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Byoblu, Claudio Messora interviene sul tema della scuola e della deriva che l’istruzione pubblica italiana ha imboccato. Un’analisi sull’imposizione tecnologica, la perdita di riferimenti valoriali e la trasformazione degli studenti in automi programmati per il sistema produttivo. Partendo da esperienze personali e osservazioni critiche, si apre una riflessione scomoda ma necessaria sulle conseguenze di un modello educativo che ha perso l’anima
L’educazione è il fondamento di una società consapevole
Il tema dell’educazione è centrale, e lo sa bene chi guarda oltre la pura pragmaticità e il materialismo. Stiamo parlando di formare le nuove generazioni, gli esseri umani che prenderanno il nostro posto nel mondo. Se non trasmettiamo ai bambini e agli adolescenti quei valori che magari noi stessi abbiamo compreso solo più tardi nella vita, allora non possiamo lamentarci se il mondo continuerà a peggiorare.
La scuola moderna ha perso il suo scopo educativo
Il sistema scolastico attuale ha perso il suo lato educativo. Non è più “istruzione” intesa come crescita dell’essere umano, ma una vera e propria “istruzione” nel senso meccanico del termine: un’operazione tecnica, fredda, che svuota le coscienze. Si tratta più di “distruzione” che d’istruzione.
Oggi la scuola non forma persone consapevoli della propria dimensione, della propria relazione con gli altri, o dei veri obiettivi dell’esistenza. Forma automi. Algoritmi biologici addestrati a soddisfare le esigenze delle aziende, dei grandi capitali.
Smartphone e distrazione: come la tecnologia disgrega la mente
Chi ha figli adolescenti lo sa. Si è costretti a combattere — e quasi sempre perdere — la battaglia contro l’uso smodato del cellulare. È uno strumento distrattivo, deformante, distruttivo. Impedisce la concentrazione, svuota la mente, impedisce di riflettere, di leggere, di studiare. Ti toglie il contatto con te stesso. E' quasi impossibile toglierglielo: la scuola impone il registro elettronico e dà i compiti sullo smartphone, la comunicazione con i compagni passa dai dispositivi, e si finisce in un circolo vizioso che impedisce qualunque controllo.
In Scandinavia, dove avevano introdotto i tablet a scuola, li hanno tolti. Si sono accorti che stavano formando generazioni incapaci di concentrarsi. È un segnale importante.
L’assurdo burocratico: se il tablet non parla, lo studente non esiste
Un episodio emblematico riguarda un ragazzo di 19 anni, neodiplomato al liceo classico a Milano. Un giorno si è presentato a scuola con un lieve ritardo ma senza il tablet fornito dalla scuola. Peraltro uno strumento vecchio e abbastanza inutilizzabile (piccolo, poco performante e la batteria durava mezz’ora), ma non l’hanno fatto entrare. Perché? Perché l’unico modo per “certificare” la presenza dello studente a scuola (arrivato nel corso della prima ora) era il possesso di un dispositivo elettronico. Il ragazzo doveva andare dal preside, il quale — tramite tablet — comunicava al professore che era arrivato. Non bastava che si presentasse in aula e dicesse “Salve professore, sono qui”. Senza quel dispositivo, era come se non esistesse.Già sarebbe assurdo e inaccettabile così, figuriamoci in un liceo classico, dove andiamo per studiare i grandi pensatori della storia.
Alternative educative: perché la Waldorf fa paura a chi non ha più valori
Allora mi chiedo: se questi sono i valori della scuola che offriamo ai nostri figli, i principi ai quali li educhiamo, benvengano le alternative, come ad esempio la scuola Waldorf con i suoi riferimenti continui alla spiritualità e alla centralità della nostra natura, della persona umana. Perché bisogna accettare senza batter ciglio il materialismo spinto, il totale disinteresse, l’egocentrismo, l’individualismo, l’assenza di empatia e di consapevolezza che la scuola pubblica offre (ma spesso anche quella paritaria), accettando questa progressiva deumanizzazione, spersonalizzazione, reductio ad machĭna dell’essere umano?
Fonte: Byoblu24 Claudio Messora istruzione pedagogia Waldorf Rudolf Steiner
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