La liquidazione coatta amministrativa fu introdotta nell'ordinamento italiano nel
1888 sulle
casse di risparmio.
Questa procedura era vista come uno strumento al servizio di interessi pubblici differenti rispetto a quelli del
fallimento, cioè quelli della
Cassa di Risparmio che era un ente non assoggettabile al fallimento poiché privo del carattere della commercialità. In seguito
la procedura fu estesa ad altri enti come gli istituti per le case popolari e gli enti autonomi di consumo.
In seguito alla
crisi economica americana del
1929, l'intervento dello Stato sull'economia aumentò con l'introduzione di vari strumenti, come la concessione di finanziamenti e di garanzie alle imprese e all'assunzione di partecipazioni da parte dell'
Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che fu costituito per far fronte ai dissesti avvenuti in seguito alla crisi del 1929.
L'interesse pubblico acquistò una caratterizzazione particolare e la procedura di liquidazione coatta amministrativa venne prevista nel
1933 per le società controllate dall'IRI.
Con il progressivo ritirarsi dello Stato dall'esercizio delle attività economiche, i casi considerati divennero marginali, la procedura di liquidazione coatta rimase uno strumento di rilievo per la gestione delle imprese in crisi assoggettate a controllo pubblico, poiché erano e sono chiamate a gestire mezzi finanziari affidati da una grande quantità di soggetti.
Il sistema di vigilanza fu introdotto in primis per le imprese assicurative, poiché dovevano gestire una liquidità notevole, costituita dai premi versati dagli assicurati, l'assoggettamento alla procedura di liquidazione coatta di queste imprese fu introdotta già negli anni venti.
Il controllo pubblico era previsto come tutela per l'ingente massa di assicurati nei confronti della gestione scorretta della liquidità. A fronte del rischio d'insolvenza delle suddette imprese la procedura di liquidazione coatta era considerata più adatta rispetto al fallimento, in quanto presupponeva un controllo quasi continuo da parte dello Stato. Per lo stesso rischio d'insolvenza, un controllo più serrato da parte dello Stato era previsto per le imprese del settore bancario venne previsto l'assoggettamento alla procedura di liquidazione coatta per il sistema bancario e le aziende di credito nel loro complesso. Con il passare del tempo l'assoggettamento a controllo pubblico e alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, venne esteso anche alle società fiduciarie, alle società di gestione dei fondi comuni d'investimento, alle
società di intermediazione mobiliare (SIM) e alle
società di investimento a capitale variabile (SICAV).
La disputa sulla natura commerciale degli enti pubblici veniva superata con la riforma della legislazione civile e commerciale del
1942, dato
che lo statuto dell'imprenditore commerciale venne esteso agli enti pubblici economici ma, allo stesso tempo, la natura particolare dell'interesse pubblico evidenziava l'insufficienza dei tradizionali strumenti di regolazione della crisi e l'assoggettabilità al fallimento degli enti pubblici era chiaramente esclusa dal testo normativo. Con la legge fallimentare del 1942 la necessità di regolamentazione della materia, poiché la liquidazione coatta amministrativa era disciplinata solo dalle leggi speciali che la prevedevano per l'uno o l'altro tipo d'impresa.
Alla nuova legislazione fallimentare, per un'esigenza di uniformità, si consentiva di derogare alle leggi speciali preesistenti e di imporsi come fonte in grado di abrogare le disposizioni delle leggi speciali incompatibili con quelle relative all'accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza
[3], al concorso tra fallimento e liquidazione coatta amministrativa
[4], agli effetti del provvedimento di liquidazione per l'impresa
[5], agli effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti
[6], all'accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza
[7], agli effetti dell'accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza
[8], della formazione dello stato passivo
[9], alle società con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci
[10], alla chiusura della liquidazione
[11].
L'apertura del procedimento di liquidazione coatta preclude al creditore azioni individuali in sede di giurisdizione ordinaria, i creditori devono far valere le proprie istanze nella procedura amministrativa di accertamento dei crediti attuata dal commissario giudiziale.
Soggetti interessati
- imprese bancarie e assicurative
- società partecipate da enti pubblici come l'IRI e l'EFIM
- società cooperative
dell'Etruria e del Lazio S.C. |
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Il centro direzionale della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio ad Arezzo |
Stato | Italia |
Fondazione | 5 gennaio 1882 a Arezzo |
Chiusura | 22 novembre 2015 |
Sede principale | Arezzo |
Gruppo | Gruppo Banca Etruria |
Settore | Bancario |
Dipendenti | circa 1800 (2015) |
Slogan | «Popolare davvero» |
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La
Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio S.C., o brevemente
Banca Etruria, è stata una
banca popolare dal forte presidio territoriale nel
Centro Italia, con sede ad
Arezzo e con una base azionaria di oltre 62.000 soci.
Con decreto del 22 novembre 2015 è stata posta in
liquidazione coatta amministrativa insieme ad altre tre banche della stessa dimensione medio-piccola
[1]. Dal giorno successivo alla messa in liquidazione è stata rifondata attraverso una cessione a favore di una "banca ponte"
[1], denominata Nuova Banca dell'Etruria e del Lazio S.p.A. in breve Nuova Banca Etruria, che ne ha proseguito l'attività grazie all'eliminazione delle sofferenze e a una ricapitalizzazione
[1]. L
bad bank che residua dall'operazione avrà un'esistenza la cui durata sarà legata al tempo necessario a vendere o realizzare le sofferenze della vecchia banca
[1]. Il nuovo istituto bancario non è più una
banca popolare.
Conseguentemente con provvedimenti della Banca d'Italia è stata dichiarata la cessazione della qualifica di "ente ponte" dell'intermediario che prosegue l'attività nell'ambito del
Gruppo UBI.
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