte degli istituti psichiatrici in Italia, chiusura che è stata del tutto completata nei decenni successivi.
Fonte: Wikipedia





«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accessoalla conoscenza» (Lev Tolstoj)

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venerdì 2 marzo 2018


SOSPESO, NON RADIATO, " IL MEDICO TORTURATORE" DEL G8 GENOVA


Titolo: G8, “graziato” il medico-torturatore
Autore: Guido Filippi



Marzo  2018 | Avvocato Gabriella Filippone |
Rassegna e commenti notizie on line




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Giacomo Toccafondi non è stato radiato, se l’è cavata con soli sei mesi di sospensione e a fine estate il “dottor mimetica” potrà tornare a fare il medico, in Italia e all’estero





L’Ordine dei medici di Genova ha salvato Giacomo Toccafondiil medico che durante i giorni del G8 gestiva l’infermeria della caserma di Bolzaneto.


L'estate del 2001, durante il G8 di Genova il dottor Toccafondi era incaricato di coordinare i servizi sanitari nella caserma di Bolzaneto, 'prigione' improvvisata dove furono portati decine di attivisti, che poi raccontarono di aver subito vere e proprie torture e trattamenti degradanti anche da parte del medico. (vedi HuffingtonPost)


Picchiava, era «il seviziatore» come hanno raccontato tanti ragazzi. Le immagini di violenza e di insulti ai manifestanti arrestati hanno fatto il giro di mezzo mondo anche grazie al film “Diaz, non lavate questo sangue”. 

La sentenza è destinata a scatenare polemiche e reazioni indignate.



Toccafondi, 61 anni da compiere, ha temuto di essere radiato dall' Ordine dei medici e di non poter più fare il medico. I suoi colleghi medici lo hanno salvato con una condanna lieve, sei mesi di sospensione (è la pena più pesante prima della radiazione), c'era una dottoressa che lavorava con lui nella caserma delle torture di Bolzaneto.



Il processo al “dottor mimetica” è durato almeno otto mesi e si è concluso con una "sentenza che porta la firma dal presidente dei medici genovesi Enrico Bartolininon potrà essere impugnata e diventerà esecutiva".



Toccafondi, assistito dall’avvocato Alessandro Vaccaro, era già stato salvato dalla prescrizione assieme ad altri trentadue imputati: poliziotti e personale sanitario. ed era uscito indenne dal processo d’Appello sulle violenze all’interno del mattatoio di Bolzaneto; era stato condannato a risarcire le vittime e anche la Corte dei conti è pronta a chiedergli i danni.



I reati contestati - a lui e ad altri quatto medici arruolati per il G8 dalla polizia penitenziaria andavano dall’omissione di referto alla violenza privata, dalle lesioni all’abuso d’ufficio. Per i giudici, agì «con particolare crudeltà» e la caserma di Bolzaneto era un carcere improvvisato dove «furono portate vittime in balia dei capricci di aguzzini, trascinate, umiliate, percosse, spesso già ferite, atterrite, infreddolite, affamate, assetate, sfinite dalla mancanza di sonno, preda dell’arbitrio aggressivo e violento.... sostanzialmente già seviziate, venivano in loro presenza».



Violenze perpetrate «come stare in piedi contro il muro, la sottoposizione a rumore, privazione del sonno, del cibo e delle bevande», nei confronti di ragazzi «picchiati, insultati, denudati e derisi, feriti e abbandonati in pozze di piscio, vomito e sangue... Alcune ragazze furono costrette a stazionare nude in presenza di uomini, oltre il tempo necessario, sottoposte a umiliazione fisica e morale».



La caserma di Bolzaneto viene descritta come un inferno. 



Il “dottor mimetica” non ha mai rilasciato dichiarazioni e tra 6 mesi potrà nuovamente fare il medico. Il suo Ordine non l'ha radiato.




Il medico  è stato accusato in passato di non aver fatto nulla, e anzi di aver attivamente partecipato alle torture che nella caserma genovese si consumarono. Accuse da cui il medico si è salvato dal punto di vista penale grazie alla prescrizione ma che gli sono costate comunque una condanna a risarcire le vittime.   
La sospensione, arrivata dopo un procedimento durato otto mesi, è scattata dal 1° marzo e, di conseguenza, dal 1° ottobre il dott. Toccafondi potrà tornare ad indossare il camice bianco. La decisone non può essere impugnata.   Toccafondi, nei racconti dei ragazzi vittime di violenze, era indicato come colui che picchiava, e anzi era  descritto come “il seviziatore”, il “dottor-tortura”.   I reati che erano stati contestati a lui e ad altri quatto medici 'arruolati' per il G8 dalla polizia penitenziaria andavano dall’omissione di referto alla violenza privata, dalle lesioni all’abuso d’ufficio. Vedi RaiNews.its




"Celeste Costantino ricorda le torture nella caserma di Bolzaneto nel 2001"






Genova, Diaz, Bolzaneto - Intervento dell'Avvocato Nicola Canestrini






"Mina era a Genova nel 2001, aveva scelto di dormire alla Diaz. Racconta quella notte, quella sequenza di abusi, ricorda bene che l’agente che si è accanito su di lei aveva scarponi, era tutto imbottito e quello che le ha fatto più paura “è che era totalmente travisato, aveva un fazzoletto rosso che gli copriva il viso”. Ad un certo punto “questi poliziotti si sono ritirati, altri sono arrivati e ho visto il corridoio del primo piano dove c’era gente sdraiata o rannicchiata e c’era sangue dappertutto”, “hanno fatto un corridoio dove dovevamo passare e continuavano a insultarci, picchiarci… così ho capito che io ero parte dei “black block”.Ma la storia non finisce li’, c’è l’aula di giustizia dove si svolge un’altra violenza, 10 anni di processi sempre presidiate dalle forze dell’ordine, svolti in totale omertà, prescrizione e salti di carriera per agenti e funzionari, mentre 10 manifestanti sono ancora in carcere. La parola passa poi a Cecilia Vergnano, attivista e ricercatrice universitaria, antropologa, che studia da una prospettiva critica la propria società e le relazioni di potere che la costituiscono. Queste morti, questa sofferenze… sono da inquadrare in un contesto preciso, c’è un legame tra la repressione e quella che loro chiamano crisi e che noi sappiamo essere un’appropriazione violenta delle risorse, un processo di accumulazione e concentrazione della ricchezza in poche mani. C’è una relazione tra come si progetta lo spazio in cui viviamo, grandi opere e lo spazio urbano, e la militarizzazione, il discorso della sicurezza. Lo spazio è quello che permette e contestualizza il nostro sistema di relazioni, a seconda di come si configura lo spazio noi ci comportiamo in un modo o in un altro. Cita l’esempio di quando nel centro di una città tiriamo fuori la macchina fotografica mentre in un quartiere degradato ci penseremmo due volte prima di tirarla fuori. Questo perché certi spazi sono concepiti come più sicuri di altri, e il potere gioca un ruolo fondamentale nella definizione di questi spazi. Il disegno dello spazio è uno degli strumenti di cui la politica si avvale. Oltre ad essere strumento di controllo è anche uno strumento di guadagno (grandi eventi, grandi progetti, Expo, i mondiali di Rio)… si disegna lo spazio in modo da generare guadagno, lo stesso vale per la riqualificazione di un quartiere in città, espellendo una parte della popolazione con un basso potere acquisitivo per ricollocare una popolazione con un potere acquisitivo più alto. Speculazione. Economia nuovi mercati: lo spazio è uno di questo. La pervasività di tecnologie militari nella nostra vita, senza le quali la nostra vita sarebbe profondamente diversa… (cellulari, microonde, etc.). L’80% degli investimenti che il governo americano fa sulla ricerca li destina all’ambito militare, quando parliamo di violenza pensiamo anche a questo, come funziona l’economia globale. Successivamente queste tecnologie vengono trasportate nella vita civile che è già, di fatto, militarizzata, da tecnologie di controllo continuo, costante, più evidente in certi posti considerati di interesse strategico. Tutti abbiamo esperienza di questa militarizzazione, solo che si presenta nella vita civile in forme difficilmente riconoscibili, per poi esplodere in forma più evidente nei contesti più sensibili.La “cultura della guerra” in questo panorama di economia neo-liberale, ha a che fare con la paura, con la sicurezza, con il discorso manicheo, o bianco o nero, o buoni o cattivi, o stai con noi o sei contro di noi, è la cultura della paura, in cui ci vendono la sicurezza come un bene di prima necessità. Un inganno funzionale al mantenimento di certi interessi, quelli dell’industria militare, della sicurezza, della vigilanza, enormi settori di guadagno in un’economia in crisi. Mercificazione dello spazio, grandi progetti, cemento, e il complesso securitario militare non patiscono alcuna crisi." http://www.tgmaddalena.it/72-ore-come...

















"A Genova sono in corso i processi di primo grado ai responsabili degli abusi alla scuola Diaz e a Bolzaneto, nei giorni del G8 di Genova 2001. Enrica Bartesaghi, madre di una ragazza vittima di quegli abusi e presidente del Comitato Verità e Giustizia, in questa intervista a Piero Ricca rievoca i fatti del luglio 2001, racconta quel che sta emergendo dalle udienze e rinnova la richiesta di una commissione parlamentare di inchiesta."





Genova 2001: l'irruzione della polizia nella scuola Diaz ricordata e indagata da Enrico Mentana insieme a Vittorio Agnoletto e Vincenzo Canterini. 






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