Pubblico di seguito il reclamo dell'Avv. Vito Giaquinto avverso l'ordinanza di rigetto della sospensione di cui al ricorso in cui contesta Cassa Nazionale Forense in ordine ai criteri di determinazione dei minimi contributivi imposti ai sensi del Regolamento attuativo di Cassa Forense e, in via preliminare, richiedendo la sospensiva dei richiesti pagamenti per le due annualità ovvero €. 846,00 per il 2014 e 833,50 per il 2015.
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TRIBUNALE CIVILE DI *** - SEZIONE
LAVORO
RECLAMO
AVVERSO ORDINANZA DI RIGETTO DELLA ISTANZA
DI SOSPENSIONE
L’avv. Vito Giaquinto, *** difensore di se stesso quale agente in proprio,
ex art. 86 c.p.c., elettivamente
domiciliato in .***, presso e nel proprio
studio, *** Reclamante
Contro: La Cassa Nazionale di
Previdenza e Assistenza Forense (C.F. 80027390584), in persona del Presidente e
Legale Rappresentante pro tempore con sede in Roma, alla via Ennio Quirino Visconti n. 8, di seguito, più brevemente, Cassa Forense Resistente
PROPONE RECLAMO
Avverso l’ordinanza del *** gennaio 2016 del Tribunale Civile di *** - Sezione Lavoro - Giudice *** emessa nel procedimento R.G. ...
PREMESSO CHE
Con ricorso - che si abbia qui per integralmente riproposto e richiamato - notificato il .*** 2015, a mezzo del servizio postale, il sottoscritto odierno reclamante, avv. Vito Giaquinto in proprio contestava alla Cassa Nazionale Forense (tra le altre contestazioni), i criteri di determinazione dei minimi contributivi richiesti ai sensi del Regolamento attuativo di Cassa Forense e, in via preliminare, richiedeva la sospensiva dei richiesti pagamenti per le due annualità ovvero €. 846,00 per il 2014 e 833,50 per il 2015.
Il Giudice del Lavoro designato, D.ssa ***, fissava l’udienza di comparizione per la contestuale discussione del merito e per la sospensiva al *** gennaio 2016;
si costituiva in giudizio la Cassa Forense contestando la domanda con le richieste di rito;
all’udienza del *** gennaio 2016, le parti formulavano le loro richieste ed eccezioni e il Giudice, si riservava sulla richiesta di sospensiva;
con ordinanza (All. A) emessa in data *** gennaio 2016 e comunicata, a mezzo pec dalla Cancelleria, in pari data al reclamante, il Giudice del Lavoro di ***, rigettava la richiesta di sospensiva così come in ordinanza che, di seguito pedissequamente si riporta:
“Il giudice a scioglimento della riserva assunta in data ***1.2016
Rilevato che il credito contributivo deriva direttamente da un disposizione di legge
Considerato che non risulta a parere del giudicante un fumus di fondatezza in merito alla dedotta illegittimità costituzionale della norma
Rilevato che sotto il profilo del periculum, gli importi reclamati risultano di modesta entità e che la stessa Cassa ha rappresentato al professionista la possibilità di fruire della rateazione del debito;
rigetta la richiesta di sospensiva e rinvia all’udienza del 31.1.2017 ore 9.00.
Si comunichi.
(...) 25/01/2016 Il Giudice
(...)
Tale provvedimento - previa approfondita analisi delle argomentazioni tutte in ricorso e nel presente reclamo - andrà riformato per le motivazioni che seguono:
1) Oggetto del ricorso, a tacere - in questa specifica sede - di tutti gli altri, non è la contestazione del principio dell’esistenza o meno di un obbligo contributivo in sé considerato (da cui scaturirebbero le richieste di pagamento da parte di Cassa Forense), bensì i criteri con cui Cassa Forense ha determinato la quantificazione dell’ammontare dei così detti “minimi”.
Pertanto, contrariamente a quanto asserito nel corpo dell’ordinanza, oggi gravata, la contestazione in oggetto, specificamente, non è affatto diretta solo contro una disposizione di legge, bensì e diversamente, anche contro la delibera della Giunta Esecutiva del 26/02/2015, così come posta in essere da Cassa Forense e contro le nefaste conseguenze da essa derivanti.
2) Per quanto, invece attiene al Fumus sulla fondatezza del merito, le motivazioni dell’On.le Giudicante si sono limitate genericamente alla mera valutazione in merito alle sollevate eccezioni di illegittimità costituzionale della norma, che già di per sé - a sommesso avviso di questa difesa, stsnte la capacità lesiva dei diritti – meriterebbero (in attesa anche di un opportuno chiarimento della Corte delle Leggi) di certo, il provvedimento sospensivo richiesto.
Inoltre, non sono state considerate tutte le altre specifiche e pregnanti argomentazioni a supporto del ricorso (quali a titolo esemplificativo: non sostenibilità finanziaria della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense punto A) pag. 4; la Nota critica (0008303.05-06-2014 - Avv - L110) del Ministero Vigilante sulla sostenibilità finanziaria della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense ( pagina 10 all. 11 in ricorso), che dà atto della indeterminatezza delle ipotesi attuariali; la violazione del principio di non discriminazione in base alle differenze reddituali per essere essa discriminazione vietata dal Diritto Europeo (vedasi Corte di Giustizia dell'Unione Europea - sentenza C-318/2013 del 3.09.2014) che ribadisce che il Diritto Europeo osta ad una normativa nazionale (all. 14 in ricorso); la contestazione dell’imposizione “previdenziale” di importi assolutamente slegati dalla proporzionalità del reddito prodotto, con realizzazione di una discriminazione contributiva, poiché è indubbio che, nel momento in cui viene imposta una contribuzione minima obbligatoria slegata dal reddito, più che di un contributo previdenziale può solo parlarsi di una tassa (punto C). pag. 14). O ancora le ulteriori censure di violazione anche di norme avente rango sovrannazionale quali ad esempio la violazione dell’art. 15 comma 1 e dell’art.21 comma 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (Punto 6) a pag. 30) oltre a tutti gli altri per come inseriti nel corpo del ricorso, che non sono stati purtroppo affatto presi in considerazione, e di cui, in questa sede, si richiede la giusta attenzione.
Il Giudicante, peraltro non ha affatto considerato l’eccepita questione preliminare inserita in ricorso, della pendenza, innanzi al T.A.R. del Lazio del giudizio proprio per l’annullamento - previa sospensione - del Regolamento attuativo ex art. 21, commi 8 e 9 della Legge n. 247/2012, che è stato, com’è noto rinviato per la decisione all’udienza del 10 marzo 2016.
È di tutta evidenza come l'esito del procedimento amministrativo, alla luce delle articolate eccezioni di incostituzionalità anche in esso sollevate, incida anche sulla validità e legittimità dei provvedimenti in forza dei quali è stata emanata la delibera (non solo una disposizione di legge come invece ritenuto), oggetto del presente reclamo.
Anche per tale motivo se ne imporrebbe, comunque, la sospensione, almeno, in attesa dell’esito del giudizio amministrativo.
3) Per quanto attiene la valutazione del Periculum, la considerazione della “modesta entità” del credito, per come espressa dal Giudicante è, evidentemente, del tutto slegata dalla valutazione in concreto dell’effettività del reddito prodotto dal ricorrente. Infatti considerato il reddito professionale prodotto negli anni di imputazione (€. 3.114,00 per il 2014 e - a consuntivo - €. 3.236,65 per il 2015), gli importi “minimi” richiesti non possono affatto considerarsi di “modesta entità”, a meno che la prospettiva d’osservazione non sia quella della consistenza economico-patrimoniale di Cassa Forense e non dei redditi del ricorrente.
Va anche censurato l’infondato riferimento alla possibilità di rateizzazione del pagamento dei contributi, poiché la rateizzazione contrasta con la finalità del ricorso che nello specifico (nel contestare il regolamento attuativo) contesta proprio l’importo dei contributi richiesti.
Inoltre essa “rateizzazione” è stata solo ventilata in atti dalla difesa di Cassa Forense e mai avanzata e/o confermata quanto alle modalità; quindi dovrebbe essere concessa in modalità non “rituale” ovvero dopo il termine di scadenza del 31/10/2015 (la modulistica standard, infatti, non prevede detta ipotesi).
D’altro canto la richiesta di rateizzazione verrebbe intesa come tacita accettazione della “misura dell’imposizione”, cosa che non è.
Comunque ammesso e non concesso che, in effetti, si possa oggi accedere alla rateizzazione essa dovrebbe essere concessa con apposita autorizzazione da parte di Cassa Forense, con la espressa condizione della ripetibilità in caso di buon esisto del giudizio de quo, cosa che non è stata.
In forza dell’art. 53 della Costituzione (il quale stabilisce che l’obbligo di concorrere alla spesa pubblica deve rispettare il criterio di proporzionalità con il reddito), se si considerasse il contributo minimo obbligatorio come una obbligazione tributaria, lo stesso non potrebbe prescindere da una proporzionalità con il reddito prodotto. Da ciò sorgerebbero profili di incostituzionalità dell’art. 6 D. Lgs. 103/1996, poiché trattandosi di obbligo tributario esso deve parametrarsi al reddito prodotto, ex art. 53 della Costituzione.
Viceversa, ove mai si inquadrasse detto “contributo minimo” quale prestazione (c.d. di solidarietà) patrimoniale imposta dalla legge, questa non potrebbe essere determinata semplicemente con un Regolamento in virtù del principio della riserva di legge di cui all’art. 23 della Costituzione.
Si evidenzia che la Corte Costituzionale ha precisato che l’espressione “in base alla Legge”, contenuta nell’art. 23 Cost., si deve interpretare “in relazione col fine della protezione della libertà e della proprietà individuale, a cui si ispira tale fondamentale principio costituzionale; questo principio, cioè, “implica che la Legge che attribuisce ad un ente il potere di imporre una prestazione non lasci all’arbitrio dell’ente impositore la determinazione della prestazione” (Sent. n. 4/1957). Lo stesso orientamento è stato ribadito con la sentenza n. 190 del 2007, ove la Consulta ha affermato che, affinché possa dirsi osservata la riserva relativa di cui all’art. 23 Cost., è necessario che “la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione”.
Inoltre, si ribadisce a fortiori (vedasi pag. 27 e ss. del ricorso de quo), anche in questa sede, che con sentenza che n. 190 del 2007 la Corte Costituzionale ha già dichiarato, in una fattispecie del tutto omologa alla presente (e che da essa si distingue unicamente perché relativa ad altro ente previdenziale privatizzato), l’incostituzionalità “….dell’art. 2, lettera e), della legge 7 luglio 1901, n. 306 (Provvedimenti pel Collegio-convitto per gli orfani dei sanitari italiani in Perugia)… nella parte in cui prevede che la misura del contributo obbligatorio di tutti i sanitari iscritti agli ordini professionali italiani è stabilita dal consiglio di amministrazione della Fondazione Opera Nazionale Assistenza Orfani Sanitari Italiani (ONAOSI), con regolamenti soggetti ad approvazione dei ministeri vigilanti, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509”
Sul tema della natura giuridica della contribuzione previdenziale si è anche pronunciata la Suprema Corte di Cassazione con sentenza 25.05.2011, n. 20845 (all. B) affermando che i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma un tributo, in quanto tale da pagare comunque e in ogni caso, indipendentemente dalle vicende finanziarie dell’Azienda. Ciò trova la sua ratio nella finalità, costituzionalmente garantita, cui risultano preordinati i versamenti contributivi e anzitutto la necessità che siano assicurati i benefici assistenziali e previdenziale a favore dei lavoratori.
V’è da dire che, nel caso de quo, detta pronunzia è relativa allo specifico caso della contribuzione a favore del dipendente, ma non vi sono elementi normativi per distinguere tra la natura giuridica del contributo previdenziale dovuto al dipendente rispetto a quello del lavoratore autonomo.
Invero Cassa Forense ha realizzato, per mezzo dell’impugnato Regolamento (di rango inferiore rispetto alle Norme Costituzionali), una manifesta violazione dei dettati costituzionali rivenienti dagli articoli 2, 3 e 53 Cost. in quanto astrae da ogni considerazione sulla capacità contributiva dei singoli, imponendo il pagamento di contributi (c.d. minimi) fissi ed indipendenti dalle situazioni reddituali, dovuti quindi, anche in caso di reddito pari a zero!!.
Le pregnanti problematiche giuridiche e le articolate censure esposte dal ricorrente, costituiscono peraltro non un caso sporadico, ma rappresentano problematiche che hanno colpito numerosissimi avvocati che hanno adìto numerosi sedi giudiziali del Lavoro (oltre al Tar del Lazio). Quanto esposto e denunziato nel ricorso, non costituisce quindi un caso isolato, ma rappresenta la punta dell’iceberg di una ampia problematica che ha coinvolto numerose sedi giudiziali nazionali, con la conseguente imminente e necessaria rimessione degli atti relativi alla Corte Costituzionale, attesa la copiosa specificità delle censure mosse.
Tra queste: Tribunale Ordinario di Modena, Sezione Lavoro - R.G. .*** - Giudice - ***, la quale a fronte di un identico ricorso (che affronta le medesime tematiche e censure sull’art. 21 della legge 247/2012 e sul Regolamento) con ordinanza datata 26 gennaio 2016" (All. C), ha concesso, anche alla luce dei tempi presumibilmente lunghi di decisione la sospensiva del provvedimento opposto ravvisandone sia il fumus che il periculum in mora e rinviando per la discussione e decisione all'udienza del 26 novembre 2016.
Tutto ciò premesso, il reclamante, come in atti,
CHIEDE
che l’On.le Giudicante, in funzione di Giudice del Reclamo, attese le numerose, pregnanti e sostanziali censure inserite in atti e tenuto conto di tutto quanto ribadito con forza ed ancor più esplicitato nel presente reclamo, voglia revocare la reclamata ordinanza e concedere la richiesta sospensiva, sussistendo, evidentemente, sia il Fumus che il Periculum, se del caso rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.
Allegati come da separato indice
lì 01 febbraio 2016 avv. Vito Giaquinto
Rassegna news giuridiche by Avv. Gabriella Filippone
Gabriella Filippone Blog | Sito web: Social Web Avvocati
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