La
notizia è questa: l'ordine degli avvocati di Tivoli ha disposto
indagini conoscitive relativamente alla legittimita' e legalita' di
iscrizioni come avvocati stabiliti di laureati italiani che hanno
conseguito il titolo di "avocat" in Romania.
Il
problema: sembra si tratti non di volenterosi laureati italiani che
hanno svolto un percorso formativo in Romania superando poi all'estero
l'esame, bensi' di soggetti che, rivolgendosi ad alcune "agenzie",
avrebbero ottenuto il titolo utilizzando percorsi decisamente furbi e
meno faticosi.In un articolo dell'Avv. Renato Savoia, "Esame forense: il turismo si sposta in Romania" pubblicato il 26 aprile 2013 su LeggiOggi.it, quotidiano giuridico politico economico diretto dall' Avv. Carmelo Giurdanella, ( http://www.leggioggi.it/2013/04/26/esame-di-abilitazione-avvocati-il-turismo-forense-si-sposta-romania/ ) si fa riferimento ad un'associazione romena, guidata da un soggetto che avrebbe di fatto creato un albo "non ufficiale".
Diventati avvocati in Romania, alcuni hanno chiesto l'iscrizione negli ordini italiani come avvocati stabiliti (ai sensi del d. lgs. 96/2001, che ha recepito nell'ordinamento italiano la Direttiva 98/5/CE).
Riferisce l'Avv. Savoia nel suo articolo che il Dipartimento degli affari di giustizia di via Arenula ha inviato una richiesta di informazioni alle competenti autorita' rumene per accertare se, accanto al percorso legittimo e regolare per diventare avvocato in Romania, esista un percorso alternativo privo di legittimita'. La vicenda andra' seguita in quanto non e' ancora giunta alla sua conclusione.
Sul punto è doveroso per me pubblicare le precisazioni pervenutemi da Aurelio Bassi, il quale si discosta ed afferma che in ogni caso nessuno ha documentato la presunta illegittimità del UNBR, "non è l'Italia che deve decidere se questa organizzazione e illegittima o meno, bensi la Romania. E non mi risulta che tale Organizzazione, allo stato, sia stata dichiarata fuori legge dal Governo Rumeno".
Prosegue Bassi: "tutto è demandato alla Legge 51/91 succ. modifiche nel 2004 quindi il controllo della legittimità o meno delle UNBR (ne sono due) è effettuato dai Giudici. Gli stessi Giudici hanno confermato la piena legittimità della Organizzazione citata".
La riflessione dell'Avv. Savoia e' questa: ha senso un sistema (quello attuale italiano) dove chiunque viene portato su di un palmo di mano fino alla laurea in giurisprudenza, prima, e al certificato di compiuta pratica, poi, per poi ritrovarsi di fronte a quella "lotteria" che e' l'esame di avvocato? [1]
Il mercato e' saturo e per ovviare a cio' in Italia rendono estremamente duro e faticoso l'accesso alla professione, parliamo del titolo di avvocato che, una volta ottenuto, come tutti sappiamo non garantisce un posto fisso, come quello statale.
Da piu' parti lamentano che in Italia ci siano molti/troppi avvocati, motivo per cui si ostacolerebbe l'accesso alla professione; che senso ha bacchettare e penalizzare cosi' eserciti di praticanti, colpevoli di aver scelto la facolta' di giurisprudenza e poi quella della pratica presso un dominus, con esami di avvocato di "forzata" durezza? In gioco c'e' forse un posto di lavoro garantito? No.
Preferisco di gran lunga la normativa spagnola a quella italiana, ha il pregio di non sovraccaricare.
L'avvocatura italiana necessita di una vera riforma. Quale?
In merito, ha di recente espresso la sua autorevole opinione l' avv. Enrico Castaldi, socio fondatore dello studio franco italiano Castaldi Mourre & Partners (il sito di questo prestigioso studio: http://www.castaldimourre.com/it/). L'attività dello studio (che ha un giro d'affari di circa 7 milioni di euro) si svolge prevalentemente Oltralpe.
L'avv.Castaldi ha messo a confronto la realtà italiana e quella francese, spesso evocata tra gli addetti come modello da imitare. Intervistato, Castaldi ha espresso la sua opinione e la sua predilezione per il sistema francese e per quello tedesco, comunque senza esterofilia. [2]
L'Ordinamento forense francese
Gli stagisti. In Francia, lo studio Castaldi Mourre & Partners prende gli stagisti, spiega l'Avv. Castaldi "che passano con noi 4 mesi o 6 mesi. Dopodiché, restiamo in contatto con quelli che abbiamo apprezzato e quando hanno concluso il percorso formativo vengono a lavorare con noi".
La figura dell'avvocato dipendente. Ci riassume Enrico Castaldi che in Francia, dal 1991 è stata prevista la figura professionale dell'avvocato dipendente. Senza gran successo: nell'Ordine di Parigi, che rappresenta la metà dell'avvocatura francese, su 23.958 iscritti, 10.033 sono gli avvocati che esercitano come collaboratori , ma solo il 4% di loro sono avvocati dipendenti. "Un inquadramento quindi quasi mai utilizzato perché troppo oneroso". I contributi previdenziali, nel caso di un rapporto di lavoro dipendente sono posti a carico del datore di lavoro. "Costo insostenibile per le economie di uno studio" riferisce l'avv. Castaldi.
"Il 40% degli avvocati parigini ha un rapporto di collaborazione professionale in un contesto di libera professione". Il rapporto è regolato da un contratto scritto che deve essere comunicato all'Ordine di appartenenza per una presa visione.
Differenze fra i due modelli. Il modello standard di collaborazione liberale, prevede il diritto dell'avvocato collaboratore allo sviluppo della propria clientela. Sviluppo non ammesso nel caso dell'avvocato dipendente, al quale si applicano le regole del diritto del lavoro e che ha, tranne l'indipendenza della prestazione intellettuale, un vincolo di subordinazione.
L'Avv.
Castaldi ha poi considerato il possibile caso di un avvocato di 35/40
anni che non ha sviluppato, come è regola in studi che ti chiedono una
dedizione assoluta, una propria clientela e che si trova per strada,
anche se con un assegno in tasca, in una situazione di mercato, come
quella di oggi, di piena recessione.Castaldi ha specificato che, per questi casi, l'Ordine di Parigi, nella Carta delle buone pratiche della collaborazione adottata nel 2012, ha inserito varie misure per cercare di limitare i possibili danni di queste situazioni: una polizza assicurativa collettiva in caso di perdita della collaborazione, corsi di formazione per l'avvocato "imprenditore", aiuto da parte dello studio "che licenzia" per trovare una nuova collaborazione o per l'apertura di una struttura autonoma dell'ex collaboratore, anche in termini di reperimento di clienti.
In Italia questo non si fa, a parere dell' avv. Castaldi, perchè la situazione italiana è disastrosa; "ormai tutto quanto riguarda l'avvocatura italiana è giunto al grado ultimo di problematicità. La grande maggioranza dei giovani avvocati italiani vive male, in condizioni di dipendenza, di precarietà economica e di degrado morale. Ma chi affronta il problema? Si preferisce additare i pretesi nemici - il governo, l'antitrust, i giudici, i clienti, il fisco, e chi più ne ha più ne metta, ma non affrontare i problemi sostanziali, di struttura."
Prosegue l'Avv. Castaldi: "La mia sensazione è che il livello della crisi dell'avvocatura italiana sia giunto ad uno stadio tale da rendere impossibile ogni riforma, se non preceduta da una presa di coscienza profonda e diffusa. Abbiamo invece tanta politicizzazione di basso livello e sterile veemenza."
Castaldi ha spiegato come certe innovazioni siano state introdotte nel mercato francese, richiamando alle proprie responsabilità il sistema universitario indicando una nuova visione della pratica forense. Pratica che oggi, in Italia, «è un elemento di sussistenza economica del dominus; senza praticanti, si dovrebbero assumere delle segretarie e personale d'amministrazione»
A giudizio dell'Avv. Castaldi l'avvocatura italiana sarà in grado di autoriformarsi a due condizioni: avere a cuore gli interessi generali e generazionali e non solo quelli di bottega e di corto respiro; l'altra è che non si arrivi a situazioni che, per la loro gravità, sono senza ritorno. "Gli avvocati francesi da vent'anni si autoriformano. Sono aiutati dal forte senso di appartenenza e dai numeri "esigui" dell'avvocatura francese." La Carta delle buone pratiche della collaborazione è un esempio di un percorso di autoriforma, mentre è forte l'attivismo del MAC, movimento avvocati collaboratori, che è giunto anche ad organizzare volantinaggi davanti a famosi studi accusati di pratiche discriminatorie.
La Carta si occupa dei problemi dell'inserimento dei collaboratori "disoccupati", protegge il diritto all'uguaglianza e alla diversità, i diritti delle madri e dei padri, delle procedure per la prevenzione dei conflitti e per la valutazione in contraddittorio delle evoluzioni professionali.
La differenza con l'Italia non è tanto di mercato, quanto piuttosto culturale. Espone criticamente Castaldi: "Tanti risponderebbero: di mercato! E darebbero le solite cifre sul sovraffollamento della professione e l'inefficienza della macchina giudiziaria. Io penso invece che se siamo arrivati a questo punto il problema è innanzitutto culturale. Si è voluto perpetuare uno schema professionale, culturale e direi antropologico che valeva, forse, negli anni Sessanta.
Prosegue Castaldi: "Per come la vedo io, non esiste lavoro non pagato. Come si può concepire che un giovane che ha studiato cinque anni all'Università non sia pagato? Come si può accettare questa regressione, per cui, giunti al culmine del percorso degli studi si torna a zero".
La verità secondo Enrico Castaldi è che, nella struttura di tanti studi legali, il praticante è un elemento di sussistenza economica; senza di lui si dovrebbero assumere delle segretarie e personale d'amministrazione.
Riguardo all'antica concezione che lo studio insegna un mestiere, Castaldi obietta: "
Smettiamola di confondere i ruoli. Per insegnare c'è la scuola, che sia l'università o gli istituti di formazione professionali. Negli studi legali ci può essere un momento formativo, ma che deve andare di pari passo con quello lavorativo. Delle botteghe di filosofia al giorno d'oggi non rimangono che le parole di una canzone di un bravo cantautore".
Secondo Castaldi il sistema italiano di accesso alla professione manca di ritmo; non c'è da stupirsi dei pessimi risultati. "Non dobbiamo stupirci più di niente, ma allora neanche del declino profondo e senza ritorno di una categoria incapace di attirare giovani intelligenti, dinamici e ambiziosi. Vogliamo giovani tirapiedi e sottoproletari o protagonisti dell'avvocatura dei prossimi anni? Sta a noi e ai nostri comportamenti". Un praticante retribuito, invece, in questo caso un neo laureato, prenderebbe coscienza di partecipare alla formazione di valore aggiunto e quindi di essere inserito in un contesto produttivo.
Sensazione che, a mio giudizio, ad oggi in Italia è stata ampiamente impedita, soppressa; la condizione dei praticanti avvocato: si arriva a lavorare anche 10 ore al giorno senza nessuna retribuzione. Come può un praticante ricaricarsi ogni giorno, nella sua quotidianità e sentirsi motivato? Ha un senso soltanto se il papà è avvocato, altrimenti è solo frustrazione, calpestio del dominus sui tuoi sogni e sulle tue legittime aspirazioni, lento e continuo.
Segnalo il parere di Aurelio Bassi:
"Per quanto rigurada l'esame di abilitazione in Italia concordo con
Lei che sia oramai necessaria una riforma vera e propria... ( mi creda
la Romania è avanti in questo senso anni luce). Essere un avvocato per
me è un fatto "genetico" ci si nasce... Ovvamente bisogna essere
preparati. L'esame cosi come è non serve a nulla. A mio avviso
bisognerebbe fare un esame a test per iscriversi come praticanti; dopo
sei mesi (dopo verifica ) ammettere al patrocinio davati al Giudice di
pace .... ecc ecc a step!!! per intenderci. Il tutto demandato alla
competenza degli Ordini nel principio di Autonomia di questa professione
e nei pricipi sanciti nella Costituzione. Cosa che gia avviene in
Romania. Non a caso in Romania le leggi di riferimento sono: la
Costituzione Rumena e la legge 51/195 modificata con legge nel 2004."
Italia: il clima delle riforme 2012.
Le
nuove norme riguardano anche chi si prepara ad esercitare la
professione forense. Le novità introdotte per i praticanti avvocato
mirano, in primis al raggiungimento di una gestione uniforme e
regole precise che evitino libere interpretazioni da parte dei singoli
Consigli dell'Ordine e che garantiscano piena consapevolezza ai
praticanti. L'obiettivo è la tutela del praticante avvocato che sino ad
oggi spesso ha operato in condizioni lavorative che non gli hanno
propriamente consentito quello sviluppo personale, professionale e
culturale che al contrario in Italia l'avviamento all'esercizio della
professione forense - al pari degli altri Stati Europei - dovrebbe
garantire.
Stop
allo sfruttamento di manodopera intelletuale a costo 0 (zero), ai
praticanti avvocato impiegati gratuitamente sette, otto, nove ore al
giorno, e che anzi debbano sostenere in proprio le spese vive. E' ora
previsto, quantomeno formalmente, un rimborso spese periodico a carico
dello studio legale presso cui il praticante presta servizio, con la
possibilità, trascorsi i primi sei mesi di pratica, di assegnare allo
stesso un compenso liquidato sulla base del lavoro effettivamente
svolto. [3]
Riferimenti:[1] vedi "Esame avvocato: il turismo forense si sposta in Romania" — www.leggioggi.it
[2] vedi Nicola Di Molfetta - Economia Web http://www.economiaweb.it/castaldi-in-italia-non-prendiamo-piu-praticanti-avvocati/
[3] vedi Licia Albertazzi "Le nuove regole per i praticanti avvocati - Studio Cataldi http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_12704.asp
Articolo / Rassegna News by avv. Gabriella Filippone - Foro di Pescara
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Il problema non è ristretto ai soli praticanti. Vengono pagati poco anche gli avvocati collaboratori presso altri studi. E' una forma mentale diffusa e distorta della categoria forense italiana!!
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