I MERITEVOLI
A parte la fatica "bestiale" che ho riscontrato nel convincere me stessa a vedere il video che segue (perché non tutti, e comunque non nella stessa misura, sono interessati alle sorte dell'ente privato che viene rappresentato in video)
- stante ad ogni modo la mia mancanza di interesse alle parole del congressista (noto personaggio),
- stante le mie diverse posizioni riguardo ai temi trattati nel video, preferirei non sprecarmi in una diatriba impari (alias a perdere) coi cd. poteri forti dell'avvocatura, o tanto meno risultare danneggiata in modo ossessivo e penetrante da soggetti forensi di potere e di vario livello, pubblico o meno pubblico.
Le pseudo guerre psicologiche di potere politico finanziario ed economico (mettiamoci pure quelle previdenziali) mi sfiniscono, non fanno per me, mi disgustano. Le lascio ad altri che dalla guerra ne traggono vantaggi, anche forse soprattutto, economici.
Il lavoro (LIBERO) credo sia altro, o me lo auguro.
Il lavoro (LIBERO) credo sia altro, o me lo auguro.
Ha però colpito la mia attenzione un post che qualcuno ha pubblicato su fb e che circola on line. Mi sarebbe piacuto sapere DOVE esattamente sarebbero state pronunciate quelle parole gravissime, mentre da CHI è stato già specificato nello stesso post che segue (riascoltando però attentamente il video in questione ho lì ritrovato incredula quelle affermazioni:
"Grazie al regolamento di contributi siamo riusciti a fare una pulizia nel sistema, non c'è spazio per tutti solo per i meritevoli" (Nunzio Luciano)
Video: III Congresso Giuridico - Venezia 5 maggio 2017 | via You Tube
Immagine:Totò diabolicus | Totò nei panni del generale fascista Scipione di Torrealta | via Wikipedia
Confortevolmente adagiati sul loro concetto di "merito" (che non è certamente quello costituzionale) Cassa Forense & Co hanno di fatto estromesso, distraendoli con modalità coercitive e odiose, tanti professionisti dal mondo del loro lavoro.
Chi sono i meritevoli e chi stabilisce quali lo siano? Chi trae un vantaggio economico professionale dalla suddivisione operata? Ho le mie risposte. Me le tengo. Voi tenetevi le vostre, se ne avete, e immagino ne abbiate.
PAOLO ROSA: "Il solito pistolotto sul welfare attivo, sull’assistenzialismo pagato dai colleghi, sul potere di “sfoltimento e pulizia dell’albo” operato con la leva previdenziale. Francamente questo è stato l’aspetto peggiore del discorso di Luciano, ricaduto nel vecchio vizio di pensare che gli tocchino ruoli che invece non gli competono. Pericolosissimo affermare che i falsi avvocati sono stati spinti alla cancellazione per via del pagamento dei contributi previdenziali, che restano peraltro esosi, illegittimi ed incostituzionali. Pericoloso e sbagliato, perché quei contributi illegali stanno spingendo a cancellarsi non solo i falsi avvocati, ma anche e soprattutto i giovani, i deboli, le donne."
DANIELA NAZZARO: "Non ha parlato di trasparenza delle delibere, non ha parlato di bilancio né di avanzo, non ha parlato di investimenti finanziari, non ha parlato di natura tributaria dei contributi, non ha parlato dell'imminente aumento del contributo di maternità a carico di tutti gli iscritti, non ha parlato del ricavo "nascosto" relativo al contributo di solidarietà, non ha parlato del flop Cicerone! Ha solo accusato gli Ordini di avere contribuito in qualche modo agli esuberi: è falso , gli esuberi si sono formati molto prima all'interno delle Università ed in sede di esame di Stato. Ha quindi elogiato il regolamento contributi perche' avrebbe permesso di fare "pulizia ", che con tutta evidenza non è una selezione per meriti , come richiede la legge 247/2012 art. 1 e 21 ! Infine continua a promuovere polizze, banche dati e corsi, in particolare un corso in diritto ambientale.. forse per specializzarsi in bonifiche!
Non sono gli Ordini che decidono chi debba diventare Avvocato, non sono gli Ordini che rilasciano l'Abilitazione. L'unico requisito previsto dalla Costituzione ai fini dell'esercizio della professione e' il superamento dell'esame di Stato. Dinanzi alla richiesta di un Avvocato Abilitato di iscriversi all'Albo, l' Ordine non ha alcun potere di rigettarla nel merito, ne' CF ha alcun potere di fare selezione in entrata, ne' debbono averlo ! NON possono assolutamente limitare gli accessi! La selezione in entrata la fanno le Università e il Ministero della Giustizia. Questa e' la Costituzione.
Il regolamento contributi come strumento di selezione sarebbe quindi illegittimo, per violazione dei criteri meritocratici richiesti dalla LP art. 1 co. 1 lett. D) e art. 21 co. 1."
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POLITICA DI TAGLI ALLA CONCORRENZA | Immagine di proprietà di G. Filippone
DIEGO FUSARO: "Stiamo entrando, è bene averne coscienza, in una società di controllo.
Sta finendo l'era della società disciplinare e stiamo entrando in una fase di società di controllo.
Quello che sta avvenendo molto evidentemente è il fatto che si sta sta abbandonando il modello dell'uomo come animale politico, socievole, razionale.
Si sta imponendo, in coerenza con le logiche della tecnicizzazione capitalistica, il paradigma dell'uomo come animale tecnicizzato che sempre più diventa un mero supporto della tecnica, un mero giocattolo nelle mani della tecnica, un mero apparato, una mera protesi di questo sistema che ha come unico fine non certo quello di valorizzare la vita umana rendendola migliore, ma semplicemente l'unico valore è la nichilistica crescita autoreferenziale della tecnica stessa."
Non è che qualcuno ci guadagna nella confusione della gente?
"Certamente, c'è questo aspetto. Non bisogna che la tecnica prenda il sopravvento e faccia di noi dei meri strumenti.
Il nuovo totalitarismo liberal libertario della tecnica" (Fusaro)
Andiamo a ritroso ANNI 2012 - 2013 - 2014
CONTINUITA' PROFESSIONALE E TUTELA DELLA DIGNITA'
"Le difficoltà di una categoria che conta tantissimi iscritti sono sotto gli occhi di tutti; decine di migliaia di giovani avvocati annaspano in proprio o presso studi di cui, di fatto, sono dipendenti, ma senza ricevere le tutele previste per qualsiasi lavoratore subordinato. Costoro, invero, dal punto di vista lavorativo sono dei veri e propri “soggetti deboli” che rischiano di essere vessati e incalzati da questa norma sulla continuità professionale a scapito della loro dignità e tranquillità personale. Quando si vuol giustificare la previsione del criterio della continuità dell’esercizio professionale come garanzia dell’affidabilità della prestazione legale, più che ad un argomento serio viene da pensare ad una strumentale forzatura.
L’assunto è che ad un più alto fatturato corrisponde una maggiore affidabilità della prestazione legale come se, fra l’altro, la difficoltà di fatturare dipendesse dalla negligenza o impreparazione del professionista e fosse a quest’ultimo colpevolmente imputabile fino al punto di cancellarlo dall’Albo e privarlo, comunque, del proprio lavoro.
L’art. 35, primo comma, della Costituzione tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni (senza distinzioni fra lavoro manuale e intellettuale), ergo, fino a prova contraria, in una Repubblica che si fonda ancora su di esso anche il lavoro di un Avvocato è ampiamente tutelato, a maggior ragione ove prevale sul capitale. Se la Corte di giustizia europea con un orientamento ben consolidato si è espressa sempre contro norme che individuano nella continuità di un’attività professionale il requisito cui venga condizionato il riconoscimento di un qualsiasi beneficio, la possibilità di accesso a uno status determinato, una qualifica o un trattamento, lo ha fatto a tutela della dignità del professionista poiché intravedeva in tali norme possibilità di discriminazione anche indiretta a scapito delle donne e dei soggetti deboli in genere. Immaginate, poi la situazione verosimile di quegli Avvocati che, loro malgrado, non riuscendo a mantenere il passo con i criteri della continuità professionale si vedranno costretti ad addurre giustificazioni varie innanzi a loro colleghi e concorrenti sul perché non hanno raggiunto determinati parametri reddituali (o non hanno pagato i contributi loro richiesti) con grave e inaccettabile lesione e mortificazione della loro dignità personale; tralasciando poi i probabili risvolti clientelari per cercare in qualche modo di sfuggire alla mannaia che li estrometterebbe definitivamente dal giro, anche modesto, di clientela e di guadagno. Che sorte toccherebbe a quei 50-60 mila professionisti che già attualmente non sono in linea con i criteri di continuità previsti per la previdenza forense? E tutti gli altri avvocati si sentirebbero tranquilli a lasciare al Ministro di Grazia e Giustizia e al Consiglio Nazionale Forense una delega in bianco volta a individuare periodicamente e a propria discrezionalità i criteri a cui bisognerà attenersi per conservare l'iscrizione all'Albo e per poter continuare a lavorare? In definitiva, anche volendo dare un minimo di credito alle istanze del CNF e dell' OUA che con tanta enfasi perorano l'approvazione di questo articolo, va affermato con forza che prima della dignità e del decoro della professione di Avvocato viene la tutela della dignità e del decoro della persona umana e di chi lavora."
(vedi: AGICOSUL Associazione Giuristi e Consulenti legali. ANNO 2014LA LETTERA SFOGO DI UNA COLLEGA AVVOCATO E IL TAM TAM TRA I COLLEGHICI VOGLIONO COSI'?Articolo di Gabriella Filippone (avvocato) - Pubblico l'amaro e triste sfogo di un Avvocato siciliano, Elisabetta, che ha sentito di dover inviare una missiva al suo COA di appartenenza.
La missiva è stata poi diffusa anche on line dai Colleghi, come un "tam tam" tra i gruppi forensi
Un "J'accuse" perché si sappia, questa è la condizione di tanti liberi professionisti in Italia, avvocati, architetti, ingegneri, medici geometri ... ed è anche quella di altri, lavoratori autonomi quali gli artigiani, i commercianti, i piccoli imprenditori,insomma un po' tutto il cd. "popolo dei professionisti e delle partite IVA" è interessato al fenomeno sociale ed economico in atto.
Il problema è che non solo c'è poco lavoro o è mal distribuito (secondo le opinioni correnti) è che vogliono proprio incastrarci di debiti, sbatterci fuori. E ad oggi, per quanto riguarda specificamente la nostra categoria forense, hanno dimostrato di poterlo farlo, imponendo il famigerato regolamento.
Ci pretendono in Cassa e pretendono soldi, anche se e quando non hai prodotto reddito. Non ci lasciano in pace. Si sono inventati i contributi minimi obbligatori. Una sorta di mixture tra "mobbing e stalking professionale" molto spinta, nella "complice" o "compiacente" indifferenza statale/governativa. Uno Stato indebitato che vuole anche noi indebitati.
Stiamo reagendo, è stato impugnato davanti al Tar del Lazio il noto Regolamento di Cassa Forense, ne è stata chiesta la sospensiva.
Ci stiamo provando ad evitare l'esodo dall'Albo dei Colleghi, considerati dall'Ordinamento Forense una "zavorra" e precipitati dalla Cassa di categoria in una situazione di debitori legali in quanto il titolo è considerato presuntivo di reddito (magari!).
Ammiro la dignità della Collega e pubblico di seguito la sua missiva. Un'avvertenza: qualcuno/a ha ammesso di averpianto o di essersi ritrovata/o a trattenere le lacrime agli occhi durante o a seguito della lettura. Potrebbe accadere anche a Voi. Se non volete assumerVi questa possibilità, questo rischio, evitate di leggere.
"Questa lettera non vuole essere nient'altro che quello che è: lo sfogo di chi non ce la fa più a tenersi tutto dentro nell'ennesima giornata in cui si cercano risposte al perché è andata così.
Sono un avvocato, mi sono laureata con il massimo dei voti 11 anni fa, ho fatto pratica in uno studio "importante", mi sono subito abilitata alla professione. Ho anche conseguito un Dottorato presso la nostra Università con cui mi onoro di continuare a collaborare, ovviamente senza percepire compensi ed oggi, a 37 anni, io non ho un euro in tasca. Quest'anno non ho guadagnato nulla; ma non il nulla che si dice tanto per dire o perché si deve evadere; NULLA NULLA. Faccio parte del popolo della Partita Iva, quello degli evasori per antonomasia; ma di quella parte di quel popolo a cui piacerebbe poter evadere il fisco per una ragione diversa dalla sopravvivenza. Io non percepisco disoccupazione, non godo di Cassa Integrazione né di procedure di mobilitá, non ci sono ammortizzatori sociali per me che ho perso il lavoro ma non posso dirlo: perché nessuno ti crede, perché un avvocato non può aver perso il lavoro e non può essere disperato. Non ho un cognome potente ma due genitori che mi hanno insegnato che la dignità viene prima di ogni cosa e per questo non mi sono venduta ad un sistema in cui se fai il "parafangaro", di sinistri falsi ancor meglio, sei sistemato alla grande! Ho sempre pensato che il Diritto fosse una cosa diversa da un colpo di frusta, che il Diritto fosse studio, ricerca, scoperta, invenzione, educazione, moralità, rispetto delle regole. E, invece, ho capito che non serve nemmeno scrivere in corretto Italiano.
Sono un avvocato che non lavora e che ogni giorno va a caccia di un’idea che le permetta di cambiare pagina e vita cercando di ripetere a se stessa che non ha buttato nella spazzatura gli anni migliori della propria vita.
Non sarò ricevuta dal Papa nè da Renzi perché, fondamentalmente, non esisto. Nessuno crede a un avvocato senza lavoro e senza soldi! Nemmeno la mia cliente che seguo col gratuito e che va far le pulizie riesce a credere che lei guadagna più di me! Certo in un paese normale non dovrebbe essere così; io e il mio cervello dovremmo essere impegnati in ben altro che nell'invidiare la dichiarazione dei redditi della Colf che il “parafangaro” di cui sopra ha appena assunto, in nero, nella sua bella villetta comprata con l'ultimo sinistro in cui, grazie a Dio, c'è scappato il morto!
Io la mia tragedia me la sono vissuta in silenzio e come me tanti e tanti colleghi con cui ti ritrovi a parlare silenziosamente e mestamente. Ma non è giusto. Tutti giustamente protestano, tutti vanno in TV, tutti si straziano pubblicamente e perché io, che a dicembre, come tanti altri, mi cancellerò da quell'Albo in cui con tanta fatica ho scritto anche il mio nome, dovrei farlo in silenzio? Perché? Per la falsa presunzione che ancora alberga nella gran parte della gente, compresi i parenti più stretti, che l'Avvocato è benestante di default?
Io mi licenzierò perché non posso pagare più la polizza per la responsabilità professionale, perché non potrò iscrivermi alla Cassa Forense, perché devo ancora pagare le tasse dello scorso anno, perché non posso pagare la stampante nuova e nemmeno il toner, perchè.......non ce la faccio più ad umiliare me stessa.
Provo un grande senso di vergogna, oltre che di profonda tristezza, perché quando un libero professionista perde, molla, chiude, non ha nessuno contro cui protestare; non ha datore di lavoro con cui prendersela, perché licenzia sè stesso. Il bello della libera professione......
Ma la vergogna non può essere la mia, non deve essere la mia; la vergogna se la prenda chi ha distrutto una generazione di professionisti, di lavoratori, di giovani; inutile fare penosi elenchi.
Io che il giorno dopo la laurea sognavo file di professionisti che suonavano il campanello di casa mia per offrirmi lavoro; io che non me ne sono voluta andare via, che ho voluto lasciare il mio cervello qui dove era nato, a respirare il respiro del Vulcano, io che ancora credo nel merito personale di ognuno, dico solo che mi dispiace e lo dico rivolgendomi a mio padre che se ne è andato da poco e che ancora si inorgogliva nel dire a tutti che sua figlia era "Avvocato".
Avv. Elisabetta" ( il cognome è omesso a tutela dei dati sensibili della Collega)
Chiederei ora a chi mi legge: quanti di noi hanno perso la serenità dopo l'emanazione del regolamento attuativo dei contributi minimi obbligatori? Quanti hanno visto vacillare la loro professionalità umiliati o spaventati dalle misure adottate da Cassa Forense? Quanti prima del regolamento stavano male e ora stanno peggio? Moralmente intendo!
Non ho certo scelto la professione di avvocato per diventare un bersaglio della "casta". Eppure lo sono. Sicuramente dal 2012. Non sono certo io a procurarmi frustrazione, è indotta, e sappiamo da chi.
Mi chiedo anche: qual'è il limite tra la veterana buona fede forense, la salvaguardia del prestigio sociale, dello status forense, da una parte, e la pirateria, i ricatti di casta, la più meschina e sordida dietrologia elitaria, dall'altra?
Sento questo, percepisco questo: pur muovendoci, come ci siamo mossi e ci muoviamo, la violenza emozionale di cui siamo vittime non ci permette di rialzarci. L'attacco massiccio ed insano che subiamo è troppo violento. Ci scaricano addosso tutte le loro problematiche, le loro esigenze di rimpinguare le casse dell'ente, di far fuori la concorrenza, di mantenere in vita l'aurea di quella che è stata un'avvocatura potente e ricca, cui sono stati abituati, in altri contesti, in altri tempi. In nome del loro prestigio, ci stanno "frantumando" come individui.
Un gioco feroce e d'azzardo il loro, dissociato dalla realtà, spaventevole, opprimente, ostativo, signorilmente beffardo - perché possono concederselo - che siamo costretti a giocare, malgrado noi e malgrado la NOSTRA Costituzione.
Alcuni commenti alla lettera della Collega, spulciati nei gruppi pubblici on line, nei social network, che qui voglio richiamare:
Ester Ajar: "Cara, forza!!! Non siamo avvocati, facciamo gli avvocati...e la vita è troppo breve per perdere tempo e continuare a pensarci. Abbiamo fallito? Forse. Ci cancelleremo? Molto probabile, ma hai risorse inaspettate come tutti. Io sono nella tua stessa situazione, come molti, ma dopo un periodo di vera depressione ho detto basta, la vita è una e posso anche fare altro. Poi, potrò sempre riscrivermi al famoso albo...l'importante è non prostrarsi al punto da dimenticare che si e' anche altro e che si ha altro dal quale poter ripartire a prescindere o meno dall'avvocatura."
Isabella de Bari : "La mia sincera solidarietà. Hai creduto sino ad oggi nel merito nella tua intelligenza nella serietà non "costa "nulla crederci ancLora....qualcuno si affaccerà "alla tua porta" non cambierà di molto la tua vita ma ti darà forza per insistere e promuoverà un cambiamento .Non mollare ,hai tutte le qualità per" essere"e "fare"un buon avvocato competente ed affidabile .Hai dato prova con questa lettera di grande coraggio ,di forza morale e di dignità oppositiva .Ho trentadueanni di professione consolidata ed apprezzata se dovessi aver bisogno sxeglirei te come mio difensore mi sentirei al sicuro .e tutelata".
Giuseppe Libertino: "se hai letto l’accorato sfogo di una Collega (che comprendo e condivido pienamente) e rimani sgomento, per le Sue denunce e per le difficoltà espresse, oramai comuni ad una larga fascia di giovani professionisti, non solo Avvocati, ma anche Medici, Architetti, Ingegneri, ecc. …ed ancor di più, resti attonito di fronte ad alcuni commenti che giustificano tale situazione rifacendosi a (non si sa quali) logiche del mercato, all’elevato numero degli avvocati (e qui sguazza il luogo comune del numero degli avvocati francesi!). Le difficoltà espresse dalla Collega, non riguardano solo i neoavvocati od i praticati, non riguardano solo gli avvocati che hanno volumi d’affari inferiori al minimo stabilito per l’iscrizione alla Cassa: il problema oramai investe anche molti Colleghi che, pur avendo incassi da (ex) ceto medio, si ritrovano oggi a fare la fame, non per logiche di mercato, ma per illogiche politiche calate dall’alto tese ad eliminare, di sana pianta, il “piccolo” per favorire il “grande”. Vorrei solo ricordare che il 60% circa dei parlamentari italiani sono avvocati, peraltro, fra i più “organizzati”: non mi si venga a raccontare che alcuni provvedimenti legislativi siano stati adottati a caso, senza valutarne le conseguenze e gli effetti pratici. Il vittimismo non è nel mio stile, mi piace parlare su dati di fatto. E allora, facciamo i conti in tasca all’avvocato!!! La tabella che segue si riferisce al “piccolo” professionista che lavora in proprio, senza l’ausilio di segreteria, ovvero di altri collaboratori di studio – le cifre sono meramente indicative (mi scusino i commercialisti ed i tecnici per le eventuali castronerie):
Fatturato lordo annuo € 31.720,00
Iva 22% € 5.720,00
Cap 4% € 1.000,00
Imponibile € 25.000,00
Spese su base annua
Carburante € 2.000,00
Usura auto (olio, filtri, gomme, ecc.) € 600,00
Assicurazione auto € 1.200,00
Bollo auto € 350,00
Canoni di locazione Studio (in condivisione) € 2.500,00
Elettricità, telefono € 750,00
Adsl € 250,00
Consumabili per ufficio (carta, toner, fotocopie ecc.) € 600,00
Pos € 150,00
Assicurazione professionale € 400,00
Contributo Ordine Forense € 130,00
Formazione obbligatoria € 100,00
Aggiornamento codici, riviste e libri € 600,00
Aggiornamento software, servizi telematici, Pec, Pct € 600,00
TOTALE € 10.230,00
Imponibile al netto di Iva, Cap, detratte spese al 100% € 14.770,00
Irpef 23% € 3.397,10
Cassa forense € 3.750,00
Totale netto annuo € 7.622,90
Totale netto mensile € 635,24
Il prospetto non si riferisce alla mia situazione personale, ma intende dimostrare come gli introiti, valutati nella media, portino alla fame i tanti che lavorano, in proprio, con Partita Iva (professionisti, commercianti, artigiani, ecc.)…qui le logiche di mercato, il riferimento al liberismo economico, non mi sembra molto pertinente…il peso di tasse, contributi, obblighi, spese e balzelli lascia ben poco nelle tasche di chi, dignitosamente, crede ancora nella professione. L’inadeguatezza di una classe dirigente che tutela gli interessi dei pochi, lasciando che il “mercato” fagociti i più, rappresenta il “perché” dello status quo, le colpe sono, ahimè, da ricercare all’interno della Nostra stessa Categoria, incapace di alzare la voce, pronta a recepire ogni decisione imposta dall’alto senza un fiato, senza un lamento."
Riporto due stralci del ricorso presentato al TAR del Lazio, che sto leggendo e rileggendo: "..infatti, l’espressione “ in base alla Legge”, contenuta nell’art. 23 Cost., si deve interpretare “in relazione col fine della protezione della libertà e della proprietà individuale, a cui si ispira tale fondamentale principio costituzionale; questo principio, cioè, “implica che la Legge che attribuisce ad un ente il potere di imporre una prestazione non lasci all’arbitrio dell’ente impositore la determinazione della prestazione” (Sent. n° 4 del 1957).
Lo stesso orientamento è stato ribadito più di recente quando la Corte ha affermato che, affinché possa dirsi osservata la riserva relativa di cui all’art. 23 Cost., è quanto meno necessario che “la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione (Corte cost. 2007 n° 190). Infine, occorre rilevare che, secondo una diffusa ricostruzione, la lettura congiunta degli artt. 24 e 113 Cost., assoggettando l’attività della P.A. al controllo dell’autorità giudiziaria, presuppone che la stessa non possa svolgersi in contrasto con norme di Legge, destinate a fungere da parametro del controllo giudiziario. In conclusione, l’ente di previdenza forense col Regolamento per cui è ricorso ha compiuto violazione di legge (id est: illegittimità costituzionale dell’art. 21, commi 8 e 9 della Legge 2012, n° 247 per violazione del principio di legalità ex artt. 23, 97, 113 Cost.; violazione del canone di ragionevolezza della Legge ex art. 3 Cost.), in modo del tutto arbitrario e incontrollato - stante l’assenza di criteri puntuali e precisi fissati a tal fine dal legislatore (quantunque avendo esso legislatore escluso, in ogni caso, per i professionisti sotto i parametri reddituali, la contribuzione ordinaria) - mediante la determinazione di un contributo obbligatorio c.d. agevolato (invero riservato solo ai primi anni di esercizio della professione, di poi agganciando questi professionisti alla contribuzione ordinaria, in palese violazione del disposto normativo dell‘art. 21 Legge n° 247/2012)."
"..Và, altresì, denunciata la violazione dei principi comunitari sulla concorrenza realizzata dalla previsione censurata, la quale lascia all’arbitrio dell’ente di previdenza forense il potere di fissare gli anzidetti contributi. Quest’ultima conseguenza discende, infatti, dall’assimilazione delle professioni intellettuali all’attività di impresa operata dalla giurisprudenza comunitaria, assimilazione che determina, quindi, l’assoggettamento delle professioni intellettuali ai principi comunitari sulla concorrenza vigenti per le imprese, e in particolare al divieto di porre in essere misure restrittive della concorrenza ex art. 106 TFUE.
L’ente di previdenza, infatti, essendo composto esclusivamente da rappresentanti del vertice del ceto professionale degli avvocati (il diritto di elettorato passivo spettando, infatti, solo agli avvocati con più di dieci anni di regolare e continuativa iscrizione alla Cassa), appare, ictu oculi, essere stato condizionato, nel determinare la contribuzione previdenziale, dall’interesse corporativo di limitare l’accesso alla professione, con l'effetto di restringere la concorrenza. Da tale assimilazione consegue, altresì, che le norme censurate violano la libertà d’impresa sancita dall’art. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, perché producono l’effetto di impedire e restringere il libero dispiegarsi della concorrenza. La previsione censurata, inoltre, si pone in contrasto con l’art. 41 Cost. in quanto non rispetta il limite costituzionale secondo cui l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla dignità umana, non potendo certo dirsi che la suddetta previsione persegua un interesse generale, ossia quello di tutti gli avvocati, bensì soltanto l’interesse degli avvocati facenti parte degli studi più facoltosi seppur ignari dell’agevolazione ricevuta. Le norme denunciate, peraltro, ledono la dignità morale dei soggetti che hanno conseguito l’abilitazione professionale, ma non hanno la possibilità di sostenere gli oneri contributivi fissati dall’ente di previdenza forense, costringendoli, pertanto, a cancellarsi dall’Albo ovvero a non iscriversi ad esso, precludendo loro, quindi, la possibilità di esercitare l’attività professionale e di realizzare in tal modo la propria personalità."
La sola strada che vedo percorribile, da dentro, per chi vuole continuare ad esercitare quanto e come può, allo stato attuale, è quella "disobbedienza" civile ed organizzata. Non pagare i contributi minimi obbligatori o pagarli nella stessa misura in cui li avremmo pagati all'INPS (che comunque non è poco, tutt'altro). Non cancellarsi dall'albo. Nel mentre ricorrere come ricorriamo.
Sull'argomento vedi anche, cliccando qui: IL RICORSO AL TAR LAZIO AVVERSO I CONTRIBUTI MINIMI OBBLIGATORI AVVOCATO
PROPOSTA DI LEGGE PRESENTATA IN PARLAMENTO
PROPOSTA DI LEGGE
"Onorevoli Colleghi!
Con la presente proposta di legge si intende modificare la disciplina relativa all'ordinamento della professione forense di recente approvazione, con la legge n. 247 del 2012, stante che tale legge racchiude al proprio interno tali e tanti profili di censurabilità, anche di rango costituzionale, da richiedere le necessarie modifiche ai fini dell'eliminazione delle numerose criticità in essa presenti.
In particolare, alcune norme contenute nell'articolo 21 della legge minano la libertà del «moderno» avvocato, il quale, di tal guisa, finisce con l'essere meno libero e poco indipendente, ma, ciò che più conta, è posto in una situazione di maggiore precariato economico, in riferimento alla stessa possibilità di esercitare la propria attività professionale.
Il richiamo, in tale senso, è alla previsione normativa contenuta nell'articolo 21 della legge, laddove introduce quali requisiti di permanenza nell'albo professionale i parametri della «continuità, effettività, abitualità e prevalenza», quali vere e proprie pre-condizioni legali all'esercizio della professione forense, il cui requisito primario ed essenziale è, per l'appunto, l'iscrizione al relativo albo.
La norma di legge si limita puramente e semplicemente a rinviare alla fattispecie regolamentare promanante dagli organismi direttivi nazionali dell'avvocatura e dal Ministero della giustizia per la determinazione dei parametri in funzione dei quali valutare i requisiti in parola.
Tale norma si atteggia, quindi, come norma in bianco, laddove demanda a una fonte di rango non legislativo la determinazione dei parametri de quibus, senza specificare l'ambito, i criteri valutativi e i limiti dell'intervento regolamentare, che peraltro proverrebbe non già dall'organismo governativo nel suo complesso, bensì dal singolo dicastero e dalle organizzazioni verticistiche dell'ordinamento professionale e previdenziale.
Con tale normativa sono palesemente violati i princìpi cardine della professione forense, racchiusi nello stesso codice deontologico forense, secondo i quali «l'Avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi ai princìpi della Costituzione nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e dell'ordinamento comunitario» (preambolo al codice deontologico), e, ancora, «nell'esercizio dell'attività professionale l'avvocato ha il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti esterni. L'avvocato non deve tenere conto di interessi riguardanti la propria sfera personale» (articolo 10 del codice deontologico).
È difficile poter rispettare i superiori princìpi se proprio la norma contenuta nei commi 1 e 2 dell'articolo 21 impone, per la prima volta in Europa, «condizionamenti» e criteri sul modo di esercitare la professione forense, in assenza dei quali il professionista potrà essere cancellato dall'albo, con conseguente divieto di uso del titolo di avvocato e con inevitabili conseguenze anche sugli interessi dei suoi assistiti.
Se a tali rilievi si aggiunge che la permanenza nell'albo è strettamente legata all'obbligatoria iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (comma 8 dell'articolo 21) e all'ulteriore principio di continuità determinato dallo stesso ente, il rischio di vedere, da qui a pochi mesi, cancellazioni di massa dall'albo e la perdita di lavoro di migliaia di professionisti, stimati in 60.000 circa, si profila oltremodo realistico.
Peraltro, la norma in esame appare palesemente e intimamente contraddittoria, laddove, nel comma 1 si esclude ogni riferimento al reddito professionale, ai fini della determinazione della continuità professionale per la permanenza nell'albo, mentre nel comma 8 si subordina l'iscrizione agli albi alla contestuale iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, con ciò introducendo un criterio economico quale condizione per l'accesso alla professione e condizionando di fatto la permanenza del professionista nell'albo alla regolare contribuzione previdenziale.
Infine, non v’è chi non veda in questo che l'articolo 21, complessivamente considerato, subordinando l'esercizio della professione a criteri di continuità, effettività, abitualità e prevalenza, e segnatamente all'iscrizione all'ente previdenziale, confligge con l'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, il quale pone quale unica condizione per l'accesso agli ordini professionali il superamento dell'esame di Stato.
Infine, l'avvocato, proprio in considerazione dell'importante funzione che svolge e al fine di un'effettiva, ampia e imparziale difesa del cittadino, deve essere libero e indipendente e non soggiogato dai propri rappresentanti attraverso parametri di natura squisitamente politica, peraltro attualmente oscuri, risultando anche in contrasto con i princìpi dell'Unione europea di libera concorrenza.
E, ancora, la modifica della legge in esame deve estendersi anche ad altre sue norme che limitano l'esercizio della professione ad alcune categorie di professionisti.
Per vero, l'articolo 22, comma 2, deve essere modificato nella parte in cui prevede che l'iscrizione all'albo speciale per il patrocinio alle giurisdizioni superiori possa essere richiesta da chi abbia maturato una iscrizione all'albo di otto anni e abbia frequentato proficuamente e lodevolmente la Scuola superiore dell'avvocatura istituita dal Consiglio nazionale forense (CNF), il cui regolamento può prevedere specifici criteri di modalità e di selezione.
La norma, a parte essere indeterminata nel punto in cui rimette interamente al regolamento del CNF la determinazione dei criteri e delle modalità selettivi, comporta una severa discriminazione intergenerazionale.
Difatti, da un lato richiede la frequentazione della Scuola superiore dell'avvocatura istituita con regolamento del CNF, che risulterebbe così composto proprio da avvocati cassazionisti che quindi deciderebbero i loro concorrenti nelle giurisdizioni superiori, oltre all'indebita selezione della componente dell'organismo forense stesso, dall'altro lascia immutato lo status di avvocato cassazionista per coloro che hanno già conseguito il titolo prima dell'entrata in vigore della legge professionale.
In ordine, poi, all'articolo 41, comma 12, va segnalato come rappresenti una grave limitazione per i giovani praticanti iscritti al relativo registro dover esercitare l'attività professionale solo in sostituzione del titolare di studio presso cui svolgono il tirocinio professionale, anche se si tratti di affari non trattati dal medesimo.
Appare opportuno, anche al fine di tutelare il lavoro dei giovani praticanti avvocati, abilitati al patrocinio, secondo la vecchia normativa forense, consentire il patrocinio autonomo nelle cause di loro competenza per come in precedenza prescritto.
Inoltre, in ordine all'esame di Stato regolamentato con l'articolo 46, comma 7, è evidente la necessità di sottoporre a revisione critica il comma nella parte in cui stabilisce che le prove scritte si svolgano con l'ausilio dei soli testi di legge, senza citazioni giurisprudenziali, considerando che da oltre un decennio l'esame di avvocato comporta il dover affrontare tre prove scritte, la soluzione delle quali avviene attraverso il richiamo di precedenti giurisprudenziali, soprattutto recenti, i cui riferimenti è impossibile memorizzare senza l'ausilio di un codice annotato.
La norma in esame non tiene neppure in considerazione l'esperienza pratico-giurisprudenziale e l'impostazione del tirocinio professionale, che vedono i principali attori del processo utilizzare e conformarsi alle massime giurisprudenziali, soprattutto a quelle di legittimità.
Infine, desta allarme la previsione di una nuova fattispecie penale, generica e indeterminata, prevista e punita dal comma 10 dell'articolo 46 con la sanzione della reclusione fino a tre anni, che richiama condotte e comportamenti che possono trovare soluzione in altri ambiti giudiziari o disciplinari.
In conclusione, la logica che ispira tale normativa, della quale si auspicano le modifiche richieste, è quella di creare in capo a pochi studi legali, in grado di produrre alti fatturati, una situazione di monopolio di fatto dei servizi legali e di assistenza giudiziaria, scoraggiando la concorrenza e, in particolar modo, le giovani generazioni di professionisti, con grave compromissione delle regole del libero mercato e, quindi, di una più ampia offerta dei servizi legali e di assistenza al cittadino, nonché delle garanzie e dell'effettività di tutela dei diritti, delle libertà e della dignità della persona."
PROPOSTA DI LEGGE
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Presentata il 6 giugno 2013
Fonte: CAMERA DEI DEPUTATI
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Il Regolamento c.d. bonifica albo avvocati è compatibile con la normativa sulle professioni?
QUESTIONE DI INCOMPATIBILITA' come avanzata da un collega
Il Regolamento c.d. bonifica albo avvocati è compatibile con la normativa generale sulle professioni?
DPR 137 / 7.8.2012
Art. 2 Accesso ed esercizio dell'attività professionale
1. Ferma la disciplina dell'esame di Stato, quale prevista in attuazione dei principi di cui all'art. 33 della Costituzione, e salvo quanto previsto dal presente articolo, l'accesso alle professioni regolamentate e' libero. Sono vietate limitazioni alle iscrizioni agli albi professionali che non sono fondate su espresse previsioni inerenti al possesso o al riconoscimento dei titoli previsti dalla legge per la qualifica e l'esercizio professionale, ovvero alla mancanza di condanne penali o disciplinari irrevocabili o ad altri motivi imperativi di interesse generale.
2. L'esercizio della professione e' libero e fondato sull'autonomia e indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnico. La formazione di albi speciali, legittimanti specifici esercizi dell'attivita' professionale, fondati su specializzazioni ovvero titoli o esami ulteriori, e' ammessa solo su previsione espressa di legge.
3. Non sono ammesse limitazioni, in qualsiasi forma, anche attraverso previsioni deontologiche, del numero di persone titolate a esercitare la professione, con attività anche abituale e prevalente, su tutto o parte del territorio dello Stato, salve deroghe espresse fondate su ragioni di pubblico interesse, quale la tutela della salute. E' fatta salva l'applicazione delle disposizioni sull'esercizio delle funzioni notarili.
Fonte: via facebook
"Care Colleghe e cari Colleghi,
il Ministero della Giustizia, con il consenso del Consiglio Nazionale Forense, sta approvando un regolamento attuativo della Legge Professionale che complessivamente legittima un criterio di permanenza all’Albo fondato sul censo e non sulla qualità e preparazione deontologica e professionale dell’iscritto.
L’A.Gi.For. e A.F.G. continuano a chiedere con forza al C.N.F. e ai C.O.A. territoriali di rappresentare al Ministero la necessità di “cambiare indirizzo” per espungere il “censo” quale motivo di giusta causa di cancellazione dall'Albo e di intervenire affinché il Parlamento provveda al più presto ad abrogare l'intero art. 21 della Legge Professionale. Tutto il Regolamento c.d. Permanenza Albo, il cui schema è stato fatto circolare dal C.N.F., fondando la permanenza dell’iscrizione all’Albo sul numero di affari o pratiche e altri canoni censuari, e non sulla dedizione esclusiva alla professione e/o sulla osservanza delle regole deontologiche, positivizza un obbligo di successo professionale, quale condizione per la permanenza all’Albo, in modo contorto ed eccentrico rispetto alle altre professioni ordinistiche. Nessun’altra professione prevede una “pulizia etnica” delle Colleghe e dei Colleghi da parte degli Organi esponenziali della Categoria. Attualmente, in nessun Ordine, salvo in quello Forense, il profilo previdenziale condiziona la possibilità di esercizio della professione. Ciò stride fortemente con il principio di “solidarietà” tra Avvocati, che sotto il profilo deontologico spesso viene riaffermato in numerosi simposi o Convegni di aggiornamento professionale, e poi non realizzato e non praticato purtroppo a livello di iniziative legislative e regolamentari. Noi crediamo che infierire da parte dei C.O.A. sui Colleghi più sfortunati, impedendo loro di lavorare, sia indegno della Civiltà Giuridica e dello Stato di Diritto per la cui costruzione, storicamente, si è tanto battuta l'Avvocatura Italiana. Come Associazione Giovanile Forense e Alleanza Forense per la Giustizia chiediamo, pertanto, al Consiglio Nazionale Forense - cui compete di esprimere il parere sullo Schema di Regolamento proposto dal Ministero della Giustizia - di rappresentare la necessità di apportare sostanziali modifiche, eliminando ogni riferimento ai canoni latamente censitari e reddituali tipizzati nel Regolamento, in contrasto peraltro con la norma primaria (art. 21 commi 1-7). Intendiamo informare che nostri Colleghi Soci attivisti stanno predisponendo il Ricorso avverso il Regolamento Continuità, qualora non fossero ascoltate le istanze della base dell'Avvocatura. Detto lavoro di studio verrà messo a disposizione dei Consigli dell’Ordine affinchè, nell’ipotesi che la trattativa politica avesse esito negativo, sia l’Autorità Giudiziaria, in estrema e dolorosa ratio, a salvaguardare la dignità e l’indipendenza dei professionisti forensi. Reputiamo che, proprio in forza del nuovo assetto ordinamentale, i Consigli degli Ordini Forensi, di fatto privati della loro funzione storica - ossia il controllo deontologico - debbano svolgere una funzione “sindacale” e “politica”, e, quindi, difendere anche giudizialmente i diritti ondamentali della persona-avvocato, come quello di poter continuare ad esercitare la professione, a prescindere dalle proprie condizioni economiche e familiari. La procedura di bonifica censitaria, normata nell'art. 21, commi 1-7, è, infatti, talmente farraginosa e mortificante per la dignità dell'Ordine (che rischia il commissariamento in caso di inosservanza dell’obbligo) che prevediamo non poche “obiezioni di coscienza” o quantomeno “coscienze infelici” per dover applicare una normativa palesemente incostituzionale. E’ facile prevedere che dette cancellazioni comporteranno un forte intasamento della Giurisdizione. Avverso il provvedimento di cancellazione si potrà ricorrere prima al C.N.F. con effetto sospensivo e poi alle Sezioni Unite della Cassazione, con ogni conseguente rischio di blocco della giurisdizione domestica. Non sono da escludere eventuali rinvii alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia della UE. La permanenza all'Albo come la fuoriuscita da esso devono continuare ad essere libere scelte e come tali non coercibili ovvero oggetto di pressioni che minano l'indipendenza e la libertà dell'Avvocato. A.Gi.For. e A.F.G. assumono l'impegno di far impugnare, con i Colleghi associati, il Regolamento Continuità dal nostro Ordine (che deve essere la Casa di tutti gli Avvocati romani e non solo di quelli più fortunati) per ristabilire la vera Colleganza e Solidarietà della Categoria. Se non dovessimo essere ascoltati agiremo in proprio! Anche per questo è NECESSARIO VOLTARE PAGINA.
Avv. Carlo Testa, Presidente Nazionale A.Gi.For.
Sull'argomento vedi
L'ATTRIBUZIONE di STATUS di AVVOCATO è DIRITTO della PERSONALITA'
Ferve l'impegno dei Colleghi dell'Insorgenza Forense che ci offrono un'anticipazione del Ricorso avverso il Regolamento - in itinere - attuativo ex art. 21, comma 1, legge n° 247/2012 (c.d. Regolamento Bonifica Albo):
"Si evince chiaramente che il previo superamento dell'Esame di Stato e il successivo formale giuramento avanti il Giudice Togato (oggi impegno solenne avanti il Coa) costituiscono ATTRIBUZIONE DI STATUS (nella specie di Avvocato) - che è DIRITTO DELLA PERSONALITA' - e per tale motivo nessuna revoca o degrado dello status è ammissibile se non in forza di una grave commissione di illecito deontologico accertata con tutte le garanzie del e nel processo para-penalistico del Giudice Disciplinare che rendono la condotta dell'Iscritto incompatibile con l'appartenenza a una Comunità Professionale Deontologica.
Ora, il procedimento di espulsione dall'Albo, normato nell'art. 21 comma 1-7, NON è un procedimento disciplinare (come molti erroneamente lo considerano) NON essendo prevista per l'attivazione di tale procedimento nessuna commissione di illecito deontologico.
NON è di competenza del Giudice Disciplinare (ad oggi il Consiglio distrettuale di Disciplina), ma è una MISURA SANZIONATORIA DISCRIMINATORIA per motivi di censo del Coa, composto da esponenti che non sono imparziali e terzi in quanto hanno interessi personali - ed oggi con la normativa in vigore ISTITUZIONALI - ad eliminare dal mercato propri diretti concorrenti.
Quindi, affermo, con logica conseguente, che se il "regolamento Continuità" dovesse essere approvato, così come proposto dal Ministero della Giustizia, la Categoria degli Avvocati perderebbe la sua caratterizzazione plurisecolare, ossia di essere una Comunità Professionale Deontologica (Mortati direbbe una "corporazione territoriale esponenziale pubblica necessaria della comunità deontologica degli Avvocati").
Anche per tale motivo invito chi mi legge a ritirare e far ritirare il Regolamento Continuità così come attualmente predisposto, anche in considerazione che il passaggio successivo logicamente inesorabile e conseguente alla visione mercatista della L.P. vigente porterà a far sì che l'Ordine sia abolito, in quanto sarà facile (di)mostrare che la selezione compete al Mercato e non a chi ha rendite di posizione per motivi anagrafici/parentali etc."
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Giuridica News | Avv. Gabriella Filippone
«La differenza tra le persone sta solo nel loro avere maggiore o minore accesso alla conoscenza» (Lev Tolstoj)
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