Avv. Gabriella Filippone - Da un articolo pubblicato su Repubblica.it risulta che in vetta alla classifica
dello stress collegato al lavoro, tra crisi, riorganizzazioni e
scadenze, ci sono i cittadini dei paesi più colpiti dalle recenti
politiche restrittive.
L'allarme è dell'Agenzia europea per la
sicurezza e la salute sul lavoro, nell'ultimo rapporto, svolto tra la
fine di novembre del 2012 e i primi di febbraio del 2013 e di recente
pubblicato, che ha monitorato gli umori e lo stato d'animo di quasi
17mila cittadini europei: dipendenti e collaboratori, maggiorenni, e
chi ha un impiego, più o meno stabile. Gli autori della ricerca
riferiscono trattarsi di "percezioni" dei lavoratori più che di numeri
statistici relativi a fatti verificati.
I risultati sono stati pubblicati nel rapporto
European Opinion Poll on Occupational Safety and Health.
[1]
La percezione afflittiva del lavoro. E'
nelle nazioni più colpite dalle politiche restrittive europee che l'Agenzia Europea individua i dipendenti e i collaboratori più afflitti
dallo stress collegato al lavoro, dove anche chi ha un impiego fa sempre
più difficoltà a vivere serenamente i giorni della settimana; così a
Nicosia, Atene, Lisbona e a Roma, città dell'Europa Meridionale, dalla
storia antica e dal presente complesso.
Avv. Gabriella Filippone
Cipro e Grecia, uffici "tossici". In
questi mesi, come era prevedibile, secondo il sondaggio sono stati i
ciprioti e i greci a percepire evidenti disagi e a dare risposte
preoccupanti. A Cipro quasi tutti i lavoratori (l'88 per cento) hanno
riferito che i casi di stress sono molto comuni nel proprio posto di
impiego.
Cipro. La difficoltà è percepita
particolarmente da chi ha un'età compresa tra 35 e 54 anni, che è nella
fase più attiva e dinamica del proprio percorso professionale (il 91 per
cento) e da chi svolge lavori d'ufficio (il 94 per cento). Tra le cause
di stress: i carichi di lavoro. Preoccupante, in misura minore,
l'incertezza nel mantenere in futuro il proprio impiego.
Grecia. Anche in Grecia il fenomeno riguarda molto
le persone impiegate nelle attività produttive e nei servizi (l'80 per
cento dei lavoratori). Nel paese, severamente colpito dalla
crisi, l'85
per cento teme ulteriori riorganizzazioni e tagli. Le
percentuali salgono ancora di più nel caso dei lavoratori che hanno superato i 55 anni (il 91 per cento). Il fenomeno riguarda anche le donne e gli addetti del settore della sanità e dell'assistenza.
La percentuale media europea di stress è del 51 per cento.
Troviamo poi tra i paesi che hanno percentuali di stress superiori alle
media europea: la Slovenia (il 72 per cento), la Slovacchia (62 per
cento), Malta (62 per cento), il Portogallo (59 per cento), l'Italia (il 55 per cento), la Repubblica Ceca (55 per cento), la Bulgaria (52 per cento) e la Polonia (51 per cento).
L'incertezza italiana. In
Italia più della metà dei lavoratori ha dichiarato che nel proprio
ufficio si verificano casi di stress. Gli autori della ricerca, anche
nel caso italiano, insistono nel riferire di "percezioni" dei lavoratori
più che di numeri statistici relativi a fatti verificati. Tra le cause
che generano senso di ansia, quasi tre lavoratori italiani su quattro
hanno indicato l'insicurezza del posto. Il 65 per cento ha invece citato
i carichi di lavoro mentre appena poco meno (il 63 per cento) ha
riferito di mancanza di supporto da parte dei colleghi e dei superiori.
Nazioni "felici". In
Danimarca il fenomeno interessa una quota minoritaria dei lavoratori
(il 38%) così come in paesi come l'Irlanda, la Finlandia e l'Austria.
Anche in Spagna, e questo desta un bel po' di sorpresa, la percentuale è inferiore (49%) alla media europea.
Insicurezza, mancanza di collaborazione tra colleghi, scadenze stringenti e bullismo. A
livello continentale europeo la preoccupazione è nell'incertezza. La
gran parte della persone (il 72 per cento) imputa le cause dello stress
alle riorganizzazioni aziendali e all'instabilità del rapporto di
lavoro. Insicurezza, dunque, e la buona parte sente che non ci sono
strumenti di supporto per chi è in difficoltà. Il 41 per cento degli
europei ritiene che questi casi non sono gestiti dalle imprese nella
maniera opportuna.
Due terzi degli intervistati (il 66 per
cento) sono convinti che a originare tensione, siano anche le scadenze
sempre più pressanti. La difficile fase delle economie sembra avere poi
incrementato fenomeni di bullismo e mobbing (li indica il 59 per cento)
ed un minor spirito di collaborazione tra i lavoratori: quasi sei
intervistati su dieci hanno indicato come causa di tensione la mancanza
di aiuto, quando necessario, da parte di colleghi o superiori.
Gli
ambienti di lavoro sembrano sperimentare una crescente opacità di ruoli
e responsabilità. Poco più della metà dei lavoratori (il 52 per cento)
ha affermato che sia proprio la mancanza di chiarezza su ruoli, compiti e
responsabilità a generare disagio e tensioni psicologiche nello
svolgimento delle attività professionali quotidiane.
Articolo / Rassegna News by avv. Gabriella Filippone - Foro di Pescara
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