In foto: Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica italiana, a Roma | via Wikipedia |
Vi rappresento che sul sito del Senato della Repubblica è consultabile un Interpello /Atto di Sindacato Ispettivo, pubblicato il 15 gennaio 2015, nella seduta n. 377, rivolto ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali, presentato dalla Senatrice Adele Gambaro come primo firmatario.
La Senatrice dimostra le criticità della riforma della "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense", statuente l'obbligo, al comma 8 dell'art. 21, per gli iscritti agli albi forensi di contestuale iscrizione alla cassa nazionale di previdenza forense.
L'interpello in oggetto è una puntuale e curata descrizione di quanto sta accadendo, in modo "vampiresco" in danno di molti avvocati.
Vi copio/incollo di seguito il testo dell'Interpello presentato dalla Senatrice Adele Gambaro, ho evidenziato in neretto alcuni punti trattati che ritengo particolarmente significativi. L'atto politico è stato altresì condiviso sulla pagina facebook del Presidente Nunzio Luciano.
Vi copio/incollo di seguito il testo dell'Interpello presentato dalla Senatrice Adele Gambaro, ho evidenziato in neretto alcuni punti trattati che ritengo particolarmente significativi. L'atto politico è stato altresì condiviso sulla pagina facebook del Presidente Nunzio Luciano.
"GAMBARO - Ai Ministri della giustizia e del lavoro e delle politiche sociali. -
Premesso che:
la riforma della "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense" approvata con la legge del 31 dicembre 2012, n. 247, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 gennaio 2013, entrata
in vigore il 2 febbraio 2013, statuiva, al comma 8 dell'art. 21, che l'iscrizione agli albi forensi avrebbe comportato la contestuale iscrizione alla cassa nazionale di previdenza forense;
il comma 9 stabiliva che la cassa, entro un anno dall'entrata in vigore, avrebbe dovuto provvedere ad emanare un apposito regolamento attuativo;
in attesa del regolamento attuativo che doveva disciplinare la "vita professionale", e non solo, di migliaia di avvocati italiani, il clima di profonda, e a giudizio dell'interpellante non scusabile, vacatio legis ha provocato malessere, scoramento e sfiducia in larghissima parte di una categoria storicamente importante ma ormai relegata ai margini oltre che del "processo" così come disposto codicisticamente, anche della vita sociale e civile del Paese;
sempre nelle more dell'emanazione dello stesso, la condizione di incertezza che aleggiava su vasta parte della categoria ha prodotto un frenetico dibattito interno alle associazioni rappresentative sulle posizioni di tutela da assumere nei confronti degli iscritti all'albo con bassi redditi da attività forense, finendo col generare conflitti, incomprensioni e spaccature, con grave danno alla credibilità degli organismi dell'avvocatura preposti a fornire risposte adeguate e tutelare i diritti delle fasce professionali più esposte;
considerato che, per quanto risulta all'interpellante:
l'auspicato regolamento è stato licenziato dal comitato dei delegati della cassa forense il 31 gennaio 2014 ed è entrato in vigore il 21 agosto 2014 con approvazione ministeriale pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 192 del 20 agosto 2014;
in base ai dati forniti dagli ordini di appartenenza (già riccamente sovvenzionati dagli iscritti ogni anno), a partire dal novembre 2014 circa 50.000 avvocati italiani, non ancora iscritti alla cassa per legittimi motivi di reddito, sono stati iscritti d'ufficio e d'imperio alla stessa a decorrere dall'anno 2014 ex art. 1 del regolamento d'attuazione dell'art 21, commi 8 e 9, della legge n. 247 del 2012, eludendo i più elementari e basici diritti della libertà della persona e del professionista;
in base all'art. 12, comma 1, del regolamento, è fatta salva la possibilità di essere esonerati dall'iscrizione alla cassa e dal pagamento dei contributi minimi 2014 e 2015, laddove il professionista si cancelli in via definitiva dagli albi professionali, entro un termine di 90 giorni dalla ricezione della comunicazione postale;
in sostanza, la mancata iscrizione alla cassa e del relativo dazio impositivo "vampirizzato" comporta la cancellazione punitivo-sanzionatoria di un diritto acquisito con un duro esame di Stato svolto per l'abilitazione all'esercizio alla professione legale, superato il quale si conferisce il titolo di avvocato che si ha il diritto, costituzionalmente garantito, di possedere per tutto il tempo che si desidera;
nell'anno 2014 l'importo della contribuzione minima richiesto dalla cassa agli iscritti in maniera forzata sarà di 846 euro (di cui 151 per contributo maternità, anche per i maschi, oltrepassando il comune senso del ridicolo) quindi una ben considerevole cifra, che è dovuta addirittura da chi incassa e dichiara 0 euro da attività forense;
in pratica, all'avvocato che decide di non svolgere la professione forense ma di fare altro e contribuire previdenzialmente in altro modo, gli viene a giudizio dell'interpellante brutalmente, arbitrariamente, da un ente a cui non deve nulla in quanto non sussiste corresponsione di servizi, sottratto il titolo di professionista legittimamente acquisito, violando la Costituzione fin nei suoi più profondi principi;
atteso che, a giudizio dell'interpellante:
si è davanti a una vera e propria discriminazione contributiva, in quanto chi ha un reddito basso deve pagare un importo fisso, slegato dal proprio reddito;
l'art. 21 del regolamento è palesemente iniquo, sotto diversi profili poiché i contributi minimi obbligatori svincolati completamente da qualsiasi parametro reddituale sono palesemente in contrasto con l'art. 53 della Costituzione, che sancisce il principio della progressività contributiva;
i contributi minimi obbligatori violano l'art. 3 della Costituzione, perché creano discriminazione tra coloro i quali hanno un reddito superiore ai 10.000 euro e coloro che hanno un reddito inferiore a tale soglia; i primi, infatti, pagano in base al reddito, con il pieno riconoscimento dei contributi previdenziali annuali, i secondi, invece, non solo pagano in misura fissa, ma essendo pure costretti a usufruire delle agevolazioni previste dal regolamento, hanno il riconoscimento pari alla metà dei contributi annuali versati;
inoltre, gli stessi contributi minimi obbligatori costringono gli avvocati, con un reddito sotto la soglia prevista, alla cancellazione dall'albo e dunque inibiscono l'esercizio libero della professione forense, sia nell'immediato, e cioè nel caso in cui si decida di non usufruire delle agevolazioni previste dal regolamento e si opti per l'immediata cancellazione, e sia nel lungo periodo, ovvero, quando, alla fine delle agevolazioni, chi non ha raggiunto una soglia di reddito sufficiente sarà comunque costretto a pagare i pieni contributi previdenziali, che in alcuni casi potrebbero persino superare la soglia di reddito dichiarata, costringendo così l'avvocato a cancellarsi comunque, rendendo dunque del tutto inutili i contributi faticosamente versati fino a quel momento;
l'intera normativa, inoltre, viola il principio costituzionale della libertà delle professioni intellettuali (art. 33 della Costituzione), che subordina l'esercizio delle stesse al superamento dell'esame di Stato, senza alcun altro vincolo o parametro, tanto meno reddituale,
si chiede di sapere:
se i Ministri in indirizzo non intendano porre rimedio, con una pronta disposizione legislativa, a quella che l'interpellante ritiene una vera "barbarie dei diritti", perpetuata a danno proprio di una fondamentale categoria del diritto, intervenendo in maniera decisa e urgentemente, onde evitare spiacevoli situazioni di morosità, a tutela delle sue fasce professionali più giovani e deboli, esonerando chi non produce redditi da attività forense, o chi ne produce pochi, dal "pedaggio" estorsivo richiesto dalla cassa forense;
se non vogliano ipotizzare, laddove non si dovesse realizzare la prima ipotesi, forme di contribuzione alla cassa proporzionali al reddito percepito nello svolgimento dell'attività forense, impedendo che la stessa possa operare la cancellazione di un titolo e diritto precedentemente acquisito che ha già il suo fondamento giuridico sinallagmatico nella tassa che si versa ogni anno all'ordine degli avvocati per l'iscrizione nel relativo albo di appartenenza."
Fonte: www.senato.it
A cura di Gabriella Filippone - In questo contemporaneo deserto politico di indifferenza che mi/ci circonda, e ci lascia a noi stessi, ho proprio necessità fisica di ringraziare pubblicamente la senatrice Adele Gambaro: è arduo trovare qualcuno che CI creda, che comprenda il disagio, il bersaglio di cui siamo vittime involontarie.
Che percepisca pienamente l'aberrazione di un sistema caotico ed al contempo futile ed annoiato, sfocato negli obiettivi, sbilanciato, e "maledettamente contro", un sistema che si esplica regolamentando male, tra uno sbadiglio e l'altro dell'opinione pubblica, tra un'invettiva qualunquista riguardo al numero degli avvocati italiani ed altre "perle".
Un'oasi nell'esacerbante, cinica ed inesorabile, invasione qualunquista di "taluni colleghi" nella vita e nelle scelte di altri colleghi.
Esultanza "draculina" (da Wikipedia: la draculina è una glicoproteina anticoagulante presente soprattutto nella saliva dei chirotteri, secreta dalla lingua dei pipistrelli vampiri e permette all'animale di leccare il sangue delle prede, che morde delicatamente con i denti affilati, e di fare sì che esso non si coaguli) di troppi Colleghi - quotidianamente dimostrata e ribadita pubblicamente nei network - alla solleticante prospettiva di mettere fuori gioco una fetta considerevole di avvocati, circa 1/3 (tra avvocati a basso e medio reddito, anche questi ultimi a rischio cancellazione).
"Colleghi" che allestiscono in tuo danno un teatrino chiassoso, gaudente o sdegnato (questione di stile altrui) - un'intenzionale sorta di "gogna" pubblica - che vorrebbero stabilire per te, vantando una odiosa tendenza asfissiante nei tuoi confronti, un'azzardata ed altezzosa presa di posizione, con tanto di spendita, nei tuoi confronti, di parole PUBBLICHE frastornanti, taglienti e nocive. Illecite interferenze.
Esercizio di pubblica PROSOPOPEA, per sostituirsi al tuo libero arbitrio, per stimolare in te il bisogno di cancellarti, di diventare una disoccupata ad ogni effetto, o se ti andrà "di lusso" per diventare professionalmente altro.
Un'oasi nell'esacerbante, cinica ed inesorabile, invasione qualunquista di "taluni colleghi" nella vita e nelle scelte di altri colleghi.
Esultanza "draculina" (da Wikipedia: la draculina è una glicoproteina anticoagulante presente soprattutto nella saliva dei chirotteri, secreta dalla lingua dei pipistrelli vampiri e permette all'animale di leccare il sangue delle prede, che morde delicatamente con i denti affilati, e di fare sì che esso non si coaguli) di troppi Colleghi - quotidianamente dimostrata e ribadita pubblicamente nei network - alla solleticante prospettiva di mettere fuori gioco una fetta considerevole di avvocati, circa 1/3 (tra avvocati a basso e medio reddito, anche questi ultimi a rischio cancellazione).
"Colleghi" che allestiscono in tuo danno un teatrino chiassoso, gaudente o sdegnato (questione di stile altrui) - un'intenzionale sorta di "gogna" pubblica - che vorrebbero stabilire per te, vantando una odiosa tendenza asfissiante nei tuoi confronti, un'azzardata ed altezzosa presa di posizione, con tanto di spendita, nei tuoi confronti, di parole PUBBLICHE frastornanti, taglienti e nocive. Illecite interferenze.
Esercizio di pubblica PROSOPOPEA, per sostituirsi al tuo libero arbitrio, per stimolare in te il bisogno di cancellarti, di diventare una disoccupata ad ogni effetto, o se ti andrà "di lusso" per diventare professionalmente altro.
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VIDEO - "SELFIE IN LAW ed altri racconti": la campagna #iononmicancello, in sequenza fotografica una carrellata di alcuni dei tantissimi selfie pubblicati on line; altre varie immagini e tematiche forensi. E' d'obbligo precisare che la campagna #iononmicancello non verte in ambito di incitamento alla rivolta fiscale e previdenziale. Tutto questo la campagna non sarebbe. I chiarimenti di un partecipante: "Non è una protesta, non è fiscale e neppure contributiva. E' la segnalazione di un fatto vero e concreto che nessuno può ignorare", in quanto pressoché diffuso a tante categorie di professionisti e di lavoratori autonomi del cd. "popolo delle partite IVA".
La campagna #iononmicancello è stata promossa da MGA Mobilitazione Generale Avvocati. Le precisazioni alla stampa di MGA : “Ci teniamo però a precisare – spiega il presidente di Mga, Cosimo D. Matteucci – che non abbiamo mai invitato nessuno a non pagare i bollettini. Piuttosto sosteniamo che chi non ce la fa a saldare in tempo, non debba essere costretto a cancellarsi dall'albo. E chiediamo una riforma: si passi al sistema contributivo, come è per tutti gli altri lavoratori, in modo che quanto dovuto sia sempre proporzionale al reddito”. Vedi articolo pubblicato da L'Espresso Repubblica:
Per non parlare di "strani stupori" serpeggianti tra "taluni colleghi" che trovano la loro ciliegina nella torta nella "candida" affermazione, riportata dalla stampa nazionale, del Presidente di Cassa forense Nunzio Luciano: "Chi è iscritto all'Albo da più di otto anni e dichiara un reddito di meno di 10 mila euro l'anno, dovrà chiedersi se davvero vale la pena continuare a svolgere questa professione. In quel caso dire che la previdenza è il vero problema, mi sembra non coerente con la realtà".
Gabriella Filippone Blog
Si declina ogni responsabilità per errori od omissioni, nonché per un utilizzo improprio o non aggiornato delle notizie e delle informazioni.
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