OMESSA VIGILANZA: SCATTA RESPONSABILITA’
PENALE DEI SINDACI
Rassegna News Giuridiche by Filippone
Dall'inosservanza dei doveri di vigilanza imposti ai sindaci o al collegio sindacale può derivare responsabilità penale per concorso omissivo nei reati commessi dagli amministratori.
Dall'inosservanza dei doveri di vigilanza imposti ai sindaci o al collegio sindacale può derivare responsabilità penale per concorso omissivo nei reati commessi dagli amministratori.
Lo ha affermato la Corte di cassazione con la sentenza n. 13517/2014.
I giudici hanno ritenuto sempre configurabile la responsabilità in capo al sindaco che non abbia segnalato all'assemblea o al pubblico ministero i propri dubbi sulla regolarità delle operazioni compiute dagli amministratori e abbiano poi portato al fallimento della società.
Se i membri del collegio sindacale non hanno rilevato macroscopiche violazioni o non hanno fatto nulla di fronte a operazioni di dubbia legittimità e regolarità, è sempre configurabile una violazione del dovere di vigilanza imposto loro per legge.
La pronuncia della Cassazione non è isolata: anche altre sentenze di legittimità tracciano gli obblighi di vigilanza in capo ai sindaci.
Si pretendendo controlli attenti, accurati e rigorosi per escludere una loro eventuale responsabilità.
La Corte ha precisato che, in caso di illecito fallimentare da parte degli amministratori, è configurabile la responsabilità anche in capo ai sindaci nella forma del concorso omissivo: ai sensi dell’articolo 40, comma 2 del Codice penale, non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo (sentenza 26399 del 18 giugno 2014).
“… Ai fini della configurabilità della violazione del dovere di vigilanza imposto ai sindaci, non è necessaria l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere”. Lo ha stabilito la Cassazione in ordine ad una vicenda che aveva visto il Fallimento della società convenire in giudizio amministratori e sindaci quali responsabili della decozione della società.
La Cassazione però – esaminando congiuntamente i motivi – ha sinteticamente ritenuto che non fosse necessario individuare nello specifico i comportamenti compiuti dai sindaci in contrasto con i loro obblighi di vigilanza, perché fossero riconosciute le violazioni degli articoli 2406 e 2409 del Codice Civile in capo al collegio.
La Corte ha giudicato sufficiente, ai fini del riconoscimento di responsabilità solidale fra amministratori e collegio sindacale, che i sindaci “…non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, e non abbiano quindi posto in essere quanto necessario per assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede”. Tale responsabilità inoltre, statuisce la Corte, “si estende al contenuto della gestione nel caso in cui il danno non si sarebbe verificato se i sindaci avessero adeguatamente vigilato”,ritenendo la sommatoria delle operazioni illecitamente compiute un sufficiente parametro oggettivo di liquidazione del pregiudizio sofferto dalla società (il Fallimento della stessa, come spesso avviene).
Davvero poche, dunque, le chances riservate ai professionisti – che abitualmente ricoprono tale incarico – in caso di decozione societaria: essendo onere dei medesimi provare positivamente di aver posto in essere con ogni mezzo il proprio obbligo di vigilanza.
A questo riguardo, non pare fuori luogo rilevare un contrasto con altre sentenze della stessa Corte che, in passato, aveva affermato che l’accertamento del nesso causale (omesso controllo – pregiudizio della società) è “indispensabile per l’affermazione della responsabilità dei sindaci in relazione ai danni subiti dalla società come effetto del loro illegittimo comportamento omissivo”, a tal fine occorrendo accertare che “un diverso e più diligente comportamento dei sindaci nell’esercizio dei loro compiti (tra cui la mancata tempestiva segnalazione della situazione agli organi di vigilanza esterni) sarebbe stato idoneo ad evitare le disastrose conseguenze degli illeciti compiuti dagli amministratori” (Corte di Cassazione - Prima Sezione, n. 2538/2005).
È d’obbligo una precisazione sul punto: il nuovo comma 1 dell’articolo 2403 del Codice Civile, post-riforma 2003, prevede che il collegio sindacale debba vigilare “sul rispetto dei principi di corretta amministrazione”, con ciò modificando la più ampia formula precedente, in base alla quale “il collegio sindacale deve controllarel’amministrazione della società”.
Al collegio sindacale, dunque, non dovrebbe mai essere riconosciuto un dovere di vigilanza in linea generale ed astratta, una valutazione di opportunità e convenienza economica delle scelte imprenditoriali, né la Legge riconosce ai sindaci un ruolo di amministrazione attiva, nemmeno in via di sostituzione all’amministratore. La sottile linea di confine richiamata dall’articolo 2403 Codice Civile, che spesso sembra così invisibile, deve ricordare che non si può, in ogni caso, domandare ai sindaci di società una sorta di… controllo suppletivo. Non più oltre, trasformare l’obbligo di vigilanza in una responsabilità oggettiva.
(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza del 24 aprile 2014, n. 13517)
Nello svolgimento dei loro compiti, i sindaci sono investiti di funzioni di controllo da esercitare secondo la diligenza richiesta. Il loro obbligo non si limita al mero controllo contabile, ma si estende al contenuto della gestione. Pur non ingerendo direttamente sulle scelte imprenditoriali, l’obbligo di vigilanza dovrà riguardare anche il riscontro, seppur minimo, tra la realtà effettiva e la sua rappresentazione contabile.
Fonte: Rosanna Acierno | Responsabilità penale dei sindaci per il danno da omessa vigilanza | II Sole 24 Ore
Rassegna News Giuridiche a cura di avv. Gabriella Filippone
Blog: studio legale avvocato Gabriella Filippone
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