Art. 658 Codice Penale
Spiegazione dell'art. 658 Codice Penale
Trattandosi di reato di pericolo, è sufficiente che l'annuncio di disastri, infortuni o pericoli inesistenti sia idoneo a suscitare allarme presso l'autorità, gli enti o le persone che esercitano un pubblico servizio. Un eventuale fine di protesta non esclude l'elemento materiale e quello soggettivo psicologico della contravvenzione in esame, costituendo, piuttosto, il movente del reato.
Massime relative all'art. 658 Codice Penale
Cass. pen. n. 26897/2018
Il reato di procurato allarme presso l'Autorità è configurabile anche nel caso in cui l'infortunio annunciato sia stato artificiosamente costruito, dovendo equipararsi all'infortunio "inesistente" di cui all'art. 658 cod. pen. anche quello "falso", poiché la ratio della contravvenzione va ravvisata nell'interesse dello Stato all'ordine pubblico, che si vuole garantire contro tutti i falsi allarmi, che distolgono l''Autorità costituita dalle ordinarie incombenze.Ratio Legis
Spiegazione dell'art. 612 bis Codice Penale
Si tratta di un reato abituale, per la cui configurazione è infatti necessaria una reiterazione delle condotte di minaccia o violenza per almeno una volta, purché gli episodi siano legati da un contesto unitario
Le condotte suindicate devono necessariamente causare almeno uno dei seguenti eventi alternativi:
il perdurante e grave stato di ansia o paure della vittima;
- il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona legata affettivamente;
- la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.
Per rispettare il principio di necessaria offensività del fatto concreto, è stato chiarito che è indispensabile la ripetizione di minacce e molestie, in modo da causare un disagio, senza che sia però necessario l'instaurarsi di un processo patologico. Trattasi ad ogni modo di reato di danno e di evento essendo richiesto l'insorgere di un'alterazione nell'equilibrio mentale della vittima.
Fonte: BROCARDI.IT http://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-xii/capo-iii/sezione-iii/art612bis.html
2021.12.19 – Denuncia-querela contro il Governo italiano per atti persecutori (art. 612bis c.p.) e tortura (art. 613bis c.p.) relativamente agli obblighi del green pass o del super pass (Aggiornato al 10.1.2022)
PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO
IL TRIBUNALE DI______
Per tramite la Stazione dei Carabinieri di ___________
ATTO DI DENUNCIA-QUERELA
Il/la sottoscritto/a ____________________________ – nato a ____ il __/__/____ e residente in ___ alla Via ______________ n. ____in qualità di persona offesa e danneggiato dal reato, espone e denuncia quanto di seguito
Il Governo della Repubblica Italiana, il Presidente del Consiglio dei Ministri in carica, nonché il Ministro della Salute si sono resi responsabili – attraverso l’emanazione di alcuni atti normativi che di seguito si indicheranno puntualmente – di condotte integranti fattispecie di reato, ed in particolare dei reati previsti dagli gli art. 612 bis e 613 bis c.p., tutti perpetrati in danno dei cittadini che, esercitando legittimamente una facoltà concessa dall’ordinamento, hanno scelto di non sottoporsi alla vaccinazione anti Covid19.
Ci si riferisce in particolare all’introduzione, da parte del Governo, della certificazione verde Covid19, cd. green pass, strumento previsto dalla legislazione europea con funzione agevolativa del diritto di libera circolazione tra stati membri, ma utilizzato in maniera difforme ed illegittima dal governo italiano che, per come più volte dichiarato – anche in maniera inopportuna e censurabile – da alcuni ministri e dal Presidente del Consiglio, ha inteso renderlo “mezzo di persuasione alla vaccinazione”.
Di fatto, la normativa concernente le certificazioni verdi Covid19 ha visto un susseguirsi di atti normativi, emanati tramite la decretazione d’urgenza, volti ad estendere via via l’utilizzo del green pass a quasi ogni ambito della vita pubblica e sociale dei cittadini: con il D.L. 52/2021 – che le ha regolamentate all’art. 9; con il D.L. 105/2021 che ne ha previsto il possesso per l’esercizio di attività in numerosi settori della vita sociale, tra cui ristorazione al chiuso, attività sportive, attività culturali e di intrattenimento; con il D.L. 111/2021 che ha stabilito l’obbligo di possesso per tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché per gli studenti universitari, e per i mezzi di trasporto pubblico interregionale; con il D.L. 127/2021, che ha esteso la sua obbligatoria utilizzazione a tutte le attività lavorative, sia del settore pubblico che di quello privato; con il D.L. 172/2021, che ha esteso l’obbligo del green pass, prevedendolo per l’ingresso in hotel e strutture recetti e similari, e per poter usufruire dei mezzi pubblici, anche regionali e locali, ed anche dunque per le linee utilizzate dagli studenti minorenni, maggiori degli anni dodici; con il D.L. 221/2021 che ha introdotto il super green pass per talune attività sociali ed economiche; con il D.L. 229/2021 che ha introdotto l’obbligo vaccinale generalizzato attraverso lo strumento del green pass rafforzato per usufruire dei mezzi pubblici, per praticare sport e poter esercitare molte attività fondamentali connaturali alla persona umana; e da ultimo con il D.L. 1/22 che ha introdotto l’obbligo vaccinale per i soggetti di età superiore degli anni cinquanta, obbligati a sottoporsi alla vaccinazione per ottenere il green pass rafforzato al fine di poter lavorare in qualsiasi settore, pubblico o privato.
Prima di entrare nella disamina delle singole fattispecie di reato oggetto della presente denuncia, è necessario porre una premessa in ordine al contesto di riferimento normativo, sovranazionale e costituzionale.
- La Certificazione Verde Covid-19, c.d. green pass: in ambito sovranazionale e costituzionale
Preliminarmente è d’uopo fare una precisazione sulla regolamentazione dello strumento del Certificazione Verde Covid-19 a livello di normativa sovranazionale.
Nella legislazione europea il certificato digitale Covid19 è stato introdotto dal Regolamento n. 953/2021, ed è in vigore dal 1° Luglio fino al 30 Giugno 2022.
Ai sensi dell’art. 288 del Trattato del funzionamento dell’UE, il regolamento ha portata generale, obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ogni Stato membro.
Nelle intenzioni del legislatore europeo lo scopo della certificazione covid19 è quello di favorire la libera circolazione delle persone tra stati membri
Libera circolazione che, comunque, rimane consentita anche in assenza della certificazione verde.
Infatti, all’art. 3, viene precisato: “6. Il possesso dei certificati di cui al paragrafo 1 non costituisce una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione.”
Ciò significa che il possesso della certificazione verde è previsto con funzione agevolativa della circolazione tra Stati diversi, nel senso di evitare quei provvedimenti limitativi messi in atto dagli stati a causa dell’emergenza per Covid19 ( quarantene ecc.).
Che lo scopo del regolamento UE sia quello di agevolare, e non limitare, la circolazione delle persone, è evidente alla luce dei considerando (che costituiscono la parte motiva del provvedimento legislativo).
In particolare:
- il considerando 14 sancisce che: “esso non dovrebbe essere inteso come un’agevolazione o un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o di restrizioni ad altri diritti fondamentali, in risposta alla pandemia di COVID-19, visti i loro effetti negativi sui cittadini e le imprese dell’Unione.”
- il considerando 36 sancisce che: “è necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti COVID-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. […] Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati.”
A ben vedere, quanto contenuto nel considerando 36, altro non è che una espressione del principio di non discriminazione sancito a livello europeo e previsto dall’art. 2 del TUE, secondo cui “ l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”, nonché all’art. 3, par. 3, al. 2, TUE, secondo cui l’Unione combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni.
Tale principio è del resto sancito dalla Costituzione Italiana, che all’art. 3 riconosce il principio di uguaglianza, in forza del quale tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; e impone agli organi dello stato di rimuovere gli “ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Rimuoverli, non imporli!
In Italia attualmente non è stato previsto un obbligo espresso di vaccinazione (ad esclusione dei lavoratori in ambito sanitario), ma attraverso il meccanismo legislativo di estensione dell’obbligo di possesso del greenpass in tutti gli ambiti della vita sociale e lavorativa, atto a coartare la volontà del cittadino e costringerlo di fatto alla vaccinazione, il soggetto non vaccinato si trova a vivere situazioni effettivamente discriminati, essendo costretto a dover dimostrare, attraverso i tamponi, la sua negatività al virus Sars-cov2 ogni 48 ore per poter accedere ai luoghi pubblici e finanche per poter esercitare la propria attività lavorativa (attraverso una sorta di presunzione di infettività giammai dimostrata), a differenza dei vaccinati che invece, pur essendo potenzialmente in grado di trasmettere il virus così come i non vaccinati, possono liberamente esercitare qualunque diritto ed attività.
La scelta di non vaccinarsi, che sulla carta è ancora consentita, comporta nella pratica pesanti ritorsioni sociali ed economiche che rendono, di fatto, la vita molto difficile a chi non si vaccina.
Ed infatti il governo italiano ha effettuato scelte politiche dirette ad imporre tutta una serie di restrizioni, man mano più stringenti, anche a diritti e libertà fondamentali garantiti dalla Costituzione (quali la libertà di circolazione, il diritto al lavoro, il diritto all’istruzione), in un vero e proprio disegno persecutorio volto a rendere sempre più complicata la vita a chi sceglie di non vaccinarsi al fine, dichiarato, di incentivare (o meglio costringere) alla vaccinazione, e dunque a coartare quel consenso che invece sarebbe negato in condizioni di svolgimento normale della vita sociale e pubblica.
Ciò, si pone, innanzitutto, in contrasto insanabile con i principi che regolano il consenso informato in materia sanitaria, riconosciuto dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che all’art. 3 dispone: “ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge”, dall’art. 5 della Convenzione per la protezione dei Diritti dell’Uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti dell’applicazioni della biologia e della medicina adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa e firmata ad Oviedo il 4 aprile 1997 – Convenzione di Oviedo, che stabilisce che un intervento nel campo della salute non può essere effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero ed informato, nonché dall’art. 32 della Costituzione Italiana.
Ma la condotta del governo verso i cittadini che hanno scelto di non vaccinarsi si concreta non solo nelle discriminazioni precedentemente descritte, ma nella commissione di reati, che di seguito si vanno ad illustrare.
- Atti Persecutori ex art. 612 bis c.p.
La prima fattispecie di reato ravvisabile nell’agire governativo di danno dei cittadini non vaccinati è quella disciplinata nell’art. 612 bis c.p.
L’art. 612 bis c.p., inserito nel libro secondo sui “dei delitti in particolare”, Titolo XII “dei delitti contro la persona”, Capo III, sui “dei delitti contro la libertà individuale”, Sezione III “dei delitti contro la libertà morale”, dispone: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Per quel che attiene al bene giuridico, parte della dottrina ritiene che detta incriminazione sia posta a presidio della libertà morale, sotto il profilo specifico della libertà da intrusioni moleste ed assillanti; ma, ove la violazione di tale libertà provochi nella vittima disagi e turbamenti idonei a pregiudicarne l’equilibrio psicologico, ad essere protetta è la integrità psichica del soggetto perseguitato.
L’art. 612 bis incrimina il fatto di colui che, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero in modo da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Il delitto di atti persecutori richiede, innanzitutto, la reiterazione delle condotte, tale requisito sembra integrato ove le plurime condotte siano realizzate in tempi ed in contesti differenti.
Più in particolare, la condotta deve consistere in minacce e/o molestie.
Per minaccia si intende la prospettazione di un male futuro e prossimo, la cui verificazione dipende dalla volontà dell’agente.
Per molestia, ogni attività che alteri dolorosamente o fastidiosamente l’equilibrio psico-fisico normale di un individuo.
Da tali condotte reiterate devono poi discendere tre eventi[1], posti tra loro in rapporto di alternatività:
- un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima,
Al riguardo sin dalle prime pronunce giurisprudenziali il «perdurante e grave stato d’ansia o di paura» è stato inteso non come uno stato patologico clinicamente accertato, bensì come uno stato d’animo della persona offesa, caratterizzato da sentimenti di esasperazione e di profonda prostrazione, concretamente accertabili e non transitori. Più di recente, si è ribadito che gli atti persecutori non devono essere tali da integrare una situazione con risvolti patologici, essendo sufficiente che producano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima.
- oppure un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva,
- oppure l’alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.
Infine, la reiterata condotta minacciosa o molesta può produrre l’alterazione delle abitudini di vita della vittima, cioè il mutamento delle sue azioni quotidiane. Una costrizione apprezzabile, sotto il profilo qualitativo, delle abitudini quotidiane[2]. Sempre con specifico riguardo al cambiamento delle abitudini di vita, si è precisato che bisogna considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate.
Il delitto è punibile a titolo di dolo generico ed è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice (C., Sez. V, 7.11.2018-2.1.2019, n. 61; C., Sez. V, 12.10-24.11.2016, n. 50057; C., Sez. V, 10.4-22.10.2015, n. 42566; C., Sez. V, 19.2-8.5.2014, n. 18999; C., Sez. V, 27.11.2012-15.5.2013, n. 20993).
Non è richiesta una rappresentazione anticipata del risultato finale, ma la costante consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, dei precedenti attacchi e dell’apporto che ciascuno di essi arreca all’interesse protetto, insita nella perdurante aggressione da parte del ricorrente della sfera privata della persona offesa (C., Sez. V, 20.5-10.7.2015, n. 29859).
Nel caso di specie è evidente come l’attuale normativa italiana sul green pass, messa in atto attraverso minacce e molestie vere e proprie, per come si dirà, abbia ingenerato in quella parte della popolazione che ha scelto di non vaccinarsi un perdurante e grave stato di ansia o di paura fino ad una alterazione reale delle abitudini di vita.
E’ sotto l’occhio di tutti l’escalation riduttiva dei diritti costituzionalmente garantiti ( il diritto al lavoro, la libertà di circolazione, il diritto allo studio, il principio di autodeterminazione in merito ai trattamenti sanitari) nei confronti di chi ha scelto di non vaccinarsi.
E tale compressione dei diritti costituzionali è stata attuata attraverso costanti condotte minacciose, avendo il governo fissato (senza alcun appiglio scientifico) una percentuale ideale di popolazione vaccinata, e poi messo in atto sempre maggiori restrizioni nei confronti dei non vaccinati, non essendo riuscito a raggiungere nei tempi prefissati l’obiettivo previsto.
La minaccia consiste nella prospettazione di un male ingiusto, ossia di una situazione pregiudizievole che dovrà subire chi non ha inteso vaccinarsi (non entrare al cinema, non poter prendere un aereo, non poter frequentare le lezioni universitarie o esercitare attività lavorativa a meno di non sottoporsi, in alternativa, a frequenti ed anche frequentissimi tamponi orofaringei, dolorosi ed invasivi, e per di più a proprie spese).
Minaccia reiterata dalla schizofrenica attività normativa del governo, che ha prospettato, con i vari decreti legge che si sono susseguiti, restrizioni (male ingiusto) sempre più intollerabili, fino a giungere, addirittura, all’impossibilità di esercitare la propria attività lavorativa, se non a costo d dolorosi sacrifici fisici ed economici (idonei a concretare, a loro volta le molestie) ove non si intenda aderire al piano vaccinale.
È indubbio che oggi le persone che hanno scelto di non vaccinarsi, pur esercitando una scelta consentita dall’ordinamento, siano costrette a vivere una situazione angosciosa e frustrante, per essere additati dagli organi governativi (che però non hanno inteso prevedere l’obbligo vaccinale) come cittadini irresponsabili, antiscientifici, addirittura violenti, e per vedere continuamente compressi i propri diritti pur in costanza di una scelta legittima, situazione che inevitabilmente è idonea ad ingenerare quel grave stato di ansia e paura richiesto dalla norma incriminatrice.
Così come è indubbio che a causa delle scelte politiche sull’utilizzo del greenpass i non vaccinati siano stati costretti a modificare radicalmente le proprie abitudini di vita, rinunciando a numerose occasioni di vita sociale ed essendo costretti a sottoporsi ad un pratica medica invasiva ogni 48 ore solo per poter lavorare e conseguire la relativa retribuzione, indispensabile al sostentamento proprio e della famigl
Si è realizzata nei loro confronti quella condizione di annichilimento, di angoscia, di paura ed impotenza tipica delle vittime di stalking, ed è evidente che la realizzazione di tale condizione è proprio il fine voluto dal governo per condurre le persone alla vaccinazione, proposta come unica soluzione per poter riprendere una vita normale; il dolo risulta pertanto perfettamente integrato da parte degli autori delle condotte, da individuarsi negli esponenti del governo firmatari dei decreti legge sul green pass.
- Tortura ex art. 613 bis c.p.
L’introduzione nel codice penale del delitto di tortura dà attuazione nell’ordinamento italiano alla Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti (CAT), adottata nel 1984 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Ris. n. 39/46 e resa esecutiva in Italia con L. 3.11.1988, n. 498.
L’approvazione dell’art. 613 bis, con la L. 14.7.2017 n. 110, è stata preceduta da un lungo dibattito dottrinale e parlamentare in ordine all’opportunità, ma soprattutto alle modalità di introduzione di una specifica incriminazione dei fatti di tortura.
Il nuovo delitto dispone: “Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall’esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell’ergastolo.”
La condotta tipica è, dunque, costituita alternativamente dall’usare violenze, minacce gravi ovvero dall’agire con crudeltà.
L’evento del reato è costituito dalle acute sofferenze fisiche o da un verificabile trauma psichico.
Il “trauma psichico verificabile” non deve necessariamente tradursi in una sindrome duratura da “trauma psichico strutturato” (PTSD), ma può consistere anche in una condizione critica temporanea.
Le “acute sofferenze fisiche” non presuppongono necessariamente che la vittima abbia subito lesioni.
Quanto al soggetto passivo del reato, si richiede che il fatto sia commesso in danno di persona privata della libertà personale o che sia stata affidata alla custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza del soggetto agente ovvero, ancora, che si trovi in situazione di minorata difesa.
Per la verifica della situazione di minorata difesa, occorre valutare le condizioni personali e ambientali che facilitino l’azione criminale e che rendano effettiva la signoria o il controllo dell’agente sulla vittima, agevolando il depotenziamento se non l’annullamento delle capacità di reazione di quest’ultima.
La norma è posta a tutela dell’integrità fisica e psichica della persona offesa, nonché della sua libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione. Si tratta alternativamente di reato abituale, in quanto è richiesta la reiterazione di più condotte, oppure di reato di evento, qualora l’unica condotta comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
In relazione al primo elemento costitutivo del reato, la violenza, essa può essere propria ed impropria.
Quest’ultima va intesa quando si utilizza un qualsiasi mezzo idoneo, esclusa la minaccia, a coartare la volontà del soggetto passivo, sì facendo annullandone la capacità di azione o di determinazione. Per violenza propria, si intende invece l’impiego di energia fisica sulle persone o sulle cose, esercitata direttamente o per mezzo di uno strumento. Per minaccia va invece intesa la prospettazione di un male ingiusto e notevole, eventualmente proveniente dal soggetto minacciante.
La nozione di crudeltà può invece essere definita come quella condotta che si traduca in comportamenti degradanti, posti in essere col fine precipuo di assoggettare la vittima alla propria volontà, senza alcuno scopo ulteriore.
Entrambe le norme in esame, in perfetta linea con l’art. 32 Cost. che garantisce al singolo il pieno diritto alla salute e alla integrità psicofisica, sono poste a tutela di quella medesima integrità fisica e psichica (dalla tutela di rango costituzionale) della persona offesa; dunque una normativa posta a tutela libertà personale e della sua libertà di autodeterminazione degli individui.
La normativa sulle certificazioni verdi covid, attuata mediante il susseguirsi dei decreti legge menzionati, e culminata nel D.L. 127/21 che ha nei fatti previsto, per chi non intende vaccinarsi, l’impossibilità di accedere al luogo di lavoro per esercitare la propria attività lavorativa, se non sottoponendosi al tampone diagnostico per la covid19, integra gli estremi della tortura di stato.
Non possono sottacersi in questa sede le dichiarazioni del ministro Renato Brunetta, tra i firmatari del D.L. 127/21, rilasciate ad una conferenza a Venezia il 12 settembre 2021, che testualmente ha affermato che “qual è il gioco da fare? bisogna aumentare agli opportunisti il costo della non vaccinazione”. Il ministro ha parlato di una misura «geniale». “Ti vaccini? no….. e allora ti fai il tampone” “I tamponi sono un costo psichico –fatteli infilare dentro al naso, fino al cervello, i cotton-fiok lunghi – e monetario -50,60 euro più il costo organizzativo- tu gli aumenti il costo, aumentandogli il costo tu lo spingi a ridurre lo zoccolo” “Il green pass ha questo obiettivo di schiacciare gli opportunisti ai minimi livelli di non influenza sulla velocità di circolazione del virus”.
Non vi è chi non veda come dalle dichiarazioni del ministro Brunetta emerga la consapevolezza del fatto che l’effettuazione di un tampone ogni 48 ore per lavorare sia uno strumento di tortura per spingere alla vaccinazione i renitenti; uno strumento che ha un costo insostenibile, sia dal punto di vista psicofisico, trattandosi di pratica medica invasiva insopportabile da praticare così frequentemente, e sia da punto di vista economico rappresentando un costo importante, anche dal punto di vista organizzativo; strumento sicuramente idoneo, così come congegnato nel D.L. 127/2021, a provocare quelle sofferenze fisiche o quel trauma psichico che rappresenta l’evento del reato di tortura.
La condotta tipica, di minaccia, è la medesima individuata per il reato di stalking: il male ingiusto è rappresentato dal non poter esercitare la propria attività lavorativa in mancanza di certificazione verde covid; anche la crudeltà può essere individuata nella condotta governativa: la sottoposizione al tampone attraverso la tecnica dello sfinimento viene dichiaratamente utilizzata per costringere alla vaccinazione, e dunque per assoggettare la persona offesa al volere degli organi di governo.
La minorata difesa, necessaria condizione per la sussistenza del delitto in esame nelle ipotesi diverse dalla privazione della libertà personale o di custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza della persona offesa, si configura allorquando il reo ha commesso il reato approfittando di una situazione di debolezza della persona offesa, debolezza connessa al tempo, al luogo o alla condizione della vittima stessa, che erano tali da ostacolare la difesa pubblica o privata e dei quali il colpevole ha approfittato; si tratta di una condizione non necessariamente fisica, ma che può essere anche psicologica, e che comporta che il soggetto passivo del reato sia messo in uno stato di minorità che gli impedisce di avere una reazione adeguata.
La giurisprudenza ha individuato la minorata difesa tutte quelle situazioni di maggiore vulnerabilità della vittima (ad esempio nella truffa online).
Non vi è dubbio, allora, che anche chi si veda minacciato di perdere il lavoro e la retribuzione sia messo in una condizione di maggiore vulnerabilità, che lo porta ad una minore capacità di reazione, e dunque, di difesa; le persone offese, in questo caso, non hanno alternative, non sono in grado di opporre una adeguata resistenza e sono costretti a sottoporsi al tampone ogni 48 ore per potere esercitare un diritto basilare, quello alla sopravvivenza.
Le dichiarazioni del ministro Brunetta sono, del resto confermate anche dalle dichiarazioni degli altri componenti del governo e del Presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro della Salute Roberto Speranza, che mai hanno nascosto le loro intenzioni, ossia quelle di utilizzare il greenpass non quale strumento effettivamente efficace nel contrasto della diffusione della covid19, ma come strumento di “persuasione” alla vaccinazione, ergo di tortura per esasperare e costringere i non vaccinati a cedere, ritenendo insostenibile il costo, in generale, del tampone ogni 48 ore.
Per i fatti di cui sopra, io sottoscritto ______________, come sopra meglio individuato, presento formale
denuncia – querela
e chiedo che si proceda nei confronti il Governo della Repubblica italiana, del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica Mario Draghi, nonché del Ministro della Salute Roberto Speranza e di tutti i ministri firmatari dei decreti legge sulle certificazioni verdi covid19, per i reati di cui agli art. 612 bis e 613 bis del codice penale, e, avvalendosi della inevitabile forza derivante dal far parte di un organo dello Stato e del potere di emanare atti normativi d’urgenza, posto in essere condotte persecutorie nei confronti dei soggetti non vaccinati, al fine di costringerli alla vaccinazione, e per tutte le eventuali altre fattispecie di reato ravvisabili nei fatti rappresentati.
Chiedo altresì ai sensi dell’art. 408, co. II, c.p.p., di essere informato circa l’eventuale archiviazione del procedimento, alla quale sin da ora ci si oppone, nonché, ai sensi dell’art. 406, co. III, c.p.p., di essere informato circa l’eventuale richiesta di proroga dei termini per le indagini preliminari.
Con riserva di costituirmi parte civile onde ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi in conseguenza delle predette condotte.
Con riserva, altresì, di indicare ulteriori documenti e mezzi istruttori che si rendessero necessari ai fini dell’accertamento dei fatti denunciati.
Luogo e data
Firma
[1] Cass. pen. n. 10111/2018
[2] C., Sez. V, 17.11.2020-14.1.2021, n. 1541.
[3] C., Sez. V, 8.7-20.11.2019, n. 47079
[4] C., Sez. V, 11.10-11.12.2019, n. 50208.
Tribunale di Norimberga: "La somministrazione di farmaci, contro la volontà del soggetto, è un crimine contro l'Umanità"
Norimberga. Processo ai dottori
Il Processo ai dottori (ufficialmente United States of America v. Karl Brandt, et al.) fu il primo dei dodici "Processi secondari di Norimberga" che le autorità militari statunitensi indissero a Norimberga, Germania, dopo la seconda guerra mondiale contro i sopravvissuti appartenenti a organizzazioni militari, politiche ed economiche della Germania nazional-socialista.
I dodici processi vennero celebrati esclusivamente da corti militari statunitensi e non davanti all'International Military Tribunal (IMT), che aveva promosso il principale processo di Norimberga contro i vertici della Germania nazionalsocialista, anche se ebbero luogo presso lo stesso palazzo di Giustizia di Norimberga.
La corte militare processò ventitré persone, tra dottori e amministratori, accusati di avere preso parte a crimini di guerra e crimini contro l'umanità partecipando a esperimenti nazisti su esseri umani in nome della scienza.[1][2]
Le accuse rilevarono che nella Germania nazionalsocialista i medici tedeschi pianificarono e attuarono il programma di eutanasia Aktion T4, ossia l'uccisione sistematica di persone ritenute "indegne alla vita" (ritardati mentali, internati e disabili) e che durante la seconda guerra mondiale gli stessi medici condussero esperimenti pseudo-scientifici nei campi di concentramento sui prigionieri senza il loro consenso[3]. Ebrei, polacchi, russi e zingari furono i "prescelti"; la maggior parte morì o rimase permanentemente menomata.
Il processo incominciò il 9 dicembre 1946 e si chiuse il 20 agosto 1947. Furono ascoltati 85 testimoni ed esaminati 1471 documenti
«Gli Stati Uniti d'America, nella persona del sottoscritto Telford Taylor, Capo del Consiglio per i crimini di guerra, debitamente riconosciuto a rappresentare il Governo nella persecuzione dei criminali di guerra, accusa gli imputati di aver partecipato in un disegno comune o cospirazione a commettere e perpetrare crimini di guerra e crimini contro l'umanità, come definito dal Control Council Law n. 10, stabilito dagli Alleati il 20 dicembre 1945. Questi crimini includono uccisioni, brutalità, crudeltà, torture, atrocità e altri comportamenti inumani, come esposto nei capi d'accusa 1, 2 e 3 di questo processo...» |
(Avvocato Telford Taylor[4]) |
Dei ventitré imputati, venti erano medici (Brack, Rudolf Brandt e Sievers erano ufficiali nazisti); tutti gli imputati si dichiararono non colpevoli; sette furono assolti, sette ricevettero condanna a morte; i rimanenti furono condannati al carcere con diversi gradi di imputazione[4][5].
Capo d'accusa 1
Cospirazione a commettere crimini di guerra e crimini verso l'umanità come descritto nei capi d'accusa 2 e 3.
Gli imputati da settembre 1939 ad aprile 1945 presero parte a un disegno comune e cospirarono, accettando insieme e con altri, di commettere crimini di guerra e contro l'umanità; tutti gli imputati insieme o con altri parteciparono come leader, organizzatori, investigatori e complici nella formulazione e nelle esecuzioni dei crimini.
Capo d'accusa 2
Crimini di guerra
Gli imputati, da settembre 1939 ad aprile 1945, illegalmente, volontariamente e intenzionalmente, commisero crimini di guerra come definito dall'Art. II del Control Council Law n. 10, precisamente esperimenti medici senza il consenso del paziente, su prigionieri di guerra e civili nelle zone occupate, e partecipazione allo sterminio di massa nei campi di concentramento.
- Esperimenti sulla ipossia da altitudine
- Da marzo ad agosto 1942 gli esperimenti condotti a Dachau, a beneficio della Luftwaffe, erano fatti sulla resistenza umana a elevate altitudini. In una camera a bassa pressione venivano ricreate le condizioni atmosferiche di altitudini molto elevate (circa 10 000 m s.l.m.) in cui venivano rinchiusi dei prigionieri.
Karl Brandt, Handloser, Schroeder, Gebhardt, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Sievers, Ruff, Romberg, Becker-Freyseng e Weltz furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti sul freddo
- Da agosto 1942 a maggio 1943 condussero al campo di Dachau, a beneficio della Luftwaffe, esperimenti sugli effetti del freddo e sull'assideramento dell'uomo. In una serie di esperimenti i soggetti furono forzati a rimanere in una vasca di acqua ghiacciata per più di tre ore. In altri furono costretti nudi a rimanere all'aperto a temperature sottozero.
Karl Brandt, Handloser, Schroeder, Gebhardt, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Sievers, Becker-Freyseng e Weltz furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti sulla malaria
- Da febbraio all'aprile 1942 esperimenti furono condotti al campo di Dachau per la ricerca sul vaccino della malaria. Prigionieri sani del campo furono infettati dalle zanzare o da iniezioni di estratti delle mucose delle zanzare. Dopo aver contratto la malaria furono trattati con vari farmaci per vederne la relativa efficacia. Oltre 1 000 prigionieri furono utilizzati in questi esperimenti.
Karl Brandt, Handloser, Rostock, Gebhardt, Blome, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick e Sievers furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti sul gas
- Da settembre 1939 ad aprile 1945, diversi esperimenti sul gas furono condotti nei campi di Sachsenhausen, Natzweiler e altri campi delle Forze tedesche, nello specifico sul lost, gas velenoso e conosciuto anche come "Mustard gas". Ferite volutamente inflitte furono infettate con il gas.
Karl Brandt, Handloser, Blome, Rostock, Gebhardt, Rudolf Brandt e Sievers furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti con sulfamidici
- Dal luglio 1942 a settembre 1943 esperimenti sull'efficacia dei sulfamidici furono condotti al campo di Ravensbruck a beneficio delle Forze armate. Furono deliberatamente inflitte ferite e poi infettate con batteri come Streptococcus e Clostridium tetani.
Karl Brandt, Handloser, Rostock, Schroeder, Genzken, Gebhardt, Blome, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Becker-Freyseng, Oberheuser e Fischer furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Rigenerazione di ossa, muscoli e nervi e trapianto di ossa
- Da settembre 1942 a dicembre 1943 furono condotti esperimenti al campo di Ravensbruck a beneficio delle Forze armate. Sezioni di ossa, muscoli e nervi furono rimossi dai soggetti. Le vittime soffrirono intense agonie, mutilazioni e inabilità permanente.
Karl Brandt, Handloser, Rostock, Gebhardt, Rudolf Brandt, Oberheuser, e Fischer furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti sull'acqua di mare
- Da luglio 1944 a settembre 1944 furono condotti al campo di concentramento di Dachau a beneficio della Luftwaffe e della Marina militare tedesca, diversi studi sui metodi di assimilazione dell'acqua di mare. I soggetti venivano privati di qualsiasi cibo e nutriti solo con acqua di mare chimicamente modificata.
Karl Brandt, Handloser, Rostock, Schroeder, Gebhardt, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Sievers, Becker-Freyseng, Schaefer e Beiglboeck furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti epidemici sull'epatite virale (itterizia)
- Da giugno 1943 a gennaio 1945 ai campi di Sachsenhausen e Natzweiler furono effettuati esperimenti a beneficio delle forze armate, alla ricerca delle cause e vaccini sull'epidemia itterica. I soggetti venivano deliberatamente infettati dall'ittero provocandone la morte o gravi danni fisici. Karl Brandt, Handloser, Rostock, Schroeder, Gebhardt, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Sievers, Becker-Freyseng, Schaefer e Beiglboeck furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini.
- Esperimenti di sterilizzazione
- Da marzo 1941 a gennaio 1945 esperimenti di sterilizzazione furono condotti nei campi di Auschwitz e Ravensbruck. Il fine di questi esperimenti era sviluppare un metodo che risultasse appropriato alla sterilizzazione di milioni di persone in poco tempo e con minimo sforzo. Furono utilizzati i raggi X, operazioni chirurgiche e svariate droghe, provocando la sterilizzazione e molteplici menomazioni fisiche e mentali, se non la morte.
Karl Brandt, Gebhardt, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Brack, Pokorny e Oberheuser furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti sul tifo petecchiale
- Da dicembre 1941 a febbraio 1945 furono condotti esperimenti nei campi di Buchenwald e Natzweiler a beneficio delle forze armate, sull'efficacia di vaccini contro il tifo petecchiale. A Buchenwald numerosi prigionieri furono deliberatamente infettati con il batterio per valutarne la sopravvivenza; più del 90% morirono. Ad altri detenuti furono iniettati svariati vaccini e sostanze chimiche per valutarne l'efficacia: il 75% fu vaccinato o alimentato con sostanze chimiche e dopo un periodo di 3-4 settimane, infettati dal batterio di tifo petecchiale. L'altro 25% fu infettato senza prevederne una vaccinazione per vedere i risultati. Furono condotti esperimenti sulla febbre gialla, vaiolo, tifo e paratifo A e B, colera, difterite.Karl Brandt, Handloser, Rostock, Schroeder, Genzken, Gebhardt, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Sievers, Rose, Becker-Freyseng e Hoven furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini.
- Esperimenti su sostanze velenose
- Da dicembre 1943 a ottobre 1944 al campo di Buchenwald furono condotti esperimenti sugli effetti di diversi veleni sull'essere umano. Il veleno veniva segretamente somministrato ai prigionieri nel loro cibo; chi non moriva per avvelenamento, veniva ucciso per poterne effettuare l'autopsia.
Genzken, Gebhardt, Mrugowsky e Poppendick furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini. - Esperimenti su ustioni
- Da novembre 1943 a gennaio 1944 furono condotti esperimenti a Buchenwald per testare gli effetti di diverse preparazioni farmaceutiche su bruciature da fosforo. Queste ferite erano inflitte sperimentalmente con il fosforo bianco (utilizzato già nella preparazione di bombe incendiarie) provocando dolore e menomazioni fisiche. Genzken, Gebhardt, Mrugowsky e Poppendick furono incriminati con specifiche responsabilità per la partecipazione in questi crimini.
- Studi anatomici su cadaveri
- Da giugno 1943 a settembre 1944 Rudolf Brandt e Sievers volontariamente, deliberatamente e illegalmente si resero partecipi di crimini di guerra provocando la morte di civili e appartenenti alle forze armate loro nemiche durante la guerra contro la Germania e mentre erano in loro prigionia. Centododici ebrei furono selezionati per gli esperimenti all'Università di Strasburgo. Furono misurati e fotografati, poi furono uccisi. Successivamente furono fatti test comparando le misure anatomiche, razza, caratteristiche patologiche, forma e taglia del cervello.
- Tubercolosi
- Da maggio 1942 a gennaio 1944 Blome e Rudolf Brandt volontariamente, deliberatamente e illegalmente si resero partecipi di crimini di guerra provocando la morte di civili e appartenenti alle forze armate loro nemiche durante la guerra contro la Germania e mentre erano in loro prigionia. Infettarono 10 000 persone di nazionalità polacca con il batterio della tubercolosi senza poi provvedere a un'adeguata assistenza medica.
- Aktion T4
- Da settembre 1939 ad aprile 1945 Karl Brandt, Blome, Brack e Hoven, volontariamente, deliberatamente e illegalmente si resero partecipi di crimini di guerra partecipando e consentendo l'attuazione del cosiddetto programma "eutanasia" per lo sterminio di migliaia di persone ritenute insane, incurabili, deformi e mentalmente ritardate, utilizzando gas, iniezioni letali o altre soluzioni.
Gli anzidetti crimini di guerra costituiscono violazione alle convenzioni internazionali, in particolare agli artt. 4, 5, 6, 7, e 46 della Corte penale internazionale dell'Aia del 1907, e agli artt. 2, 3, e 4 delle convenzioni sui prigionieri di guerra di Ginevra del 1929.
Capo d'accusa 3.
Crimini contro l'umanità
Da settembre 1939 ad aprile 1945 tutti gli imputati volontariamente, deliberatamente e illegalmente parteciparono, consentirono e collaborarono ai piani e agli esperimenti senza il consenso dei soggetti, civili tedeschi e di altre nazionalità, dando morte e commettendo brutalità, crudeltà, torture, atrocità e atti inumani in riferimento al capo d'accusa 2.
Capo d'accusa 4
Membro di un'organizzazione criminale
Karl Brandt, Genzken, Gebhardt, Rudolf Brandt, Mrugowsky, Poppendick, Sievers, Brack, Hoven e Fischer sono colpevoli di essere membri dell'organizzazione dichiarata criminale dal Tribunale Internazionale Militare, la Schutzstaffeln der nationalsozialistichen deutschen Arbeiterpartei, conosciuta come SS.
Le SS furono dichiarate organizzazione criminale dal Tribunale Internazionale Militare.
Gli imputati
Nome | Ruolo | |||||
---|---|---|---|---|---|---|
Dott. Hermann Becker-Freyseng | Stabsarzt Capitano del servizio medico delle Luftwaffe | 20 anni di carcere, pena commutata a 10 anni | ||||
Dott. Wilhelm Beiglböck | Medico consulente della Luftwaffe | 15 anni di carcere, pena commutata a 10 anni | ||||
Dott. Kurt Blome | Vice segretario di Stato alla Sanità presso il Ministero degli Interni (Reichsgesundheitsführer) | Assolto | ||||
Viktor Brack | Oberführer (colonnello) nelle SS e Sturmbannführer (maggiore) nelle Waffen SS; capo amministrativo della Cancelleria del Fuhrer nel NSDAP | Impiccagione | ||||
Dott. Karl Brandt | Gruppenführer Comandante di divisione SS e Tenente generale delle Waffen-SS, commissario del Reich per la Sanità, medico accompagnatore personale di Adolf Hitler; membro del "Consiglio delle Ricerche del Reich" (Reichsforschungsrat) | Impiccagione | ||||
Rudolf Brandt | Standartenführer (colonnello) nelle SS; Funzionario personale amministrativo del "Reichsführer SS" Himmler, Consigliere ministeriale e a capo dell'ufficio ministeriale del Ministero degli interni del Reich | Impiccagione | ||||
Dott. Fritz Fischer | "Sturmbannführer" (maggiore) delle Waffen SS e assistente medico di Gebhardt alla clinica di Hohenlychen | Carcere a vita; pena commutata a 15 anni | ||||
Dott. Karl Gebhardt | "Gruppenführer" (.. SS) e "Generalleutnant" (general maggiore nelle Waffen SS); medico personale di Himmler; Capo chirurgo dello Staff dei medici del Reich e della Polizia; Presidente della Croce Rossa Tedesca | Impiccagione | ||||
Dott. Karl Genzken | Gruppenführer comandante di Divisione delle SS e Generalleutnant (maggiore) nelle Waffen SS; Responsabile del dipartimento medico delle Waffen SS | Carcere a vita; pena commutata a 20 anni | ||||
Dott. Siegfried Handloser | Generaloberstabsarzt (Comandante capo) e ispettore del servizio medico delle Forze Armate; Responsabile della Sanità delle Forze Armate (Chef des Wehrmachtsanitätswesens) | Carcere a vita; pena commutata a 20 anni | ||||
Dott. Waldemar Hoven | "Hauptsturmführer" - Capitano delle Waffen SS e Responsabile medico nel campo di concentramento di Buchenwald | Impiccagione | ||||
Dott. Joachim Mrugowski | "Oberführer" - colonnello brigadiere e responsabile dell'istituto d'Igiene delle Waffen-SS e della sezione medica del Reich (Oberster Hygieniker, Reichsarzt SS und Polizei) | Impiccagione | ||||
Dott. Herta Oberheuser | Medico al campo di concentramento di Ravensbrück e assistente medico di Gebhardt alla clinica di Hohenlychen | 20 anni di carcere, pena commutata a 10 anni | ||||
Dott. Adolf Pokorny | Medico specialista in malattie della pelle e veneree | Assolto | ||||
Dott. Helmut Poppendick | Obersturmführer (comandante superiore) delle SS e Responsabile dello Staff personale dei medici SS e della polizia. | 10 anni di carcere | ||||
Dott. Hans Wolfgang Romberg | Dottore dello Staff del Dipartimento medico dell'aviazione e dell'istituto tedesco di esperimenti per l'aviazione. | Assolto | ||||
Dott. Gerhard Rose | "Generalarzt" Brigadiere generale del servizio medico Luftwaffe; vicepresidente e insegnante al Robert Koch Institute della medicina tropicale | Carcere a vita, pena commutata a 15 anni | ||||
Dott. Paul Rostock | Direttore di chirurgia della clinica ortopedica dell'università di Berlino; consulente chirurgico militare e capo dell'ufficio medico scientifico e ricerca | Assolto | ||||
Dott. Siegfried Ruff | Direttore del dipartimento medico dell'aviazione dell'istituto tedesco di esperimenti per l'aviazione[6] | Assolto | ||||
Dott. Konrad Schäfer | Dottore dello Staff dell'Istituto medico di aviazione a Berlino | Assolto | ||||
Dott. Oskar Schröder | Generaloberstabsarzt (Comandante generale del servizio medico); Responsabile dell'Ispettorato alla Sanità alla Luftwaffe | Carcere a vita; pena commutata a 15 anni | ||||
Wolfram Sievers | Standartenführer (colonnello) delle SS; Segretario generale della "Ahnenerbe" e direttore dell'istituto per le ricerche militari | Impiccagione | ||||
Dott. Georg August Weltz | Oberfeldarzt Luogotenente colonnello del servizio medico della Luftwaffe e responsabile dell'istituto per la medicina aeronautica a Monaco | Assolto |
I — Imputato C — Colpevole
Le sentenze di impiccagione furono eseguite nella prigione di Landsberg am Lech, Baviera il 2 giugno 1948[7].
Le pene furono commutate in sede d'appello il 31 gennaio 1951 dal giurista John Jay McCloy preposto al controllo militare della zona U.S. in Germania.
La differenza tra il ricevere una sentenza di carcere a vita o di morte fu decretata dall'appartenenza a "un'organizzazione dichiarata criminale da una sentenza del Tribunale Internazionale militare", le SS.
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