Ottobre 2017 | Avvocato Gabriella Filippone | Rassegna notizie on line |
Immagine: Voyager Golden Record via Wikipedia |
Vi è mai accaduto di dire una cosa a qualcuno e pensare che non aveva capito?
Oppure, di dire una cosa per ottenere una certa risposta, di ricevere una risposta diversa, e di pensare che la colpa sia del vostro interlocutore?
In un dialogo come in un discorso, non che si chiede cacofonicamente "avete capito o no?".
In corretto italiano non ci si rivolge ad altri con un "capito?" E' da zotici invadenti, così viene ritenuto.
La comunicazione non è mai a senso unico, nemmeno quando il messaggio che va dall’emittente al ricevente viene percepito in modo distorto.
“Tu non hai capito”. E' questa sicuramente una delle frasi che vi sarà accaduto di pronunciare o di ascoltare, indirizzata a voi o ad altri.
Chi parla – l’emittente – intende così dire a chi ha ricevuto il suo messaggio – il destinatario – che egli non ha saputo capirlo e che quanto detto è stato frainteso dal destinatario.
Chi parla – l’emittente – intende così dire a chi ha ricevuto il suo messaggio – il destinatario – che egli non ha saputo capirlo e che quanto detto è stato frainteso dal destinatario.
Ergo, la responsabilità è sua. Così ci si mette al riparo da proprie responsabilità, che invece ci sono sempre, qualunque sia la forma di comunicazione che utilizziamo nell'ambito delle relazioni umane.
A frasi come “Tu non hai capito” ne fanno, spesso, da corollario molte altre: “Non mi ascolti”, “Pensi di sapere cosa voglio dire”, “Non sai cosa dico”, e frasi più generalizzanti ed anche sempre meno diplomatiche, da “Tu non capisci niente” a tutto quello che, in un dialogo che si trasforma in discussione, può derivare. Frasi che non aiutano a comprendersi meglio, anzi. Spesso provocano ulteriori incomprensioni.
Nessuno riesce a "capire meglio" quando si sente ferito o attaccato.
Video: Allora, avete capito o no! | Edoardo BENNATO
La comunicazione non è mai a senso unico. Quando un messaggio non viene “decodificato” nel modo giusto, non dipende mai solo da chi non riesce ad interpretarlo. Dipende anche da chi non è riuscito a trasmettere il suo messaggio (parole, stato emozionale, metacontesto etc.) perchè l'altro potesse comprenderlo.
La figura dell'emittente e del ricevente, divise nella teoria della comunicazione, per comprendere il processo comunicativo, nella realtà non sono mai distinte.
Siamo contemporaneamente, emittenti e riceventi.
Se mentre parlo a una persona quella tace, comunica ugualmente: con uno sguardo oppure un’occhiataccia, con un sorriso o un'alzata di spalle, e così via. Quindi, entrambi riceviamo e comunichiamo nello stesso momento.
Sapere che la comunicazione non è mai a senso unico rende consapevoli del fatto che siamo responsabili dei risultati che otteniamo così quanto lo sono le persone che ci troviamo di fronte.
Comunicare per essere
Nella teoria della comunicazione il primo livello della buona comunicazione è quello dell’espressione di sé.
E' un livello in cui non comunichiamo per raggiungere un obiettivo, perché qualcuno faccia qualcosa per noi, perché faccia quello che vorremmo noi, perché risponda quello che vorremmo sentirci dire. No.
Il primo livello serve a cercare di comunicare nel modo migliore possibile – che significa, comprensibile alla maggior parte degli altri essere umani, indipendentemente dai loro modi di vedere e di vivere la vita e le relazioni
Siamo quello che comunichiamo. E se quello che comunichiamo non è ciò che siamo, i rapporti diventano via via meno soddisfacenti, più frustranti.
E’ questa una delle cause principali delle crisi nelle relazioni. Quando non ci si sente compresi, quando l’altro sembra distante, sembra cambiato, sembra non voler più le stesse cose. A volte, dopo poche settimane di vita insieme. A volte, dopo una vita insieme.
Così, la prossima volta che vi accorgete di stare per dire: “Non hai capito”, fermatevi.
EDOARDO BENNATO
Dotti medici e sapienti
E nel nome del progresso
il dibattito sia aperto,
parleranno tutti quanti,
dotti medici e sapienti.
Tutti intorno al capezzale
di un malato molto grave
anzi già qualcuno ha detto
che il malato è quasi morto.
Così giovane è peccato
che si sia così conciato
si dia quindi la parola
al rettore della scuola.
Sono a tutti molto grato
di esser stato consultato
per me il caso è lampante
costui è solo un commediante!
No, non è per contraddire
il collega professore
ma costui è un disadattato
che sia subito internato!
Permettete una parola, io non sono mai andato a scuola
e fra gente importante, io che non valgo niente
forse non dovrei neanche parlare,
Ma dopo quanto avete detto, io non posso più stare zitto
e perciò prima che mi possiate fermare
devo urlare, e gridare, io lo devo avvisare,
di alzarsi e scappare anche se si sente male,
che se si vuole salvare, deve subito scappare!
Al congresso sono tanti,
dotti, medici e sapienti,
per parlare, giudicare,
valutare e provvedere,
e trovare dei rimedi,
per il giovane in questione.
Questo giovane malato
so io come va curato
ha già troppo contaggiato
deve essere isolato!
Son sicuro ed ho le prove
questo è un caso molto grave
trattamento radicale
prima che finisca male!
Mi dispiace dissentire
per me il caso è elementare
il ragazzo è un immaturo
non ha fatto il militare!
«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza» (Lev Tolstoj)
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