martedì 6 dicembre 2016

Censura per l'avvocato che non assolve all'obbligo della formazione


Rischia la censura l'avvocato che non assolve all'obbligo della formazione previsto dal codice deontologico

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La Corte di cassazione, con la recente sentenza 24739/2016, respinge il ricorso del legale che chiedeva di essere rimesso nei termini per fare opposizione al provvedimento disciplinare con il quale il consiglio dell'Ordine territoriale l'aveva 'punito' con la censura per non aveva totalizzato il numero di crediti formativi previsti dal regolamento del Consiglio nazionale forense in vigore dal 1°gennaio 2015.







Secondo l'incolpato, la sanzione gli avrebbe precluso la possibilità di esercitare l'attività di difensore d'ufficio: unica sua fonte di reddito. Sarebbero state le difficoltà economiche ad impedirgli di fare un ricorso tempestivo. 


Per i giudici, le precarie condizioni reddituali non sono una buona ragione per impugnare con ritardo.










Sanzioni disciplinari



Pubblico alcuni stralci di un breve commento dell' Avvocato Alessandro Amaolo alle sanzioni disciplinari irrogabili  agli avvocati ex legge professionale R.D. L. 1578/1933, come novellata dalla legge n. 91/1971.


Immagine: Corso Buenos Aires Milano anni 50 | via Wikipedia




Le sanzioni disciplinari irrogabili agli avvocati sono sostanzialmente cinque: l'avvertimento, la censura, la sospensione dall'albo, la cancellazione e la radiazione.

L'avvertimento è in richiamo sulla mancanza commessa ed alla esortazione a non reiterarla nuovamente nel tempo; è comunicato all'interessato con lettera del presidente del Consiglio dell'Ordine competente.

La censura è una dichiarazione formale della mancanza e del biasimo incorso. Consiste in una severa ammonizione ben articolata e che lasci traccia certa nella coscienza dell'incolpato ed, inoltre, agli atti del Consiglio dell'Ordine quale precedente di riferimento.

La sospensione impedisce l'esercizio della professione per non meno di 2 mesi e per un periodo non superiore ad 1 anno.  Conseguenze sulla vita professionale dell'Avvocato: priva l'avvocato del cd. ius postulandi imponendogli, così, l'interruzione dei procedimenti in corso e tutte le necessarie, inevitabili comunicazioni ai clienti.

La cancellazione inibisce l'esercizio della professione per un tempo illimitato. Comportano la cancellazione di diritto dall'albo professionale l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o dall'esercizio della professione, il ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, articolo 222 c.p., e l'assegnazione a una colonia agricola o casa di lavoro.

La radiazione ha il medesimo effetto della cancellazione. L'interessato può chiedere una nuova iscrizione solo dopo cinque anni o la riabilitazione se deriva da una sentenza penale di condanna.
Comportano la radiazione: l'interdizione perpetua dai pubblici uffici o dall'esercizio della professione di avvocato e la condanna per i reati di cui agli articoli 372, 373, 374, 377, 380, 381 c.p.

I provvedimenti di sospensione e radiazione sono comunicati a tutti i Consigli dell'Ordine della Repubblica ed alle autorità giudiziarie del distretto a cui il professionista appartiene.

Il professionista radiato dall'albo può esservi nuovamente iscritto soltanto dopo 5 anni a condizione che, se la radiazione dipese da condanna, sia stato nel frattempo riabilitato. 

In  sintesi, vi sono sanzioni formali (avvertimento e censura), che si traducono in una deplorazione del comportamento posto in essere dal professionista, senza incidenza sulla attività professionale, invece, sanzioni sostanziali (sospensione, cancellazione e radiazione), che impediscono in modo temporaneo oppure definitivo l'esercizio della professione di avvocato.




Fonti:
  • Avvocati, censura per chi non fa formazione | Patrizia Maciocchi | II Sole 24 Ore


  







Sull'argomento vedi:





























Giuridica News | Rassegna news giuridiche  Avv. Gabriella Filippone  






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