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Avvocatura stuprata: i ladri di energia

Stupro è il termine che ben si adatta a descrivere gli stati di prostrazione e depressione in cui versa l'Avvocatura  di base
.
oggi gli  Avvocati  lo sanno

Nessuno doveva ridurci così, non la crisi, non il lavoro, non i Colleghi: CI E' RIUSCITA CASSA FORENSE.


ISTITUZIONALE "COMPARE DI SBORNIE DI ONNIPOTENZA"  IN NOSTRO DANNO E' IL CNF



I vampiri emozionali non sono sempre consapevoli del loro ruolo e spesso non sono nemmeno persone cattive.

Il Vampiro energetico consapevole, invece, colpisce sapendo di colpire. E’ abbastanza riconoscibile e di solito ce lo troviamo intorno senza aver fatto molto per attirare la sua attenzione. Forse perché siamo stati noi ad aver attirare la sua. Sono persone che fanno di tutto per entrare a forza nella nostra vita.


Sono persone che invadono la nostra libertà senza porsi alcun limite e che sono convinte che tutto il resto dell’umanità sia stata creata per soddisfare i loro bisogni. Lentamente, succhiano tutte le vostre energie emozionali. Il problema è che i vampiri emozionali non solo ci provocano un disagio momentaneo, rapportandoci con loro ci causano grande stress e angoscia, non solo a livello emotivo, ma anche fisicamente. In realtà, le emozioni e gli stati emotivi negativi mantenuti nel tempo possono dare origine a numerose malattie. Quindi il primo passo per affrontare i vampiri emozionali è quello di distinguerli:


autoritario
Impone la sua presenza facendo leva sulla sua presunta superiorità; non ammette che venga offuscata la sua autorità e si sente soddisfatto quando riesce a controllare qualcuno.
appiccicoso
Stabilisce dei legami stretti ed indissolubili con le persone che sceglie. E’ il suo modo per approfittare della loro linfa ed energia vitale.
controllore
Con l’astuzia si intromettono nella vita altrui riuscendo a controllarla e ad imporre la loro volontà
.
illuminato
E’ un vampiro energetico che si spaccia per una grande personalità mentre non riesce a far altro che assorbire la linfa vitale di chi gli sta accanto.
moralista
Si tratta di persone che si ergono a giudici degli altri e non esitano ad imporre schemi e regole.




Fonte: Psicoadvisor.com

















Wikipedia | by_Julia_Margaret_Cameron.jpg









AVVOCATURA AVVELENATA 


"(...)  è stata, e viene lesa, la dignità dell’avvocato e l’interesse di quel Cittadino alla cui tutela dei diritti la funzione pubblica dell’avvocato è preposta.

Ad ogni modo a proposito della c.d. dignità della Persona umana, dimentichiamo, o facciamo finta di non vedere e di non capire, la sua grande rilevanza giuridica e sociale.
E pensare che il medesimo CNF in composizione giurisdizionale afferma (e quando lo fa, sempre con Sentenza pronunciata “In Nome del Popolo italiano” ed appellabile esclusivamente innanzi alla Cassazione a Sezioni Unite! Non dimentichiamocelo!) che “Il mancato rispetto della dignità della persona costituisce lesione del prestigio dell’avvocatura” e costituisce un requisito imprescindibile della condotta irreprensibile dell’avvocato.



Questo significa che se “il mancato rispetto della dignità” impedisce l’iscrizione all’Albo al contempo lo stesso è ostativo alla permanenza per chi è già iscritto.


 Conseguenza obbligatoria di ciò ed alla luce dell’art. 3 della Carta fondativa di questa Repubblica, che riconosce la “pari dignità sociale” dei cittadini – quindi anche dei colleghi posti “artificiosamente” in sofferenza materiale e psicologica accertabile e documentabile pure dalle registrazioni audio integrali e dai verbali da me da sempre indicati – prima ancora di prescrivere d’essere uguali, è che alcune condotte tenute da Apicali forensi, sia del CNF che di CF, devono condurre alla c.d. “espulsione dal sistema” cui fa sempre riferimento l’esimio collega l’Avv. Nunzio Luciano presidente di Cassa Forense (v. supra).
Significativo, poi, che l’unica occorrenza del sintagma « dignità umana » nella Costituzione italiana sia nel secondo comma dell’art. 41, in cui essa è configurata proprio come un “limite” all’iniziativa economica privata.

Non si ha forse un caso di violazione quando ci si adopera abusando della funzione per prefabbricare norme che mettano un uomo spalle al muro e si fa in modo che non soddisfi i suoi bisogni fondamentali? 
La dignità sociale è esplicitamente menzionata dall’art. 3 della Costituzione ed è sviluppata dall’art. 36 nel diritto ad una « esistenza libera e dignitosa » per il lavoratore e la sua famiglia. Da ricordare anche la bella espressione « esigenze di vita » dell’art. 38, oltre che la significativa citazione della « personalità morale dei prestatori di lavoro » fatta dall’art. 2087 del Codice civile.

Andrebbe aperto un procedimento disciplinare, da parte del Consiglio distrettuale di disciplina di Campobasso, nei confronti dell’Avv. Nunzio Luciano già solamente per le gravissime “ammissioni” fatte il 5 maggio scorso al III° Congresso Giuridico tenutosi a Venezia (v. https://www.facebook.com/ulisso/videos/vb.1540445507/10212313233416214/?type=3&theater ed allegati).
allegato).

E credo sia “indiscutibile” che si offende e lede la dignità di un collega quando lo si identifica colla sua debolezza reddituale!

Ciò che chiaramente è deprecabile non è tanto il giudizio stesso, ma la presunzione di risolvere la persona ed il collega che è l’altro in quel giudizio. E se ad esempio, si offende la dignità di una persona detenuta quando la si identifica con la sua pena: quando la persona non è considerata altro che come un detenuto. Ed ancora si offende la dignità di una persona malata quando la si identifica con la sua malattia: quando la persona non è considerata altro che come un malato. Indubitabilmente, la offende Nunzio Luciano, la dignità dello scrivente e quella della colleganza parimenti debole, quando parifica ed identifica il collega ed il suo merito col portafogli; e così offendendo e ledendo finanche la stessa dignità della Avvocatura." in quanto funzione sociale. (...)"



Il CONTRIBUTO MINIMO OBBLIGATORIO AVVOCATI: DAZIO vampirizzato e BARBARIE dei DIRITTI | Senatrice ADELE GAMBARO


L'Interpello presentato dalla Senatrice Gambaro ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali

Il dazio impositivo "vampirizzato" di Cassa Forense


In foto: Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica italiana, a Roma | via Wikipedia

Il CONTRIBUTO MINIMO OBBLIGATORIO AVVOCATI è un "DAZIO VAMPIRIZZATO": l'Interpello presentato dalla Senatrice Gambaro ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali: "si chiede di sapere: se i Ministri in indirizzo non intendano porre rimedio, con una pronta disposizione legislativa, a quella che l'interpellante ritiene una vera "barbarie dei diritti", perpetuata a danno proprio di una fondamentale categoria del diritto, intervenendo in maniera decisa e urgentemente, onde evitare spiacevoli situazioni di morosità, a tutela delle sue fasce professionali più giovani e deboli, esonerando chi non produce redditi da attività forense, o chi ne produce pochi, dal "pedaggioestorsivo richiesto dalla cassa forense."








"GAMBARO - Ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali. -


Premesso che:


la riforma della "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense" approvata con la legge del 31 dicembre 2012, n. 247, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 gennaio 2013, entrata


in vigore il 2 febbraio 2013, statuiva, al comma 8 dell'art. 21, che l'iscrizione agli albi forensi avrebbe comportato la contestuale iscrizione alla cassa nazionale di previdenza forense;


il comma 9 stabiliva che la cassa, entro un anno dall'entrata in vigore, avrebbe dovuto provvedere ad emanare un apposito regolamento attuativo;


in attesa del regolamento attuativo che doveva disciplinare la "vita professionale", e non solo, di migliaia di avvocati italiani, il clima di profonda, e a giudizio dell'interpellante non scusabile, vacatio legis ha provocato malessere, scoramento e sfiducia in larghissima parte di una categoria storicamente importante ma ormai relegata ai margini oltre che del "processo" così come disposto codicisticamente, anche della vita sociale e civile del Paese;


sempre nelle more dell'emanazione dello stesso, la condizione di incertezza che aleggiava su vasta parte della categoria ha prodotto un frenetico dibattito interno alle associazioni rappresentative sulle posizioni di tutela da assumere nei confronti degli iscritti all'albo con bassi redditi da attività forense, finendo col generare conflitti, incomprensioni e spaccature, con grave danno alla credibilità degli organismi dell'avvocatura preposti a fornire risposte adeguate e tutelare i diritti delle fasce professionali più esposte;


considerato che, per quanto risulta all'interpellante:


l'auspicato regolamento è stato licenziato dal comitato dei delegati della cassa forense il 31 gennaio 2014 ed è entrato in vigore il 21 agosto 2014 con approvazione ministeriale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2014;


in base ai dati forniti dagli ordini di appartenenza (già riccamente sovvenzionati dagli iscritti ogni anno), a partire dal novembre 2014 circa 50.000 avvocati italiani, non ancora iscritti alla cassa per legittimi motivi di redditosono stati iscritti d'ufficio e d'imperio alla stessa a decorrere dall'anno 2014 ex art. 1 del regolamento d'attuazione dell'art 21, commi 8 e 9, della legge n. 247 del 2012, eludendo i più elementari e basici diritti della libertà della persona e del professionista;


in base all'art. 12, comma 1, del regolamento, è fatta salva la possibilità di essere esonerati dall'iscrizione alla cassa e dal pagamento dei contributi minimi 2014 e 2015, laddove il professionista si cancelli in via definitiva dagli albi professionali, entro un termine di 90 giorni dalla ricezione della comunicazione postale;



nell'anno 2014 l'importo della contribuzione minima richiesto dalla cassa agli iscritti in maniera forzata sarà di 846 euro (di cui 151 per contributo maternità, anche per i maschi, oltrepassando il comune senso del ridicolo) quindi una ben considerevole cifra, che è dovuta addirittura da chi incassa e dichiara 0 euro da attività forense;


in pratica, all'avvocato che decide di non svolgere la professione forense ma di fare altro e contribuire previdenzialmente in altro modo, gli viene a giudizio dell'interpellante brutalmente, arbitrariamente, da un ente a cui non deve nulla in quanto non sussiste corresponsione di servizi, sottratto il titolo di professionista legittimamente acquisito, violando la Costituzione fin nei suoi più profondi principi;


atteso che, a giudizio dell'interpellante:


si è davanti a una vera e propria discriminazione contributiva, in quanto chi ha un reddito basso deve pagare un importo fisso, slegato dal proprio reddito;


l'art. 21 del regolamento è palesemente iniquo, sotto diversi profili poiché i contributi minimi obbligatori svincolati completamente da qualsiasi parametro reddituale sono palesemente in contrasto con l'art. 53 della Costituzione, che sancisce il principio della progressività contributiva;


i contributi minimi obbligatori violano l'art. 3 della Costituzione, perché creano discriminazione tra coloro i quali hanno un reddito superiore ai 10.000 euro e coloro che hanno un reddito inferiore a tale soglia; i primi, infatti, pagano in base al reddito, con il pieno riconoscimento dei contributi previdenziali annuali, i secondi, invece, non solo pagano in misura fissa, ma essendo pure costretti a usufruire delle agevolazioni previste dal regolamento, hanno il riconoscimento pari alla metà dei contributi annuali versati;


inoltre, gli stessi contributi minimi obbligatori costringono gli avvocati, con un reddito sotto la soglia prevista, alla cancellazione dall'albo e dunque inibiscono l'esercizio libero della professione forense, sia nell'immediato, e cioè nel caso in cui si decida di non usufruire delle agevolazioni previste dal regolamento e si opti per l'immediata cancellazione, e sia nel lungo periodo, ovvero, quando, alla fine delle agevolazioni, chi non ha raggiunto una soglia di reddito sufficiente sarà comunque costretto a pagare i pieni contributi previdenziali, che in alcuni casi potrebbero persino superare la soglia di reddito dichiarata, costringendo così l'avvocato a cancellarsi comunque, rendendo dunque del tutto inutili i contributi faticosamente versati fino a quel momento;


l'intera normativa, inoltre, viola il principio costituzionale della libertà delle professioni intellettuali (art. 33 della Costituzione), che subordina l'esercizio delle stesse al superamento dell'esame di Stato, senza alcun altro vincolo o parametro, tanto meno reddituale,


si chiede di sapere:


se i Ministri in indirizzo non intendano porre rimedio, con una pronta disposizione legislativa, a quella che l'interpellante ritiene una vera "barbarie dei diritti", perpetuata a danno proprio di una fondamentale categoria del diritto, intervenendo in maniera decisa e urgentemente, onde evitare spiacevoli situazioni di morosità, a tutela delle sue fasce professionali più giovani e deboli, esonerando chi non produce redditi da attività forense, o chi ne produce pochi, dal "pedaggio" estorsivo richiesto dalla cassa forense;


se non vogliano ipotizzare, laddove non si dovesse realizzare la prima ipotesi, forme di contribuzione alla cassa proporzionali al reddito percepito nello svolgimento dell'attività forense, impedendo che la stessa possa operare la cancellazione di un titolo e diritto precedentemente acquisito che ha già il suo fondamento giuridico sinallagmatico nella tassa che si versa ogni anno all'ordine degli avvocati per l'iscrizione nel relativo albo di appartenenza."


















Giuridica News | Avv. Gabriella Filippone







«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza» (Lev Tolstoj)

La rassegna stampa è una sintesi e fornisce i riferimenti dell'articolo (testata, autore, titolo) per reperire sul quotidiano o altra fonte l'articolo completo.
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